Dopo aver svelato il Maṇḍala Segreto della Creazione,
e riempito i petali dei cakra con le vibrazioni delle sillabe la Dea si
abbandona completamente tra le braccia dello Sposo.
Sta a Lui, all’Energia Virile, detta in sanscrito vīrya mettere in moto le ruote dell’energia.
Vīrya significa "splendore",
"coraggio", "dignità", ed
è il risultato
della trasformazione alchemica di Ojas,
la vitalità innata dell'essere umano.
Ojas in sanscrito significa "luce",
"potere", "energia" ed è la sorgente della forza che fa
emettere lo sperma.
L'eiaculazione viene vista come una dispersione della
vitalità non perché ojas possa
in qualche modo essere limitato da una emissione, ma perché fisicamente e
psicologicamente l'emissione coincide in genere con la fine del desiderio.
Se si osservano con distacco le statue ed i dipinti
erotici indiani, si vedrà che l'atto sessuale è sempre “in potenza”.
Non c'è una sola rappresentazione
pittorica o scultorea indiana in cui venga rappresentata la fase conclusiva del
coito.
Gli amanti, mai
troppo coinvolti emotivamente, sono sempre ritratti nell'atto di iniziare un rapporto sessuale
perché questa è una delle finalità delle tecniche tantriche:
Imparare a
non disperdere ojas per
trasformarlo in vīrya mantenendo
sempre vivo, "in effervescenza", il desiderio.
Eccitate
dall’alternarsi di penetrazione ed emergenza, le sillabe si uniscono tra di
loro e iniziano a muoversi verso l’alto, in un viaggio a ritroso che le
condurrà, oltre il cerchio delle sedici sillabe che le ha generate, al centro
della fronte, nel regno di Hākinī.
Il
cakra della fronte viene chiamato ājñā, parola femminile che significa “ordine”,
“assetto”, “disposizione”.
Al
centro, nel pericarpo è inscritta la sillaba ॐ in
caratteri latini AUṀ od OṀ.
AUṀ è il suono del fluire delle tre
potenze originarie (A, I, U), la vibrazione di fondo dell'universo.
Sul
petalo di destra, collegato alla narice sinistra e all'emisfero celebrale
destro, è iscritta la sillaba हं HAṂ, ultima sillaba dell'alfabeto
sanscrito, che comprende in sé la "Parte Lunare" di tutte le 48
sillabe che abbiamo distribuito fino ad ora sui vari cakra, dalla A alla SA.
Sul
petalo di sinistra, collegato alla narice di destra e all'emisfero celebrale
sinistra, troviamo invece la sillaba क्षं KṢAṂ, ovvero la
prima sillaba consonantica dell’alfabeto, KA, e la terzultima, la sibilante linguale ṢA.
KṢA[1],
la nostra "X", rappresenta invece la "Parte Solare" di
tutte le 48 lettere dell'alfabeto.
In
ognuno dei due petali di ājňā cakra,
quindi, confluiscono 48 nāḍī o canali energetici corrispondenti alle sillabe
dell'alfabeto sanscrito (14 vocali, 25 consonanti, quattro semivocali e tre
sibilanti più AṀ e AḤ).
Ciò
che viene chiamato iḍā e piṅgala, ovvero il canale di sinistra e il canale di
destra del corpo umano, sono in realtà due gruppi di nāḍi nelle quali scorrono gli aspetti lunari e solari delle
sillabe che vibrano nei petali dei cakra.
Quando
la Dea dispiega le sue energie (i tre fiumi sacri) per far discendere le
sillabe del Maṇḍala Segreto utilizza/crea il canale centrale, formato da tre nāḍi
una dentro l’altra, suṣumṇā, vajra
e citriṇī.
È questo il canale dell’Energia Fuoco.
La
forza virile del Dio, vīrya, risvegliata
dall’amplesso, apre i due canali laterali, Energia Luna e Energia
Sole, e dà vita ad un movimento ritmico che ripete, nei diversi stadi della
manifestazione, l’alternarsi assorbimento-emergenza del rapporto sessuale.
Nella quarta fase del Rito
Sessuale, Pratihāra, la forza virile dello Sposo innesca nel corpo della yoginī, il movimento delle Ruote dei Cakra.
[1] KṢA è sillaba particolare, vuol dire sia "illuminazione",
che distruzione e indica sia i rākṣasa altro
nome degli asura, sia
i rakṣā, spiriti
protettori o guardiani.
I rākṣasa possono trasformarsi in ogni cosa desiderino, possono volare
e fare prodigi.
Nei miti indiani kṣa è il nome sia dei due fratelli asura, Hiraṇyākṣa (letteralmente "OCCHI DORATI") e Hiranyakashipu
(cuscino dorato), nemici di Viṣṇu, sia di Narasiṃha, quarta incarnazione di viṣṇu stesso.
La storia è complessa: hiraṇyākṣa rapisce pṛthvī, la madre terra, e la
trascina in fondo all'oceano.
Interviene viṣṇu in forma di cinghiale, varāha, che uccide il
demone e libera la terra.
Deciso a vendicare il fratello, Hiranyakashipu si
sottopone ad un lungo periodo di penitenza fin quando Brahma non si offre di esaudire un suo
desiderio:" non voglio morire
né di giorno né di notte" - dice Hiranyakashipu -" e non
voglio essere ucciso né da un uomo né da una bestia né da un dio e né in cielo
né in terra"-.
Brahma acconsente e l'asura parte
alla conquista del mondo. Nessuno sembra in grado di fermarlo fin quando, un
giorno, al tramonto, infuriato con il figlio, devoto di Viṣṇu, Hiranyakashipu non distrugge una colonna dal cui interno emerge Narasiṃha, l'uomo
leone, che solleva a mezz'aria
il Re del Mondo, e lo fa a pezzi con i suoi artigli.
La storiella è interessante e
meriterebbe di essere esaminata in ogni dettaglio, ma la cosa che più mi ha
colpito è che sia i due fratelli che l'incarnazione di Viṣṇu si chiamano KṢA.
Rappresentano tutti e tre il canale energetico di destra e l'insieme delle
consonanti dell'alfabeto e tutti e tre sono dotati un terrificante potere
distruttivo.
KṢA, l'insieme delle consonanti, nome della quarta incarnazione di Viṣṇu (il
"CONSERVATORE", unito alla A, diviene akṣa che significa colonna,
pilastro (come la colonna dalla quale emerge l'Uomo Leone) e finisce per
indicare la latitudine terrestre, ovvero l'angolo formato da un punto sulla
superficie terrestre (di un pianeta) con il piano equatoriale.
Un altra informazione: per Pāṇini le consonanti servono ad
"interrompere", a "limitare" le vocali.
In qualche modo la nadi di
sinistra (HAṂ) è legata alla potenza creativa
delle sillabe e la nadi di
destra (KṢAṂ) è legata al loro
potere limitante.
Le vocali, in un certo senso, rappresentano i diversi colori della natura e
le consonanti sono invece le linee che, delimitando lo spazio, rendono
"leggibile” la diversità.
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