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LA ZATTERA DI BUDDHA

"Gorakhanath ha sconfitto il sonno. La dea del sonno per paura di Gorakhanath, si è nascosta nell'Oceano di Latte" (Babaji di Hairakhan - "Le parole segrete di Gorakh") Qualche giorno fa ho avuto una lunga conversazione con una "collega". Conversazione interessante: oltre ad essere un'insegnante di Yoga è una scienziata (cioè ha una preparazione scientifica, a livello universitario, soprattutto per ciò che riguarda la biochimica). Si è parlato di rapporto tra asana e produzione di neuro-ormoni, di "pinealina" ecc. ecc. Correggo: conversazione molto interessante. Tornato a casa mi è venuta in mente la "zattera di Buddha che mi hanno raccontato i tibetani (o forse l'ho letta in un testo tibetano)". Non so perché, e a dir la verità non me lo chiedo neppure. E' da parecchio tempo che evito di cercare i legami tra azioni, parole dette, eventi esterni e le immagini o i suoni che insorgono nella mente. Penso sia una

YOGAS CHITTA VRITTI NIRODAH

Sono sempre più convinto del fatto che (nello yoga come per altre arti) riflettere sui significati letterali dei termini "tecnici" sia una delle chiavi della conoscenza. Il sanscrito, si sa, è lingua complessa. L'alfabeto è formato da una cinquantina di lettere (meglio sarebbe dire suoni) e le parole cambiano significato a secondo della posizione che assumono in una frase o dei termini cui sono collegate. Se si parla dello specifico dello yoga, poi, la situazione si fa ancora più complicata, perché non esiste, nell'occidente moderno, nessuna arte paragonabile alla "danza di Shiva". Ogni arte ha un proprio gergo, un linguaggio tecnico nato dall'esperienza pratica, perfettamente comprensibile solo agli addetti ai lavori. In virtù della comune esperienza pratica, il gergo di un pittore di Varazze, ad esempio, avrà delle similitudini con quello di un pittore di Katmandu e alla fin fine si comprenderanno. Per lo yoga, invece, ci si è invece dovuti i