Nel Laghu k ālacakratantra (IV, 196-97), un testo che fa parte del Canone Buddhista Tibetano, troviamo un intero capitolo dedicato allo haṭḥayoga, che ci fornisce delle indicazioni interessanti su cosa si intendeva nell’anno mille per haṭḥayoga. “Si espone adesso lo yoga del metodo violento (haṭḥayoga). Qui, quando, pur essendo stata vista l’immagine grazie alla ritrazione, ecc. il momento immoto […] non si verifica, non essendo il soffio ben controllato, allora mediante l’esercizio del suono (nādābhyasāt) occorre far spirare violentemente (haṭḥena) il soffio vitale nel canale di mezzo e, ciò fatto, arrestare il bindu del bodhicitta nella gemma del vajra che si troverà allora nel loto della saggezza. [Grazie a questa pratica lo yogin] realizzerà l’istante immoto, in base alla non vibrazione (niḥspanda). Tale lo yoga del metodo violento (haṭḥayoga) .” Per poter interpretare il brano bisogna considerare che nel k ālacakratantra : - ...
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