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SHAMATHA, L'OBLIO E GLI OTTO RIMEDI DEL BUDDHA

Shamatha (शमथ śamatha), Scinè e Rujing sono parole che in Sanscrito, in tibetano e in cinese indicano la stessa cosa: uno stato psicofisico di piacevole   rilassamento attivo , nel  quale immergersi prima di praticare lo Yoga o le tecniche psicofisiche cinesi (Qi Gong Nei dan e Taiji Quan, per esempio). In genere nelle scuole di Yoga se ne parla poco, e se qualche allievo zelante ne chiede notizie si risponde con il sorriso buddhico d'ordinanza (che non fa mai male) o con dei gran giri di parole vuote. La ragione del silenzio che circonda Shanmatha è semplice assai:  parlarne con chiarezza  significherebbe rischiare di urtare la sensibilità di molti praticanti, e di vedere, ahimè, ridotto drasticamente il numero di allievi. Descrivere Shamatha a parole è difficile. Qualcuno lo traduce con  Quiete, altri con Silenzio Interiore. Gli Hathayogin usano al suo posto la parola Sukha ("piacere", "delizia" ), ma la triste verità è che Shamatha si può so

IN-UTILITÀ DELLA MEDITAZIONE

A che serve la meditazione? Si è vero, scimmiottando i monaci zen si dice spesso che non serve a niente, anzi che non deve servire a niente, ma una finalità la dovrà pure avere, altrimenti tutti coloro che si iscrivono ad un corso di meditazione, o acquistano un manuale di meditazione dovrebbero essere dei deficienti. Se spilucchiamo un po' trai testi di yoga, Yoga Sutra ad esempio, si scopre che prima di meditare bisogna purificare una roba detta चित्त citta, oppure che meditare è lo stato in cui चित्त citta è purificata. Volendo sapere a che serve la meditazione, il primo passo sarà, ovviamente, scoprire cosa significa citta. Usualmente viene tradotto con "mente", ma visto che io preferisco trovare i significati da solo ( non perché non mi fidi, per carità, ma perché cercare di capire una cosa da soli può essere un buon metodo per allontanarsi dal pericolo dei luoghi comuni) sono andato sul vocabolario a controllare. Una mossa che non è stata di grande aiuto. Ho sco

GANESHA E LA PIETRA FILOSOFALE

Aum shrim hrim klim glaum gam ganapataye vara varada sarva janamme vashamanaya svaha Si dice spesso che le tecniche operative dello yoga, ovvero le pratiche potenzialmente in grado di trasformare Corpo, Parola e Mente, siano segrete o nascoste. Certo, non è impossibile che in qualche tempietto sperduto sulle montagne del Nepal o tra le foreste del Tamil Nadu ci siano dei libri o degli oggetti in grado di dare poteri incredibili a chi li legge o possiede, come le pietre di Shankara dei film di Indiana Jones, ma a volte penso che sia tutto scritto a chiare lettere e che la segretezza o l'esoterismo dipendano dalla nostra incapacità di vedere e dalla nostra ignoranza. Spesso, negli ultimi anni, ho rintracciato insegnamenti alchemici creduti perduti in testi facilmente reperibili nelle libreria e nelle scuole di yoga. Prendiamo ad esempio un versetto dello Hathayogapradipika, il 27° del IV capitolo: मूर्छ्छितो हरते वयाधीन्मॄतो जीवयति सवयम | बद्धः खेछरतां धत्ते रसो व

17 GENNAIO

Ieri 17 gennaio, era un giorno particolare. A mezzogiorno, come il 17 gennaio di ogni anno, nella chiesetta di Rennes Chateau, nella Linguadoca, il sole giocando con i vetri antichi, disegna alberi e frutti di luce sull'altare. Si festeggiano molte cose il 17 gennaio, a Rennes Le chateau E si rammentano, col sorriso di chi non ha memoria, molti fratelli che, proprio in questo giorno, magari 100 o mille anni fa, hanno lasciato il corpo. Il destino si diverte così: a giocar con numeri e parole. Non si sa perché. Ieri, 17 gennaio, è stato un giorno particolare. Ho ritrovato  delle parole di 9 o 10 anni fa. Quasi non ricordavo di averle scritte. Sono parole che sembravano misteriose all'epoca e che oggi, inspiegabilmente, acquistano, solo per me, forse, nuova luce. Parlavo di un teatrante e di un autista, di teiere e fuochi colorati, di dialoghi insensati all'ombra di un bambù... Mi pare bello ripubblicarle qui, dove erano nate. Mi pare bello salutare i fratelli di 100

SANDHYA, IL CREPUSCOLO DELLA CREAZIONE

Armonia in sanscrito  è   सन्धि sandhi , una parola formata da  san  ( stessa radice di  sam =con, insieme) e da  dhi  ( stessa radice di  Deva =dio, divinità). Si potrebbe tradurre  tranquillamente con " insieme a Dio ". Crepuscolo si dice invece  सन्ध्या sandhyā,  ed   è la stessa parola con l'aggiunta della finale  ya  che nei mantra sta ad indicare spesso il  Jiva,  l'anima individuale. Il crepuscolo ( sandhyā ) è il momento in cui si forma il  jiva . Brahma si addormenta. Un attimo (o migliaia di anni umani...il tempo è relativo) prima che il sonno lo avvolga, sul " ponte di prima dell'inizio ", viene colto da un pensiero o un'immagine che torna improvvisa dalla memoria di veglia:  un ragno che sta camminando sul pavimento o un'ombra che ricorda vagamente la forma di un cinghiale. Nel sonno l'immagine si fa seme. Un attimo prima del risveglio, " sul ponte di prima dell'inizio",  dalla " terra ",  u