Passa ai contenuti principali

I MAESTRI NON ESISTONO - SHIRAI TORU E LA SPADA MAGICA




Un maestro è qualcuno che, sfruttando al massimo le proprie potenzialità, ha "realizzato" la propria natura  ed è in grado di indicare ad altri il modo per realizzare la propria, ovvero di fornire all'allievo gli strumenti adeguati.
In altre parole il Maestro, quello con la M maiuscola, il barbuto, sorridente e onnicomprensivo  Grande Saggio dei film e dei romanzi non esiste, anzi non può esistere. Esiste solo l'allievo.
Solo lui, l'allievo, può realizzarsi, perché  realizzazione significa innanzitutto riconoscersi e accettarsi.
Se io sono aquila dovrò imparare a gettarmi dalle cime innevate su passeri e conigli,
se sono gallina a razzolare nell'aia.
La gallina che volesse provare l'ebrezza delle alte quote si sfracellerebbe al suolo e, a volersi cibare solo di gran turco, l'aquila non  sopravviverebbe una settimana.
Nessun maestro potrà mai trasformare un'aquila in gallina o una gallina in aquila.

Cerco di spiegarmi meglio:
Una matita in mano ed un foglio bianco sono gli strumenti con i quali posso disegnare o scrivere qualsiasi cosa: dalla colomba di Picasso, ad uno scarabocchio,dal progetto per una nuova micidiale arma, alla formula per un vaccino contro l'aids.
Ciò che verrà fuori dipende solo da me, dai miei talenti o, come si dice spesso nello Yoga, dalle mie "qualificazioni".

Se sono portato alle arti figurative disegnerò, se sono un chimico scriverò formule, se sono scrittore inventerò storie.
Compito del maestro sarà quello fornire gli strumenti adatti, il foglio di carta e la matita . Al massimo potrà suggerirmi un po' di trucchi del mestiere ("non scrivere con troppa forza se no stracci il foglio" - "non scrivere con troppa poca forza se no non si legge bene"-  ....), ma non potrà mai far di me ciò che non sono.




La storia di Shirai Toru, un samurai ottocentesco, credo sia parecchio interessante per ciò che riguarda il rapporto maestro/allievo e la "realizzazione".
L'ho letta tempo fa su un bel libro di Itsuo Tsuda, "La via degli Dei" ( Luni Editrice).

"Shirai Toru all'inizio del secolo XIX, è stato uno dei più grandi maestri di spada.
nella sua giovinezza, dagli 8 anni in poi, ha avuto un allenamento molto intenso.

Man mano che cresceva, è stato tormentato da dubbi sulla validità di quello che faceva.
[...]L'idea di aver forse sprecato vent'anni della propria vita per qualcosa di stupido[ad un certo punto]lo fece precipitare in uno stato di depressione nervosa.
Aveva 28 anni.


Rese visita a Terada Soyu, uno degli anziani della stessa scuola per cui nutriva rispetto.
Su suo invito prese un Bokken (spada di legno) e lo fronteggiò. Terada aveva  63 anni, e Shirai pensava che fosse ormai troppo vecchio per maneggiare la spada di legno.
[....]
si accinse dunque a balzare su di lui facendo uso della sua tecnica abituale.


Fu allora che fece un'esperienza straordinaria.
Terada impugnava tranquillamente il Bokken che sembrava coprire il giovane dalla testa ai piedi, quasi fosse una spada magica.
Shirai era completamente stregato dal suo potente Ki ai
(non il grido, ma l'atteggiamento interiore, una specie di grido silente), paralizzato, tutto sudato e come in un sogno, Shirai gettò via il suo Bokken e gli chiese, mantenendo una postura che indicava sottomissione, di accettarlo come allievo.


Terada disse che non c'era altro modo che scoprirlo da sé.
Gli indicò tutti i difetti che aveva accumulato nel suo addestramento.
Gli consigliò di purificarsi dalle sue idee perniciose e dal suo cattivo Ki accumulati per 20 anni.
Per cinque anni Shirai si applicò fedelmente alla disciplina raccomandata da Terada:
vietarsi ogni bevanda alcolica, fare docce fredde, ma la situazione non migliorò affatto e anzi divenne nevrotico.
Fu allora che ebbe l'idea di provare il metodo di meditazione consigliato dal monaco zen Hakuin (1684-1768).

La meditazione agì su di lui in modo favorevole e nel giro di due mesi recuperò la salute .
Riuscì a realizzare il vuoto mentale e l'oblio del corpo.


Questo stato d'animo non era tuttavia infallibile.
Non appena si trovava di fronte ad avversari violenti, la sua aggressività tornava ad eccitarsi e non poteva contenere il desiderio di colpirli..


Nel 1815, quando il maestro Terada si accingeva a partire per seguire il suo signore [...]Shirai gli chiese ancora consiglio.
Terada gli disse di andare da un monaco buddista della scuola Shingon, Norimoto.
La pratica di Norimoto consisteva nell'invocare il nome di Buddha, battendo allo stesso tempo su una campanella, il che non aveva niente a che vedere con le arti marziali, ma guardando il monaco durante la pratica religiosa, Shirai ebbe improvvisamente la rivelazione di ciò che cercava: svelò il fondo.


Il movimento delle mani, l'incantesimo, il suono.... tutto avveniva nell'ordine naturale.
Shirai tentò di provare le stesse sensazioni con il Bokken e scoprì che andava meravigliosamente bene.
Aveva allora 33 anni.


