Passa ai contenuti principali

IL TERZO OCCHIO - LA VISIONE INTERIORE NEL TAOISMO E NELLO YOGA


 
Hairakhan Baba, in questa foto, non è sotto l'effetto di qualche droga psicotropa.
Il suo sguardo allucinato è frutto di una tecnica di meditazione, citata dalle Yoga Upaniṣad, che consiste nel volgere lo sguardo contemporaneamente all'esterno e all'interno di sé fino a visualizzare il cerchio della Luna Piena davanti al cakra della Fronte.

In pratica bisogna "guardarsi dentro", non in senso metaforica, ma fisicamente.
Concetto non facile da comprendere per gli occidentali.

Guardarsi dentro per noi significa osservare, giudicare, analizzare i pensieri, le emozioni, i desideri e tutto quello che consideriamo interiorità.

Così quando leggiamo nei testi cinesi o indiani, la descrizione, di dei, palazzi o città interiori, automaticamente pensiamo a simboli di processi psichici. a immagini di sogno, a allucinazioni o metafore. 

Si legge  ne "IL SEGRETO DEL FIORE D'ORO", traduzione di R. Wilhelm (pag. 118 dell'ed. Boringhieri):


"Non occorre far altro che far cadere la luce nell'udito[...]. 
Si tratta di del risplendere proprio della luce oculare. 
L'occhio guarda solo all'interno e non verso l'esterno.
Percepire un chiarore senza guardar fuori, 
questo è sguardo interiore".


"Il Segreto del Fiore d'Oro" è un libro di meditazione, indirizzato agli adepti di una setta taoista, ristampato in un migliaio di copie, negli anni '20 e finito chissà come nelle mani di Wilhelm, amico e collaboratore di Gustav Jung.




Si tratta di un libro sorprendente, per varie ragioni.
Prima di tutto l'autore, un tale Lu Tzu, non fa alcuna differenza tra buddhismo, taoismo, confucianesimo, Yoga, Qi gong nei dan... Secondo lui (e secondo me)si tratta della stessa zuppa, uguale uguale: cambiano solo i nomi degli ingredienti.

Poi dà un sacco di indicazioni pratiche sul come sedersi, dove posare lo sguardo (sulla gobbetta del naso, non sulla punta), quanto abbassare le palpebre se non si riesce a tenere gli occhi aperti (deve filtrare giusto un raggio di luce), e così via.

Indicazioni pratiche.

Riprendiamo la prima frase del trafiletto che ho citato:

"[...] L'occhio guarda solo all'interno e non verso l'esterno. 
Percepire un chiarore senza guardar fuori, questo è sguardo interiore" 

Non mi pare possano esserci dubbi: 
l'autore parla del guardarsi dentro fisicamente, mica nel senso dell'autoanalisi. 

Evidentemente, conosceva il modo di usare gli occhi per vedere cosa c'è nella testa.

Possibile che l'uomo abbia la possibilità di auto-radiografarsi?

Se così fosse le migliaia e migliaia di brillanti interpretazioni esoteriche e psicanalitiche dei simboli taoisti e tantrici rischierebbero di fare una brutta fine.

Il palazzo di giada, il terzo occhio, kuṇḍalinī non sarebbero simboli di stati mentali o frutto di alterazioni percettive, ma i nomi di organi del corpo e di processi fisici che si innescano attivando quegli organi.

Che gli indiani e i cinesi dei tempi andati non avessero nessun problema a sezionare corpi umani è un dato di fatto: è insensato supporre che conoscessero l'anatomia e le funzioni degli organi almeno quanto noi"moderni"?

Secondo me no.
Ho cercato le immagini del sistema nervoso centrale su Google e ho finto di immedesimarmi in un ricercatore di mille o duemila anni fa.

Provateci anche voi: nella forma di ghiandole ed organi si riconoscono animali marini, mostri, creature antropomorfe, stelle, pianeti e simboli religiosi.
Come se l'universo intero fosse dentro di noi.

Questo qua, ad esempio, è il cervelletto




Non sembra un animale marino o una specie di vagina cosmica?

E l'Ippocampo, sede della memoria,




Non sembra davvero un cavalluccio marino?


E l'Amigdala, dove nasce la paura, che in greco vuol dire mandorla,





Se vista nel suo luogo naturale, ai lati del talamo, non ha veramente un aspetto inquietante?

Il cervello poi sembra un feto umano



Queste sono le corde vocali:


Vi ricordano qualcosa?

Questo qua invece è lo schema delle arterie e del midollo spinale.


La mia professoressa di chimica organica negli anni '70 ce la menava sempre con la Filogenesi e l'Ontogenesi, cioè con il filo rosso che lega lo sviluppo dell'embrione all'evoluzione della specie: il feto che somiglia a un'ameba, un pesce, un serpente e via discorrendo.

