Qualche giorno fa ho scritto un post chiedendo ai miei colleghi insegnanti e ai miei amici sanscritisti Marcello Mieli, Diego Manzi, Giulio Geymonat e Purnanda Zanoni, se secondo loro era necessario conoscere il sanscrito per insegnare e praticare yoga. In genere le risposte sono state abbastanza “possibiliste”, nel senso che tutti, più o meno, hanno convenuto sul fatto che, nonostante non sia necessario conoscere perfettamente il sanscrito, una conoscenza dei termini di base sarebbe auspicabile. Ovviamente concordo (io sono abbastanza negato con le lingue…): un attore che non sa l’inglese in genere recita Shakespeare assai meglio di un professore di Oxford! Ma…c’è un ma: Alcune pratiche essenziali dello haṭhayoga, come la śrī vidyā e la madhu vidyā, presuppongono una conoscenza non superficiale delle sillabe sanscrite, delle sette modalità di pronuncia e dei loro significati, tra virgolette, “simbolici. Vidyā in sanscrito significa “conoscenza”, ma nel
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