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IL TANTRA DELLO SGUARDO E LA BIBLIOTECA DI BABELE

  Il Tantra dello Sguardo è una tecnica tanto semplice quanto tremendamente efficace; ci siede tanto vicini da rischiare di sciogliersi in un bacio e si cercano i nostri occhi negli occhi dell'altro. Si respira e si immagina di prendere aria e, poi, di donarla al partner proprio attraverso gli occhi. Tecnica semplice, che ha effetti straordinari: dopo un po' si perde la coscienza dello spazio e ci si confonde, fino a non sapere più chi è colui che osserva e chi è che è l'osservato. Guardarsi negli occhi, senza nessun altro scopo che ricevere e donare un riflesso di luce: Laura ed io lo facciamo spesso, e ogni volta mi meraviglio della potenza, assurda, di un esercizio così semplice. Certo essere innamorati aiuta, ma è un'esperienza che vale sempre la pena di provare: si ha la sensazione di vedersi visti e di toccare, per un istante, un brandello della propria essenza. Bisogna dire che tempo era una pratica comune, non occorreva certo essere Yogi: lo sguardo e il gesto e

PARLIAMO D'AMORE? DIWALI 2021

  Pare desueto, l'amore, di questi tempi.  Due che si amano e  vivono per farsi felici l'un l'altro, non fanno notizia. La paura si vende meglio, e se  non se ne ha abbastanza ci ficchiamo sotto le coperte, ad occhi chiusi, nella speranza di scorgere le streghe, i fantasmi ei draghi perduti tanti anni fa, nell'oscurità senza tempo di una sera d'inverno.  A volte, fuggiamo invece  nella luce del sole, dove la Ragione, unica maestà, ci inebria di certezze, si,  ma non dà gioia,  Rassicura, certo, dà conforto,  ma  le sue mirabili architetture, prima o poi, lo sappiamo bene,  perdono fascino, si inaridiscono. Raro che amore si accompagni alla paura e la luce, accecante, della ragione non gli dona:  preferisce la penombra, il pastello del tramonto o la notte stellata. "Se il sole ci mostra il mondo senza pudore, è con discrezione che i ricami oro e argento  delle stelle ci portano fuori dalle tempeste, e addolciscono il vuoto angosciante della notte.  Troppo caldo

SHIVA E L'AMORE CHE NULLA PRETENDE

  L’Amore che Nulla Pretende   Sono tante le chiavi di interpretazione del mito di Satī . Di certo vi si può leggere un conflitto tra il mondo strutturato da una mente, tra virgolette, “maschile” e l’universo del sentire e delle emozioni che, probabilmente sbagliando, definiamo “femminile”. Satī, dea “bambina”, viene a trovarsi al centro di un conflitto, per lei assurdo, tra il Padre e lo Sposo. Dak ṣ a , figlio di Brahmā vuole affermare la sua superiorità nei confronti del genero. Śiva , dal canto suo, non ha nessuna intenzione di scendere a patti con il suocero, né di farsi umiliare davanti all’assemblea delle divinità. Di fronte al mancato invito reagisce con orgoglioso distacco e, quando la moglie gli comunica la sua decisione di partecipare comunque, con o senza di lui, alla cerimonia organizzata dal padre, tira fuori l’arma della violenza passiva: “Vai pure, fa ciò che vuoi, ma poi non venirmi a raccontare che non te l’avevo detto! ” Quante volte noi uomini abbiamo u

IL PENSIERO DI BUDDHA SULLA MORTE E SUL KARMA (NON CREDETE)

  Che ne pensava davvero Buddha del Karma e della vita oltre la morte? Ecco un brano del Kalama Sutta, di cui spesso viene citato solo un breve passo, il cosiddetto "Non Credete". Ai Kālāmas Kālāma Sutta (AN 3:66) (Traduzione/interpretazione in italiano dall'originale https:// www.dhammatalks.org/suttas/AN/AN3_66.html ) Si racconta che una volta il Beato, in un giro errante tra i Kosalani in compagnia di un grande Saṅgha di monaci, arrivò a Kesaputta, una città dei Kālāma.  [...] I Kalama di Kesaputta udirono dire: “Gotama il meditante, il figlio dei Sakya, uscito dal " È bello incontrare un maestro così degno." dissero i Kalama di Kesaputta e così andarono ad incontrarlo. Tra di loro alcuni  si inchinarono  e si sedettero da un lato. Altri lo salutarono cordialmente, come si saluta un amico e si sedettero [ da un lato], altri ancora unirono le mani, palmo a palmo, sul cuore [e si sedettero a lato]. Ce ne furono altri che prima di sedersi annunciarono il loro no

HAṬHAYOGA TRADIZIONALE: 84 ĀSANA, NON UNO DI PIÙ NON UNO DI MENO

Pashimmotanasana - affresco del 18esimo secolo a Mahamandir, Jodhpur.  Foto di J. Hargreaves,  Nelle moderne scuole di Yoga si parla di centinaia di posture diverse, con varianti più o meno acrobatiche, e, addirittura, se ne inventano di nuove dando loro spesso nomi in sanscrito. Quasi ogni stile - solo in Italia sono riconosciuti almeno 65 stili e scuole diverse - ha proprie posizioni di cui vengono elencati benefici e controindicazioni, e alcune sequenze, definite sempre o quasi "tradizionali", vengono insegnate ed eseguite come se si trattasse di riti, danze sacre o metodi per assicurare, in modo misterioso, la salute, il ringiovanimento o addirittura l'illuminazione. A volte si parla di  5  āsana  , come nei " tarocchissimi " Cinque Riti Tibetani,  altre di 11, 12 o 32 o, nel caso di Iyengar, di almeno 200   āsana diversi, ma l'impressione, a volte, è che ogni caposcuola, maestro o semplice istruttore, scelga le posizioni e le sequenze che meglio gli