Questa è una storia diversa: guardo dentro il corpo e ci vedo una comunità di creature viventi che lavorano insieme per dar forma e pensieri all'essere umano.

L'Universo è in noi, fisicamente, e lo yoga e le tecniche taoiste non sarebbero altro che la visione del mondo interiore.

Se vediamo che il nostro corpo come una comunità di esseri viventi che si muovono e lavorano per un fine comune, la vita, la maniera di intendere lo Yoga o il Qi Gong muta radicalmente.

Proviamo ad immaginare, per un attimo, che ci sia una città dentro di noi (un Universo è troppo complesso da visualizzare....), abitata da dieci o centomila persone.

Ogni individuo avrà una sua fisionomia, un ritmo corporeo, dei pregi e dei difetti caratteriali,ma ci saranno degli eventi che annullano le differenze: una musica festosa, il vento di primavera, il tramonto o l'uragano, che spaventa, ma unisce.

I mantra, le posizioni, le mudra potrebbero essere per gli abitanti della città-corpo gli eventi che rinsaldano la comunità, spingendoli a vivere in ARMONIA.
Potrebbero essere il linguaggio antico del corpo, scoperto chissà come e dimenticato chissà perché.

Pensare che i cinesi e gli indiani rovesciando gli occhi vedessero il Cervelletto o l'Amigdala sicuramente fa un po' impressione.
E pure l'idea di avere serpenti, pesci, e altre stranezze che si muovono di loro iniziativa dentro il corpo non è che sia proprio il massimo.
Ma credo sarebbe interessante meditarci su.....

Un sorriso,
P.

Commenti

  1. Bravissimo.....!! Oggi mi hai fatto un bellissimo regalo.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

IL TIZZONE ARDENTE

Mandukyakarika, alatasànti prakarana  45-50, 82 ; traduzione di  Raphael : "E' la coscienza - senza nascita, senza moto e non grossolana e allo stesso modo tranquilla e non duale - che sembra muoversi ed avere qualità Così la mente/coscienza è non nata e le anime sono altre-sì senza nascita. Coloro i quali conoscono ciò non cadono nell'errore/sofferenza. Come il movimento di un tizzone ardente sembra avere una linea dritta o curva così il movimento della coscienza appare essere il conoscitore e il conosciuto. Come il tizzone ardente quando non è in moto diviene libero dalle apparenze e dalla nascita, cosi la coscienza quando non è in movimento rimane libera dalle apparenze e dalla nascita. Quando il tizzone ardente è in moto , le apparenze non gli provengono da nessuna parte. Né esse vanno in altro luogo quando il tizzone ardente è fermo, né ad esso ritornano. Le apparenze non provengono dal tizzone ardente a causa della loro mancanza di sostanzialità. Anche nei confronti

IL FIGLIO DI YOGANANDA E L'INDIGESTIONE DI BUDDHA

YOGANANDA Quando nel 1996, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno Lorna Erskine, si abbandonò al sonno della morte, Ben, il figlio, decise di rivelare al mondo il suo segreto i: Yogananda, il casto e puro guru, era suo padre. Ne uscì fuori una terribile, e molto poco yogica, battaglia legale a colpi di foto, rivelazioni pruriginose ed esami del DNA tra la Self Realization Fellowship,la potente associazione fondata dal maestro, e gli eredi di Lorna (che chiedevano un sacco di soldi...). Ad un certo punto vennero fuori altri tre o quattro figli di discepole americane, tutti bisogna dire assai somiglianti al Guru, . E venne fuori una storia, confermata da alcuni fuoriusciti dalla Self Realization Fellowship (e quindi... interessati) riguardante un gruppo di "sorelle dell'amore" giovani discepole che avrebbero diviso con Yogananda il terzo piano del primo centro californiano della S:R:F. Certo, per tornare a Lorna, che se una donna americana bianca e b

LA FILOSOFIA DELL'ONDA

  L'eleganza dello stato naturale, il  Sahaja , è la lenta spirale, verso terra, di una foglia stanca del ramo. I danzatori parlano di “presenza”. Quando c'è “presenza”, ogni gesto diventa facile. Quando “non c'è”, quando la mente non si discioglie nel corpo, si sente un che di artefatto, di meccanico, come se mancasse l'impulso vitale. Il “vero danzare” è arrendersi alla legge naturale, lo sanno bene, in Oriente. Sorridono i pescatori di  Hokusai,  trascinati dalla grande onda, più alta del monte  Fuji . Se remassero contro corrente, l'oceano spezzerebbe insieme la barca e l'illusione dell'agire. Se, per la fretta del coraggio o l'esitazione della paura, si lasciassero andare alla forza dell'onda nel momento sbagliato, si schianterebbero, di certo, sulla scogliera. Il loro gesto è perfetto. Danzano insieme al mare: giusta intensità, giusto ritmo, giusta direzione. L'onda esce dalle acque come un drago innamorato dell'alba. Si ferma, un istan