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DICK PRICE, LO PSICOLOGO CHE REINVENTÒ LO YOGA

Nel 1956 a San Francisco, Richard "Dick" Price, un militare americano laureato in psicologia alla Standford University, ebbe una crisi psicotica dovuta forse all'assunzione di LSD. Fu ricoverato in varie cliniche, in California e poi nel Connecticut dove, in seguito ad una diagnosi di schizofrenia fu sottoposto ad una serie di trattamenti assai invasivi, dall' elettrochock, alle flebo di insulina (?). -" Poveretto! "- verrà da pensare a chi sta leggendo -" Ma che cosa c'azzecca con lo Yoga e la meditazione? ". Io invece credo  Dick Price c'azzecchi parecchio con tutto ciò che oggi chiamiamo Yoga, meditazione: è stato lui, insieme a Michael Murphy (anche lui laureato in Psicologia all'Università di Standford), a creare la "Religione non Religione" e lo "Yoga non Yoga"  che stanno alla base di molte, se non tutte, le discipline chiamate oggi Olistiche  (credo sia stato proprio  lui a inventare il neologism

CHI HA PAURA DELL'OSHO CATTIVO?

Non ho mai avuto troppo amore per Osho. Lui, a dire il vero non l'ho mai conosciuto di persona, ma alcuni dei suoi insegnamenti mi sono arrivati tramite dei samnyasin che ho frequentato tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80. Mi intrigava e mi divertiva, questo si, ma i suoi discepoli parevano, ai miei occhi di ventenne, un tantino arroganti e, a parer mio, un po' egotici: sembrava che il mondo dovesse girare intorno a loro e che i loro interessi personali  fossero, in fin dei conti l'unica cosa veramente importante. Quando venne fuori la storia della sua Comune, in Oregon,  un'orgia di tentati omicidi, truffe, violenze  scatenata dalla sua segretaria, Ma Sheela, e da un gruppo di discepoli infedeli, il mio non enorme interesse per  Bhagwan Shree Rajneesh , come si chiamava all'epoca, svanì come neve al sole. Gli Orange di Ma Sheela, a quanto si dice, tentarono di impossessarsi quasi militarmente della cittadina di Antelope  nella cont

KRISHNAMURTI, IL MESSIA INVENTATO, E LO YOGA-NON YOGA

Domenica scorsa, durante un residenziale, ho scoperto che molti yogin meditano, e insegnano a meditare, con gli occhi chiusi. La cosa mi ha sorpreso assai. Fermo restando che ognuno debba praticare come meglio gli aggrada, esistono, nello yoga come in ogni altra attività umana, dei "fondamentali", delle istruzioni di base che vengono impartite al primo incontro o alla prima lezione. Per ciò che riguarda la meditazione ho avuto degli istruttori  tibetani, giapponesi, cinesi e indiani e tutti, ma proprio tutti, mi hanno, insegnato che per meditare,bisogna  sedersi in una posizione comoda, ma con la schiena ben allineata, il sincipite (la parte più alta del cranio) "sospeso", il mento dolcemente rivolto verso il torace e gli occhi, socchiusi, rivolti verso la punta del naso. Gli occhi  "devono" essere socchiusi sia per una serie di motivi fisici (che qui non mi sembra il caso di approfondire) che per evitare che la mente venga distratta dagli oggetti

PRANASAMYAMA, L'ALCHIMIA DEL RESPIRO

"....segue il prana che diviene: pràna, apàna, vyàna, udàna, samàna secondo le molteplici funzioni loro inerenti o secondo le modificazioni che subisce, come avviene per l'oro o per l'acqua." Samkara, Vivekacudamani 95. Interpretare un testo tradizionale di Yoga è assai complesso. Uno dei motivi della difficoltà  nasce dal fatto che gli autori usano un “gergo tecnico”, un linguaggio per “addetti ai lavori”, pieno di metafore, simboli e abbreviazioni. Questo può portare a prendere fischi per fiaschi o, nel migliore dei casi, al non comprendere a pieno le “valenze operative” di certi esercizi. Il pranayama, secondo me, è uno di questi casi. Letteralmente prā ṇ āyāma , letteralmente āyāma significa sia espandere che contenere (?) per cui, per comodità Pranayama viene tradotto con “controllo” o, in alcuni casi “sospensione”, del respiro, una specie di ginnastica respiratoria, quindi. Ma visto che si trova anche il termine prā ṇ asamyama , è possib