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PAURA

Mi piacciono i versi dei Veda. Sono poesia e scienza insieme, il che può apparire strano per noi abituati, erroneamente, a pensare che la scienza sia una roba fredda, razionale in antitesi con la passione creativa dell'artista. La poesia è rivelazione è arriva, oggi come cinquemila anni fa, oltre i confini della logica, in quegli spazi infiniti davanti ai quali  la mente umana, attonita  non può che arrendersi. Una delle immagini poetiche più ricorrenti nei testi vedici è quella del Cigno immerso in un fiume o in un  oceano di latte  (cfr.  Atharva Veda,XI,4,21 ). Significa tante cose il Cigno: è una delle costellazioni più luminose della Via Lattea (l'Oceano di Latte!), sicuro riferimento degli antichi naviganti; è un asana dello Hatha Yoga; è il  Purusha  (l'uomo universale) ed è il  Brahman. Ma è anche la   Paura , l'ansia di incompiutezza che spinge l'essere umano a cercare delle stelle con cui possa orientarsi non nell'oceano indiano o oltre le  c

TATTVASAMGRAHA - LO YOGA E IL BUDDISMO ESOTERICO

教外別傳  不立文字  直指人心)  見性成佛  " Una via al di là alle scritture.  Al di là dalle parole e dalle lettere.  Una via che punta dritta al cuore dell'uomo.  Che riconosce la propria natura si fa Buddha "  Quattro sacri versi di Bodhidharma (達磨四聖句) Bodhidharma  ( DA MO ) è il "PRIMO PATRIARCA DELLO ZEN", il monaco indiano (o persiano secondo alcuni) che ha introdotto il buddhismo in Cina. Bodhidharma è uno  yogacharya , un maestro di Yoga tantrico, ma è anche, secondo la leggenda, il fondatore dell' Arte marziale del tempio di  Shàolin , lo  Shàolínquán . A noi può sembrare strano uno Yogin buddista che insegna a fare la guerra, eppure le arti marziali che  chiamiamo  Kung Fu ,  Karate ,  Kendo  e via discorrendo hanno tutte a che fare con lo Yoga. Il primo patriarca creò un esercizio chiamato  " MANI DI BUDDHA" , o " dodici posizioni di DA MO" , una sequenza di movimenti, coordinati con il respiro, semplice semplice, che sviluppa u

HAUM - IL MANTRA NASCOSTO DELLA MANIFESTAZIONE

La mente corrisponde al  bija mantra OM . La parola al  bija mantra AH . Il corpo al  bija mantra HUM .  Oṃ ॐ  è l'inizio del canto rituale (il rito è la manifestazione) ed è il canto stesso. Per questo è detto  udgītha . Secondo la  Chāndogya Upaniṣad  ( I,1,5): " vāg evark prāṇaḥ sāma om ity etad akṣaram udgīthaḥ tad vā etan mithunaṃ yad vāk ca prāṇaś cark ca sāma ca " ovvero: La parola ( vāg ) è  ṛk  ( Ṛgveda , il libro degli inni), il  prāṇa  è  sāman  ( Sāmaveda ),  udgītha  è la sillaba  Oṃ .  Parola e  prāṇa  formano una coppia così come  ṛk  con  sāman . E ancora (I, 1, 8): " tad vā etad anujñākṣaram yad dhi kiṃcānujānāty om ity eva tad āha eṣo eva samṛddhir yad anujñā samardhayitā ha vai kāmānāṃ bhavati ya etad evaṃ vidvān akṣaram udgītham upāste " ovvero: Questa sillaba significa dire si.  Quando si vuole dire si a qualcosa si dice  Oṃ .  E  quello a cui si dice si verrà realizzato.  Colui che conosce questo venera  udgītha  come l

Senza Godimento non c'è Yoga

"yogo bhogāyate sākshāt  duṣkṛtam   sukritāyate  mokṣāyate hi samsārah kauladharme kuleśvar i"   (Kulārnava Tantra)   Per il Tantrismo lo Yoga è godimento sensuale [ yogo bhogāyate ] e il piacere trasforma il mondo empirico, l'esistenza terrena, in un luogo di liberazione. Per chi è abituato a pensare allo Yoga  come distacco e controllo delle passioni suona strano assai, ma se studiassero i primi canti dei Veda e le prime Upanishad si scoprirebbe che la realizzazione è la comprensione dell'identità di Essere e Divenire, di  Nirvana  e  Samsara,  diversi tra loro  "come il mare e l'onda". La natura dell'essere umano è  ānanda , beatitudine suprema, che coincide con la libera comunicazione tra ambiente interno (CITTA AKASHA) e Universo (MAHA AKASHA), ma c'è un qualcosa, un blocco, un limite una specie di peccato originale che ci impedisce di vivere pienamente. Al di là di tutte le teorie e le interpretazioni psicologiche e filosofiche, ciò che

RITMO, RESPIRO E KRIYA

Vorrei proporre un giochino, un esercizio facile facile che ho preparato per i miei allievi del corso di hatha yoga.  Per una volta eviterò, il più possibile, di usare termini tecnici e parole in sanscrito o cinese.  C'è un motivo: passo ormai metà del mio tempo tra libri e vocabolari e mi viene spontaneo usare termini come  citrupini  o mahakasha  che, per me, sono assai più eloquenti e precisi dei giri di parole che si è costretti a fare per cercare di tradurli.  Ma ho scoperto che chi non è ossessionato dal sapere vedico o taoista, reagisce, spesso, a certe parole dal suono esotico allontanandosi (-"  Che inutile erudizione! "-) o sviluppando una specie di timore reverenziale.  Il risultato è che né gli uni né gli altri chiedono il significato dei termini tecnici e le spiegazioni di concetti ed esercizi si trasformano, a volte, in un monologo nel deserto, altre in un dialogo tra sordi.  L'esercizio che propongo è relativamente facile e può, secondo me, dare un