Uno dei principali problemi che si incontrano quando studiamo dei testi tantrici o vedantici, è quello delle traduzioni. In sanscrito si usano decine di parole differenti per indicare il medesimo concetto ed ognuna di esse ha sfumature diverse. Per noi, che leggiamo traduzioni in italiano tratte a loro volta da traduzioni in lingua inglese, cercare di capire cosa volessero dire davvero Shankara o Patanjali diventa un'impresa ardua. Prendiamo il termine "realtà". In sanscrito si può dire: तत्व tatva अस्तिता astitā भूतता bhūtatā भाव bhāva सत्य satya सत्त्व sattva बाह्यार्थ bāhyārtha ecc. ecc. In tutto ci saranno una trentina di vocaboli che vengono tutti tradotti con realtà o con reale, ma poi, se si va ad approfondire si scopre che अस्तिता astitā sta per "esistenza", "stare", भाव bhāva sta per "sentimento", "emozione" ecc., सत्य satya per "sincero", "genuino", "non artificioso"
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