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I "PUNTI DI FATICA" - LA PRATICA DELL'EVACUAZIONE NELLO YOGA TANTRICO


Nella pratica della Trasformazione delle Energie Negative bisogna tener presente che se uno è intriso di rabbia e odio difficilmente la riconoscerà in sé stesso.
L'acqua del mare non sa di essere acqua di mare.
Proverà però sempre attrazione per la terra (le onde corrono a frantumarsi sugli scogli appena possono...) e da questo potrà indovinare la propria natura.

Spesso, come per magia, le persone che ci stanno d'intorno sembrano diventare parti di noi. Si comportano come abbiamo imparato a comportarci nell'infanzia o, magari in vite precedenti(?), con gli stessi vizi, debolezze e modalità espressive.
Naturalmente siamo noi che le vediamo cosi, non sono loro ad esserlo.
È il fenomeno della proiezione, un fenomeno la cui conoscenza è fondamentale nel Tantra. È dalla consapevolezza della “Proiezione” che nasce la pratica dell’Evacuazione

L’evacuazione è una delle cinque azioni fondamentali dell'essere umano.
Ci sono cinque azioni, collegate ai cinque vayu, ai cinque elementi ecc. ecc.
La prima legata allo spazio, e l'azione dell'ESPRIMERE.
La seconda e l'azione dell'AFFERRARE.
La terza l'azione del MUOVERSI.
La quarta l'azione del GENERARE.
La quinta l'azione dell'EVACUARE.

Ogni azione, gesto dell'essere umano e il frutto del combinarsi delle cinque azioni fondamentali.
Se io mangio significa che dentro di me è nata la necessita del cibo.
Con pensieri, parole o gesti ESPRIMO, a me stesso e agli altri, l'idea/necessita del cibarmi.
Cerco quindi di AFFERRARE quell'idea o fisicamente di AFFERRARE qualcosa che soddisfi il desiderio del cibo.
Mi MUOVO quindi o verso il cibo o per portare il cibo alla bocca.
GENERO energia positiva (che mi dà vita) traendo sostanze nutrienti dal cibo e GENERO sensazioni positive derivanti dall'aver soddisfatto un desiderio.
EVACUO le sostanze inutili o negativi che l'azione ha prodotto.

Che succede se dopo aver mangiato non evacuo, per scelta, necessita o malattia, sotto forma di feci e di urina (ma anche sudore ecc.) le sostanze negative?
Il corpo si carica di energia compressa, la pancia si gonfia, chiudo i muscoli dell'ano e tiro su lo sfintere e i muscoli legati alla vescica.

La non evacuazione è assimilabile alla compressione.
Ora facciamo finta che le IMPRESSIONI di certe esperienze, ovvero ciò che rimane delle esperienze e delle emozioni che hanno portato a tali esperienze e/o sono state prodotte da tali esperienze, siano CIBO.

Le impressioni positive saranno come la pappa buona, alimenteranno il corpo (CORPO/PAROLA/MENTE) facendo crescere i muscoli, rendendo la pelle luminosa e dando un senso di soddisfazione.

Le impressioni negative saranno come le tossine che non riusciamo a smaltire.
Il senso di gonfiore che si ha se non si riesce a defecare o a eliminare il gas in eccesso dopo aver mangiando dei fagioli cotti con l'osso di prosciutto, in qualche modo è simile al senso di fastidio che si sperimenta nel non evacuare le impressioni negative.
Gas.
Cosa succede se si immagazzina sempre più gas in un deposito a tenuta stagna?
Diminuisce il volume a disposizione delle molecole.
Aumenta la velocita delle particelle.
Aumenta la pressione.
L'unica possibilità per evitare l'esplosione e quella di alleggerire la pressione facendo uscire il gas da valvole di sicurezza.

