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Visualizzazione dei post da giugno, 2019

TAPAS, L'ARDORE

TAPAS, L’ARDORE Se il sole ci mostra il mondo senza pudore, è con discrezione che i ricami oro e argento delle stelle ci portano fuori dalle tempeste, e addolciscono il vuoto angosciante della notte. Troppo caldo il sole per fartelo amico, neppure puoi guardarlo negli occhi. Con le stelle è diverso: godi della loro danza, sempre nuova, le saluti prima dell'alba, come un Romeo sorpreso dal canto dell'allodola, e dopo il tramonto le ritrovi lì, appese al cielo. La meditazione non è altro che farsi spettatori di sé, guardarsi, come si guarda il campo scosso dal vento o l'onda che si spinge fino in cielo per abbracciar la Terra. Śiva, straziato dalla morte di Satī, immobile nel ghiaccio e nella pietra per centinaia, migliaia di anni non aveva fatto altro che “vedersi visto”, poi il suo cuore cominciò a nutrirsi della nostalgia delle stelle così come l'onda si nutre di quella della Terra. E il suo corpo si rammentò della danza della Vita, la “Sua” danza, così si

IL SACRIFICIO DI SATĪ

"Il Sacrificio di Satī", tratto da "Le dieci Forme della Dea", libro in preparazione. Dopo l’apparizione di Uṣā,  Brahmā,  il Demiurgo, aveva creato una moglie per il figlio Dakṣaprajāpati, Prasūti, e aveva affidato loro l’incarico di generare delle spose per gli dei, i guardiani delle direzioni e i saggi veggenti. Fu così che Kama si sposò con Rati, la Passione, Agni con Svāhā, l’Offerta, e Candra, la Luna, con le 27 stelle sorelle. Il Cosmo aveva ormai assunto la forma che ci è oggi familiare, ma giaceva in se stesso, immobile e inutile come un vascello nel deserto. Per far girare le ruote della Vita bisognava che Śiva uscisse dalla sua Quiete perfetta, arrendendosi alla Legge del desiderio. Ispirata da Brahmā, Prasūti pregò, insieme al marito, la Grande Madre dell’Universo, la implorò di scendere nel suo ventre in forma di donna, la supplicò di donare il cuore al Naṭarāja. - “ E sia!” - disse la Dea – “ ma ricordate: niente e nessuno dovr

HAṂSA, L'OCA COSMICA

I versi dei Veda, dei Purāṇa, del Mahabharata sono poesia e scienza insieme, il che può forse apparire strano per noi abituati, erroneamente, a pensare che la scienza sia una roba fredda, razionale in antitesi con la passione creativa dell'artista. La poesia è rivelazione e può permettersi, oggi come cinquemila anni fa, di viaggiare oltre i confini della logica, in quegli spazi infiniti ai quali la mente, attonita, non può che arrendersi. Una delle immagini poetiche più ricorrenti nei testi vedici è quella del Cigno [1] immerso in un fiume o in un Oceano di latte (vedi ad esempio Atharva Veda, XI,4,21 ). Significa tante cose il Cigno: è una delle costellazioni più luminose della Via Lattea (l'Oceano di Latte!), sicuro riferimento per gli antichi naviganti; è un asana dello Haṭhayoga; è l'uomo universale (il “Puruṣā”) ed è il Brahmān, l’Assoluto. Ma è anche la paura, l'ansia di incompiutezza che spinge l'essere umano a cercare delle stelle con cui

I VELI DELLA DEA - IL PARADISO DI TRISHANKU

Tratto da "ONDE DI LUCE - Iniziazione di uno Yogin occidentale" - libro in pubblicazione. “Felice e beatissimo, sarai dio invece che mortale.   Agnello caddi nel latte.   Chi sei? Da dove sei?   Sono figlio della Terra e del Cielo stellato”.   Frammenti Orfici, fr. 32 Kern. Lo yoga ci dice che siamo angeli caduti. O dei annichiliti. La liberazione, o la salvazione, della religione e della filosofia, è il ricordo di sé. È l'attimo in cui si è abbagliati dal riflesso della luce originaria che, da qualche parte, dentro di noi, continua a risplendere. Si dicono le stesse cose in Oriente, come da noi, ma se il Dio creatore dei cristiani invia il proprio figlio a morire sulla croce per i peccati dell'umanità e a spargere la grazia come fosse un profumo di cui, in fin dei conti, non si può fare a meno di godere, quello degli indiani dorme il sonno dei giusti, sulle acque scure dell'oceano dell'inizio. Non c'è nessun popolo eletto, per il sap

GESTI DIVINI E DANZE SCONOSCIUTE

“Senza paura, senza scopo, senza sforzo,  dallo Spazio vuoto lascia sgorgare gesti divini e danze sconosciute”. Tantra della Ruota dei Tempi. Per noi occidentali è difficle comprenderlo, ma nello Yoga le  m udrā, esattamente come   gli     āsana e le sequenze , non dovrebbero essere eseguite volontariamente, ma  "dovrebbero insorgere come un fiore che sboccia". Sentire le mani che si muovono da sole, animate da una volontà altra, è stravagante: danzano e l'energia che le muove è la stessa che spinge un fiore a sbocciare, inaspettato, su uno scoglio. Le Mudrā , i gesti che le mani, e a volte la lingua o il corpo intero, assumono nelle danze e nelle posizioni, non possono essere imitati, devono insorgere, come il desiderio. - Si danza con la vagina - diceva Marta Graham. Non è elegante, ma rende bene l'idea. Jinpa ci disse che o gnuna delle dita ha un suo significato, un carattere e una qualità diversi. Come i cinque elementi. In sanscr