Passa ai contenuti principali

Post

Il Fascino dell'Infelicità

"Sotto l'albero di prugno., In attesa, Quan Yin, la Maestra della Gioia. Rosse come il frutto le sue labbra. Bianca come il fiore la sua pelle. Porgile la mano e sarà tua. Per sempre" L'infelicità è la cosa che più mi stupisce nell'essere umano. Soprattutto nei praticanti di yoga. La vita, la Dea, la Shakti o comunque la si voglia chiamare, è bella assai. Piena di spine, certo, come ogni rosa degna di tale nome, ma se ci si ferma un attimo, un attimo solo ( Kshana ) ad ascoltarla quando sta sbocciando, nello sguardo di due ragazzini innamorati, in una chiesa che ti si para davanti, improvvisa, nella primavera romana o nel canto notturno, in una lingua che non conosco, con cui una madre con la pelle che indovino assai più scura della mia fa addormentare la sua bambina, al piano di sopra, è difficile non amarla. L'incapacità di goderne è uno strazio. Nonostante le più dotte interpretazioni di Upanishad, la pratica incessante di mantra e asana, l

I MAESTRI NON ESISTONO - SHIRAI TORU E LA SPADA MAGICA

Un maestro è qualcuno che,  sfruttando al massimo le proprie potenzialità,  ha "realizzato" la propria natura  ed è in grado di indicare ad altri il modo per realizzare la propria, ovvero di fornire all'allievo gli strumenti adeguati. In altre parole il Maestro, quello con la M maiuscola, il barbuto, sorridente e onnicomprensivo  Grande Saggio dei film e dei romanzi non esiste, anzi non può esistere. Esiste solo l'allievo. Solo lui, l'allievo, può realizzarsi, perché  realizzazione significa innanzitutto riconoscersi e accettarsi. Se io sono aquila dovrò imparare a gettarmi dalle cime innevate su passeri e conigli, se sono gallina a razzolare nell'aia. La gallina che volesse provare l'ebrezza delle alte quote si sfracellerebbe al suolo e, a volersi cibare solo di gran turco, l'aquila non  sopravviverebbe una settimana. Nessun maestro potrà mai trasformare un'aquila in gallina o una gallina in aquila. Cerco di spiegarmi meglio: Una ma

IL FLUSSO DELLA MEDITAZIONE - YOGASH CITTA VRITTI NIRODHAH

  "Yogaś-citta-vr̥tti-nirodhaḥ"  è uno dei versetti più famosi degli Yoga Sutra di Patanjali.  Di solito viene tradotto con : " Lo yoga è la soppressione delle modificazioni della mente " o qualcosa del genere.  Io, a volte, mi diverto a tradurre i testi in  sanscrito da solo. si tratta ovviamente di un gioco, senza pretese di scientificità:   comincio confrontando tra loro varie versioni in italiano e in inglese di  autori riconosciuti come attendibili, poi cerco di farmi un'idea del significato di ciascuna parola  con l'aiuto di un dizionario online (ce ne sono molti, da  http://spokensanskrit.de/  a  http://www.sanskrit-lexicon.uni-koeln.de/ ) e infine ricostruisco il sutra o lo sloka nella maniera che meglio mi risuona. Si tratta, lo ripeto, di un metodo che non ha nessuna pretesa scientifica, però è divertente. Nel caso di  "Yogaś-citta-vr̥tti-nirodhaḥ", mi sono trovato un po' in difficoltà la parola "nirodhah": tutti l