Ognuno di noi ha delle valvole di sicurezza.
Le tensioni muscolari che osserviamo in noi e negli altri si accompagnano sempre a delle ipotonie. Il corpo, espressione dell'intero essere umano, trova sempre un suo equilibrio.
Una tensione nella zona del petto nelle donne si accompagna spesso ad un restringimento della vita, ad esempio. Le energie non circolano e glutei e cosce perdono tono muscolare. Le impressioni negative, in quel caso, probabilmente si stanno esprimendo nella zona del cuore.
C'è un accumulo di "GAS".
Il corpo, saggio quanto la mente è scioccamente furba, per evitare di "esplodere" toglie tensione alla zona bassa, così da rendere possibile una parziale evacuazione.
Se si considera il corpo come strumento di conoscenza e strumento del sādhana questo equilibrio, necessario e pure positivo per la vita quotidiana, diviene però un ostacolo.
E allora si deve procedere all'Evacuazione.
Nel Tantra ci sono varie di tecniche di evacuazione nelle quali, grazie ai mantra, all'iperventilazione, all'ipossia, al movimento spontaneo, si mette la mente in una condizione di non-controllo del corpo.
È come quando, dopo aver mangiato fagioli e cotenne, si prende la purga.
Non si controlla più lo sfintere. Si deve correre al bagno in continuazione.
La razionalità, la volontà di controllare in questi casi è perniciosa, diviene un qualcosa che blocca i naturali processi del corpo.

L'evacuazione dà sempre sollievo, perché si eliminano delle impressioni/tossine che si attaccano per così dire all'anima (in termini vedantici si direbbe che si fissano a
Vijnanamayakosha) e, come il granello di sabbia crea la perla, creano dei nodi sempre più complessi.
Se il nodo si scioglie si prova benessere, ma se l'energia accumulata è troppa si ha paura di scioglierlo.
L'evacuazione può essere:
-         Fisica (movimenti inconsulti, vibrazioni, gesti inimmaginabili in situazioni ordinarie, foruncoli e ascessi in luoghi stravaganti, vomito, diarrea, emorragie).
-         Verbale (grida, risate, pianti, improperi, bestemmie, aggressività discorsiva incontenibile scollegata, talvolta dalla postura del corpo).
-         Mentale (incapacità di controllare i pensieri e il dialogo interiore, immagini che si susseguono senza riuscire a dar loro un qualsivoglia ordine razionale, stati depressivi alternati a stati di eccitazione, sensazione di star per morire o sensazione di illusoria immortalità e onnipotenza ecc.).

Se si lavora sul corpo occorre, prima di procedere a certe pratiche, individuare i propri "punti di fatica".
Sappiamo che il rapporto tra l'IO, inteso come spazio interno, e lo spazio esterno è regolato da 12 nervi principali che, a sei a sei, provengono da due diverse parti del cervello.
Attraverso l'occipite (o cervicale zero), i dodici nervi si introducono all'interno della colonna passando per due fasce spugnose collegate l'una ai movimenti volontari e l'altra a quelli involontari.
Da questi nervi ne "nascono" altri, in pratica due per ciascuna vertebra.
I nervi hanno funzione EFFERENTE (dall'interno all'esterno) ed AFFERENTE (dall'esterno all'interno).
Quando c'è un BLOCCO le informazioni che da una particolare zona del corpo vanno al cervello e viceversa, procedono a velocita ridotta o non procedono affatto.
Le informazioni lungo i nervi, si trasmettono mediante delle reazioni chimiche.
Le reazioni chimiche sono esotermiche o endotermiche.
Significa che o assorbono energia o la producono.
Se le informazioni “non viaggiano” quella particolare zona del corpo smette di CEDERE energia o di ASSORBIRLA, producendo uno squilibrio energetico.
.
In sostanza ci potrà essere una vertebra (o un gruppo di vertebre) che è rigida o, al contrario, troppo mobile.
Il "serpente" (l'insieme colonna vertebrale, nervi, liquido cerebro spinale) non potrà quindi muoversi naturalmente.

Il primo passo sarà quindi scoprire quali sono i propri punti di fatica lungo la colonna
Vertebrale, poi si cercherà di comprendere, usando il linguaggio dei simboli, a quali impressioni e emozioni si collega tale blocco/punto di fatica.
Quindi si procederà all'evacuazione, la fase che in alchimia è detta OPERA AL NERO, o VIAGGIO AGLI INFERI.



Ma come si fa fisicamente, praticamente, a percepire i punti di fatica? 
Si è detto che "l'evacuazione" viene scatenata mediante una serie di tecniche psicofisiche, ma innanzitutto occorre localizzare i punti di fatica.  Per farlo occorre, acquisire una sensibilità del corpo non ordinaria. 

