Vorrei proporre un giochino, un esercizio facile facile che ho preparato per i miei allievi del corso di hatha yoga. Per una volta eviterò, il più possibile, di usare termini tecnici e parole in sanscrito o cinese. C'è un motivo: passo ormai metà del mio tempo tra libri e vocabolari e mi viene spontaneo usare termini come citrupini o mahakasha che, per me, sono assai più eloquenti e precisi dei giri di parole che si è costretti a fare per cercare di tradurli. Ma ho scoperto che chi non è ossessionato dal sapere vedico o taoista, reagisce, spesso, a certe parole dal suono esotico allontanandosi (-" Che inutile erudizione! "-) o sviluppando una specie di timore reverenziale. Il risultato è che né gli uni né gli altri chiedono il significato dei termini tecnici e le spiegazioni di concetti ed esercizi si trasformano, a volte, in un monologo nel deserto, altre in un dialogo tra sordi. L'esercizio che propongo è relativamente facile ...
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