Nel 1821, dopo 6 anni di assenza terada fece ritorno.
Shirai gli chiese di confrontarsi alla spada e fu costretto ad ammettere che il suo maestro aveva fatto ancora progressi e che era lontano dal potersi misurare con lui.
Terada aveva all'epoca 77 anni."
 


Questa storia la trovo interessante per una serie di motivi. 
Cominciamo dalla fine: 

Shirai "fu costretto ad ammettere che il suo maestro aveva fatto ancora progressi e che era lontano dal potersi misurare con lui. 
Terada aveva all'epoca 77 anni". 

Shirai seguendo gli insegnamenti di Hakuin ha già realizzato tramite la meditazione il vuoto mentale e l'oblio del corpo.
Insomma, è un realizzato, in termini giapponesi ha avuto il satori, ma sentendolo come stato non permanente(!) segue anche gli insegnamenti di Norimoto che si occupa di pratica rituale (la non conoscenza, il karman di cui parlano alcuni testi indiani come  la Isha Upanishad) ed  ha la "rivelazione del fondo". 

Ciò nonostante  è costretto ad ammettere che il suo maestro Terada "ha fatto ancora progressi". 

La dinamica 
stato di malessere/pratiche di purificazione/nevrosi,meditazione/realizzazione/stato di malessere/meditazione/pratica rituale/realizzazione 
lo ha portato per ben due volte a fare l'esperienza del satori

Si racconta che dopo la seconda realizzazione gli avversari, dinanzi a lui si arrendevano senza combattere. 
Era un illuminato. 

Eppure è costretto ad ammettere che il suo maestro Terada "ha fatto ancora dei progressi"(!!!). 


da questa storia mi sembra di capire alcune cose:
1) la realizzazione è sempre una auto-illuminazione, cioè uno svelamento di ciò che si è già.
Terada può solo mostrare al suo allievo le proprie capacità e la maestria raggiunta, ma Questo non servirebbe a niente se Shirai non fosse, per natura, un guerriero e se non praticasse da solo. 
Ovvero: "la Meta coincide con il punto di partenza".

2) La realizzazione è una auto-illuminazione improvvisa, ma, al tempo stesso, deve passare per una serie di tappe, di stati progressivi riconoscibili e verificabili.
Ovvero: "la Meta è più lontana di quanto si possa credere"


Commenti

Post popolari in questo blog

IL SIGNIFICATO NASCOSTO DEI MANTRA - OM NAMAḤ ŚIVĀYA

Alzi la mano chi non ha mai recitato un mantra indiano o tibetano senza avere la minima idea di cosa significasse. C'è addirittura una scuola di pensiero che invita ad abbandonarsi al suono, alla vibrazione e ad ascoltare con il cuore. Il personale sentire viene considerato un metro di giudizio assai più affidabile della razionalità, e l'atteggiamento più comune, nell'approccio alla "Scienza dei mantra è il " Che mi frega di sapere cosa vuol dire? L'importante è che mi risuoni! ". Devo dire che ci sta. Tutto nell'universo è vibrazione e ovviamente quel che conta è il risultato. Se uno recita 108 volte Om Namaha Shivaya senza sapere che vuol dire e poi si sente in pace con il mondo, va bene così. Anzi va MOLTO bene! Ma bisogna considerare che nei testi "tecnici" dello yoga, non numerosissimi, si parla di una serie di valenze simboliche, modalità di  pronuncia e possibilità di "utilizzo" che, secondo me, la maggi

I CAKRA DEI NATH

    Nonostante in molti testi si parli esclusivamente di sei cakra + il cakra dei mille petali,   in genere nella tradizione Nath se ne enumerano nove: 1.      Brahmā Cakra  - corrispondente al  Mūlādhāra Cakra ; 2.      Svādhiṣṭāna Cakra  " – “centro di supporto del sé", “la sua propria dimora”; 3.      Nābhi Cakra "centro dell'ombelico"; 4.      Hṝdayādhāra "centro del cuore"; 5.      Kaṇṭha Cakra "centro della gola"; 6.      Tālu Cakra "Centro del palato"; 7.      Bhrū Cakra – “Centro tra le sopracciglia" non sempre identificabile con ajñā cakra , posto spesso al centro della fronte. 8.      Nirvāṇa Cakra che alcuni fanno corrispondere al brahmārandhra e altri ad ajñā cakra 9.      Ākāṣa Cakra "centro dello spazio", posto al sincipite per alcuni, sopra la testa secondo altri.   Un altro sistema di cakra presente nello Yoga dei Nāth è quello dei cinque maṇ

IL FIGLIO DI YOGANANDA E L'INDIGESTIONE DI BUDDHA

YOGANANDA Quando nel 1996, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno Lorna Erskine, si abbandonò al sonno della morte, Ben, il figlio, decise di rivelare al mondo il suo segreto i: Yogananda, il casto e puro guru, era suo padre. Ne uscì fuori una terribile, e molto poco yogica, battaglia legale a colpi di foto, rivelazioni pruriginose ed esami del DNA tra la Self Realization Fellowship,la potente associazione fondata dal maestro, e gli eredi di Lorna (che chiedevano un sacco di soldi...). Ad un certo punto vennero fuori altri tre o quattro figli di discepole americane, tutti bisogna dire assai somiglianti al Guru, . E venne fuori una storia, confermata da alcuni fuoriusciti dalla Self Realization Fellowship (e quindi... interessati) riguardante un gruppo di "sorelle dell'amore" giovani discepole che avrebbero diviso con Yogananda il terzo piano del primo centro californiano della S:R:F. Certo, per tornare a Lorna, che se una donna americana bianca e b