Per acquisire sensibilità intendo la capacità di percepire con precisione le variazioni di temperatura, di pressione ecc. di zone esterne e interne sempre più piccole. 
Diciamo che ad ogni zona del corpo corrisponde una zona del cervello. 
Se immaginiamo i neuroni come lampadine, acquisire la sensibilità significa accendere sempre più lampadine in una certa zona.
Come si fa? Ci sono vari metodi. Uno, il più semplice, è basato sulla mimesi e sulla ripetizione. 
Esempio: io non so che gli alluci possono muoversi separatamente dalle altre dita dei piedi. Non ho cioè la sensibilità degli alluci. Vedo un vecchio pescatore che intreccia le reti con le mani e i piedi e muove gli alluci più o meno come muove i pollici. 

Capisco/realizzo che è possibile quel genere di movimento e sento, nel vedere gli alluci del pescatore che intrecciano le reti, un riflesso, una risonanza nella zona dei piedi. 

 

Sarà una sensazione indistinta perché non avendo il ricordo dell'esperienza di muovere gli alluci, il mio sistema nervoso centrale manderà degli impulsi alla zona che più si avvicina agli alluci.
 




A questo punto comincia l'allenamento ovvero la ripetizione ritmica, spesso, di movimenti sempre più complessi atti a sviluppare la sensibilità dei ditoni e a separarne la percezione da quella delle altre dita e dei piedi.
 
Per esempio posso inspirare sollevando gli alluci e lasciando a terra le altre dita ed espirare rilassando e lasciando "sciogliere a terra" tutte le dita. La volta successiva inspirando solleverò le altre dita e lascerò a terra gli alluci ecc. ecc. 

Poi, magari proseguo alternando il movimento dell'alluce destro e sinistro (quando uno è in alto l'altro è in basso ecc.  Poi potrò legare il movimento degli alluci a quello dei pollici delle mani (per esempio inspirando alzo alluce destro e pollice sinistro ecc.). 

Proseguendo coordinerò il movimento di pollici e alluci allo spostamento in varie direzioni degli occhi, poi aggiungerò la testa e così via fino a compiere movimenti sempre più complessi.  Più è complesso l'esercizio maggiore sarà l'attenzione necessaria. Maggiore è l'attenzione maggiore sarà la sensibilità che sviluppo. 

Un altro metodo è al negativo. Per esempio mi metto davanti un'immagine, il più possibile dettagliata, del corpo umano. Posso cominciare dai muscoli o forse è più facile dalle ossa. Ma forse con una statua funziona meglio, è tridimensionale... 

La studio e ci medito su. Poi comincio a visualizzarla ad occhi chiusi. 

Ogni tanto li riapro e controllo la precisione dei dettagli. Quando riesco a visualizzare (nel senso di disegnare o scolpire nella mente) con una certa precisione il corpo umano passo ad analizzare il mio corpo facendo "aderire l'immagine visualizzata il più possibile al mio corpo fisico. Mi metto in una posizione comoda (in piedi, seduto, sdraiato sulla schiena o sdraiato su un fianco) e parto ad esempio dal piede sinistro per analizzare progressivamente tutto il corpo. 

Quando sento difficoltà a visualizzare/sentire/immaginare una determinata zona del corpo REALIZZO CHE LA' C'E' UN BLOCCO O UNA DESENSIBILIZZAZIONE. 

Il portare l'attenzione sulla zona che ci crea difficoltà può provocare disagio, nausea o uno stato di irritazione.
 
Ripetendo l'esercizio più e più volte cercherò di "sentire" in quale zona della schiena si trasmette o risuona il senso di disagio. Posso avvertire una leggera scarica elettrica, un dolore, un senso di pressione o di calore o di freddo. A quel punto intervengo con la manipolazione, ad esempio, o con la "suggestione".  Posso immaginare di respirare dalla zona insensibile o immaginare che si sciolga come cera al sole, o immaginare che la luce o l'energia universale o qualsiasi cosa colpisca il mio immaginario entri ed esca da quella zona del corpo, o ancora posso chiedere a qualcuno di appoggiarvi una mano e di coordinare la sua respirazione alla mia. 

Dopo un po' inspirando mi sembrerà che la mano dell'altro emani calore, energia o una specie di fluido. Visualizzando il passaggio del fluido dal suo corpo al mio farò scorrere in qualche modo, l'energia bloccata.  

Per meglio dire costringerò il sistema nervoso centrale a prendere coscienza dell'esistenza della zona che, per necessità o abitudine, ha ignorato per due, dieci venti anni. 

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