Stamattina, appena sveglio, ho aperto a caso una raccolta di Upanishad.
Un giochino che facevo spesso, tempo fa.
Ho aperto il libro e poi, ad occhi chiusi, ho puntato l'indice.
Stamattina ho trovato il canto d'Amore della Chandogya Upanishad (Tredicesimo Khanda).
Ho tradotto io, canto d'Amore, in realtà si chiama Sāman Vāmadevya.
So che le disquisizioni sui termini sanscriti e sui loro vari significati annoiano parecchio e da un po' di tempo, scrivendo di yoga, tento di parlare come mangio (esercizio di purificazione dai mirabili effetti, che consiglio vivamente...), ma in questo caso una disgressione piccola piccola, priva di pretese, forse potrebbe avere una sua qualche utilità.
Sāman significa melodia, abbondanza, felicità, tranquillità.
Vāmadevya, se non sbaglio, vuol dire "riferito a Vamadeva" che dovrebbe essere una delle cinque facce di Shiva, quella dolce e poetica che i rishi associavano all'Acqua e gli yogin tibetani al vento e al Nord (ci sono delle implicazioni alchemiche in questo, ma lasciamo stare)
Il brano che ho "trovato" stamattina, secondo me è interessante assai.
Lo incollo qua sotto senza commentarlo.
Ah, credo che per comprenderlo pienamente siano necessarie delle spiegazioni.
Il Saman, la melodia canto sacro dei Veda, è diviso come tutti i riti, in cinque fasi, chiamate Hinkara, Prastava, Udgitha, Pratihara e Nidhana.
Hiṅkāra significa Tigre, ciò che emette il suono hiṅ (Hign)
Prastāva significa Offerta, Introduzione, Proposta.
Udgīta significa Canto, Canzone ed è una della maniere per indicare la sillaba AUM.
Pratihāra significa Cancello, Porta, Tocco.
Nidhana significa Fine, Conclusione, Annichilimento, Domicilio.
Chandogya Upanishad
Tredicesimo khanda:
Un giochino che facevo spesso, tempo fa.
Ho aperto il libro e poi, ad occhi chiusi, ho puntato l'indice.
Stamattina ho trovato il canto d'Amore della Chandogya Upanishad (Tredicesimo Khanda).
Ho tradotto io, canto d'Amore, in realtà si chiama Sāman Vāmadevya.
So che le disquisizioni sui termini sanscriti e sui loro vari significati annoiano parecchio e da un po' di tempo, scrivendo di yoga, tento di parlare come mangio (esercizio di purificazione dai mirabili effetti, che consiglio vivamente...), ma in questo caso una disgressione piccola piccola, priva di pretese, forse potrebbe avere una sua qualche utilità.
Sāman significa melodia, abbondanza, felicità, tranquillità.
Vāmadevya, se non sbaglio, vuol dire "riferito a Vamadeva" che dovrebbe essere una delle cinque facce di Shiva, quella dolce e poetica che i rishi associavano all'Acqua e gli yogin tibetani al vento e al Nord (ci sono delle implicazioni alchemiche in questo, ma lasciamo stare)
Il brano che ho "trovato" stamattina, secondo me è interessante assai.
Lo incollo qua sotto senza commentarlo.
Ah, credo che per comprenderlo pienamente siano necessarie delle spiegazioni.
Il Saman, la melodia canto sacro dei Veda, è diviso come tutti i riti, in cinque fasi, chiamate Hinkara, Prastava, Udgitha, Pratihara e Nidhana.
Hiṅkāra significa Tigre, ciò che emette il suono hiṅ (Hign)
Prastāva significa Offerta, Introduzione, Proposta.
Udgīta significa Canto, Canzone ed è una della maniere per indicare la sillaba AUM.
Pratihāra significa Cancello, Porta, Tocco.
Nidhana significa Fine, Conclusione, Annichilimento, Domicilio.
Chandogya Upanishad
Tredicesimo khanda:
Hiṅkāra è quando Lui La invita.
Prastāva è l'offerta d'Amore.
Quando i due l'uno all'altra si concedono è l'Udgīta.
In Pratihāra Lui giace su di Lei e
Nidhana, infine è l'orgasmo.
Coloro che sanno,
sanno che nel Sāman Vāmadevya
sono i fili con cui si intesse l'Amore.
Realizzano l'Amore, coloro che sanno,
E generano altre vite.
Che con l'amore ne generano altre.
Solo così la Vita è degna d'esser vissuta.
Si vive a lungo e si è ricchi.
Di discendenza ed armenti.
Ricchi di Gloria.
Non rifiutare mai l'offerta d'amore:
così dice la Legge.
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