L'INSOSTENIBILE ELASTICITÀ DEI TESTI SACRI: YAMA, NYAMA ED ALTRE STORIE

Nelle scuole di Yoga si parla spessissimo di Yama e Nyama, le "proibizioni e le osservanze di cui parla Patanjali, ma ho il sospetto che molti non abbiano compreso di che si tratta ( o forse sono io a non aver capito...chissà). Ho studiato almeno quattro diverse versioni degli Yoga Sutra di Patanjali, con traduzioni in italiano ed in inglese. Me le sono procurate perché, nel tempo, ho notato che vi sono delle discrepanze e, ho pensato che confrontando le varie interpretazioni mi sarei forse potuto fare un'idea più precisa di cosa volesse dire l'autore. Cercare di capire gli Yoga Sutra non è impresa facile, seconda delle edizioni cambiano non solo i significati, ma anche i versi in sanscrito ed il numero dei sutra. A questo si aggiunge il fatto che la maggior parte dei traduttori non pratica Hatha Yoga (Patanjali era uno dei Siddha di Chidambaram, i creatori dello Hatha Yoga) motivo per il quale sfuggono loro, spesso, alcuni dettagli "tecnici". Cer

ADDESTRARE L'INTUIZIONE

Uno dei principali problemi che si incontrano quando studiamo dei testi tantrici o vedantici, è quello delle traduzioni.  In sanscrito si usano decine di parole differenti per indicare il medesimo concetto ed ognuna di esse ha sfumature diverse.  Per noi, che leggiamo traduzioni in italiano tratte a loro volta da traduzioni in lingua inglese, cercare di capire cosa volessero dire davvero  Shankara  o  Patanjali  diventa un'impresa ardua. Prendiamo il termine "realtà". In sanscrito si  può dire: तत्व tatva अस्तिता astitā भूतता bhūtatā भाव bhāva सत्य satya सत्त्व sattva बाह्यार्थ bāhyārtha ecc. ecc. In tutto ci saranno una trentina di vocaboli che vengono  tutti tradotti con realtà o con reale, ma poi, se si va ad approfondire si scopre che   अस्तिता astitā  sta per "esistenza", "stare",  भाव bhāva  sta per "sentimento", "emozione" ecc.,  सत्य satya  per "sincero", "genuino", "non artificioso"

RICONOSCIMENTI

"Senza paura, senza scopo, senza sforzo lascia sgorgare dallo spazio vuoto gesti divini e danze sconosciute ." (Tantra della Ruota dei Tempi) Sono sicuro che mia mamma mi darebbe uno "storcione" (uno schiaffo tra capo e collo) e mi direbbe -" Deh! un t'ho mi'a fatto gobbo! "- Era la sua maniera per farmi i complimenti, per dirmi che era orgogliosa di me. Se ne è andata l'anno scorso, a marzo, il giorno del suo compleanno. Il mio secondo libro, " La lingua perduta dei Veggenti " sta andando alla grande e qualche giorno fa YOGA ALLIANCE® ITALIA - INTERNATIONAL mi ha inserito nella "Top Eleven" dei più illustri  maestri di yoga  contemporanei ( http://www.yogaalliance.it/illustri-maestri-yoga.html  ) assieme a personaggi del calibro di   Dharmachari Swami Maitreyananda, Shica Rea,  Bikram Choudhury,  Barone Baptiste...  -" Deh! un t'ho mi'a fatto gobbo! "- direbbe mia mamma, e devo dire che, alla

PIEDE DI POLPO E CODA DI LUCERTOLA

. Mi ricordo un'estate di quattordici, quindici anni fa. Eravamo a Ansedonia, in Maremma, e  Angelica, mia figlia piccola, mi chiese di insegnarle a camminare sugli scogli.  Io sono nato e cresciuto  a Livorno, dove le onde ti pigliano a ceffoni e, se non stai, ti schiantano sui sassi scolpiti dal libeccio. Camminare a piedi nudi sulle scogliere sin da bambini t'insegna a  riconoscere al volo gli scogli scivolosi,le conchiglie e i gusci di patella acuminati che possono ferire i piedi. Per un livornese camminare sugli scogli è normale, ma Angelica era affascinata  dalla velocità con cui scendevo la scogliera che ci portava al mare. -" Mi insegni a camminare sugli scogli? "- Mica facile...Come si fa a trasmettere qualcosa che non sai come hai imparato?  Mi inventai un linguaggio "scogliesco", roba che potevamo capire solo noi due.  Le parlai   di sassi buoni e cattivi, di braccia usate come le ali del gabbiano , di piede come un polpo e d