A che serve lo Hatha Yoga?
Un Mantra, una Mudra, un Asana vibrano. Vibrano nella pelle, nella carne, nelle ossa, e “dentro” c'è qualcosa che risponde, un'eco lontana, un' onda che risciacqua la memoria e fa tornare in gola i ricordi...
-”Il puzzo di fritto dei mercatini di Livorno...gli ori delle donne ebree...Irish, il mio boxer bianco che sbava sulle mani di mio nonno...”-
Sbavano i boxer, ma sono belli. Se ne sono andati d'estate, insieme. I cani se ne vanno sempre con le persone amate, forse hanno paura che si perdano.
Da bambino pensavo che i morti se li portava via il libeccio. La risacca si lascia dietro un sacco di cose, mucchi di alghe, corde, ossa di pesce scolorite, che sole e salmastro incollano agli scogli. Al tramonto si fanno facce, alberi o draghi antichi. Sembrano lì da sempre. Quasi ci si affeziona a quei guardiani scolpiti dal mare. L'onda del libeccio li strappa via. Resta solo lei, l'onda, che sbatte sulla scoglio e si ritrae, senza fretta. Poi si alza per rovesciarsi di nuovo. Il Mantra, la Mudra, l'Asana strappano i ricordi dalla carne. La vibrazione è ritmo. Va sentita col respiro, col cuore, con le viscere. La mente si fa ritmo. La mente è il mantra.
La mente crea il mondo.
La mente è proprio un bel
giocattolo.
Gli dai una sola parola e
ci costruisce scene, costumi e personaggi di storie sempre diverse.
È il teatro della
memoria.
Qualsiasi cosa infiliamo
nella testa, luci, forme o suoni, si dà inizio ad uno spettacolo.
Gli oggetti di scena e gli
attori sono già dentro di noi, siamo noi.
La meditazione comincia
quando il teatro della memoria si svuota e
la mente si riposa in se
stessa.
Lo Yoga è il Riposo.
Gli Asana, le Mudra, i Mantra ripuliscono la memoria, strappano i ricordi dalle ossa, dalla carne, dal cuore e li fanno tornare in gola.
Il corpo è emozione.
Se ti vuoi conoscere, davvero, devi farti trasparente.
Come il cristallo, o l'acqua sorgiva.
Il dolore, l'amore sopito, il desiderio che la ragione, domestica frettolosa, ha ficcato sotto il tappeto del quieto vivere tornano a galla. Impietosi.
Guardali.
Io guardo.
E vedo LEI.
Non ho altri ricordi che LEI.
La immagino come Tārā.
Tiene in mano la mala
di rudraska.
Era 100, 1000 anni fa.
China la testa da un lato.
Sorride.
Schiude le labbra.
Acqua la sua mano
destra, scivola a terra.
Indice e pollice
accarezzano i grani della mala.
La sinistra è in
grembo, a reggere una coppa invisibile.
Le sue
mani sono le mie.
Acqua.
Chiudo gli occhi e la
disegno nella mente.
Disegno il suo corpo,
pezzo per pezzo.
Le dita dei piedi, le
caviglie, le ginocchia....
Le cosce si rilassano e
il bacino sembra più ampio.
Rammento il suo ventre, il seno acerbo, la schiena.
Le spalle da guerriera e il collo.
Mai visto un collo così lungo.
Sento le labbra pesanti.
Calde e pesanti.
Rilasso gli zigomi e
di colpo l'aria fluisce in tutte e due le narici.
Devo
ricordarmela questa: se rilasso gli zigomi il cervello si apre!
-”I suoi occhi blu come il fiore di Utpala sono i miei occhi” - lo ripeto, come
un mantra, inspirando ed espirando.
Sento una specie di
cerchio alla testa.
Anzi, non è proprio un
cerchio: sembra una corona rostrata.
Le punte si muovono e
vanno a cercare la fontanella.
Il centro della testa
si scalda la fronte si svuota e sento gli occhi che vengono spinti
verso l'alto.
C'è un peso sulla
nuca.
Più gli occhi vanno in
alto e più mi sento tirare indietro e in basso.
Lei è dentro di
me.
Ed è davanti a me!
Ho la sensazione di
cadere.
Conto le respirazioni.
Visualizzo le dita dei
piedi e delle mani, ad una ad una.
Ascolto il battito del
cuore.
Sento un vento fresco sulla nuca e la faccia.
Mi conforta.
Respiro con
la pelle, respiro il vento e la luna insieme, la luna rossa di Baratti, 100, 1.000 anni fa.
E la piccola volpe, rossa, come la luna.
Una corrente di luce bianca
che mi entra dentro, e scivola tra pelle e muscoli.
Ogni volta che inspiro
mi riempio di luce bianca, quando espiro butto fuori fumo nero.
Ad ogni respiro il
fumo si scolora.
Diventa grigio, sempre
più chiaro.
Finalmente si fa
bianco, come la corrente luminosa che inspiro.
Passo alle ossa.
Comincio dalle mani.
Penso che il midollo
sia sporco, unto.
Inspirando immagino di
comprimere le falangi, le ossa del palmo, i polsi, come se fossero di
gomma.
Espirando le lascio
espandere e butto fuori lo sporco.
Man mano che le ossa si
puliscono si fanno leggere, morbide, calde.
Le mani cominciano a
vibrare, poi gli avambracci, le braccia, le spalle.
Le clavicole sono
difficili da visualizzare.
Spingo in avanti e
indietro torace e spalle e finalmente riesco a sentirle.
Mi si apre la schiena,
la parte in mezzo alle scapole, e scendo giù, con la mente.
Ecco il sacro, un
triangolo di gomma.
Vibra quasi subito,
così mi posso dedicare alle lombari.
Una per una.
Mi riesce facile, le ho
disegnate decine di volte, le so a memoria.
Le conto dal basso in
alto: 5, 4, 3, 2, 1.
Alle dorsali mi fermo.
Ci sono due punti poco
sensibili, all'altezza dell'undicesima, dove so che si attacca il
diaframma toracico, e tra la seconda e la prima, sulla linea delle
clavicole.
Espirando rilasso la
testa in avanti.
Ruoto le spalle
indietro e verso il basso.
Inspirando, le sollevo,
le riporto di nuovo all'indietro e incollo le scapole alla schiena.
Solo allora sollevo la
testa e allungo il mento in avanti.
Cerco di sentire la
curva cervicale che si assesta.
Tiro su i muscoli
dell'ano e allungo la nuca verso l'alto.
Adesso riesco a
visualizzare tutte e ventiquattro le vertebre della schiena.
Le ossa del cranio si
allargano ad ogni inspirazione.
È bello, sembra
che il cervello respiri da solo.
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