Per
la filosofia indiana il tempo è diviso in quattro periodi chiamati yuga:
1.
Il Kṛtayuga,
della durata di 1.728.000 anni;
2.
Il Tretāyuga,
della durata di 1.296.000 anni;
3.
Il Dvāparayuga
della durata di 864.000 anni;
4.
Il Kaliyuga
della durata di 432.000 anni;
In
ogni periodo successivo al Kṛtayuga l’uomo vivrebbe in una condizione peggiore,
allontanandosi progressivamente dalla legge divina, rappresentata da un bovino
- chiamato dharma - che perde via via l’appoggio di una delle quattro zampe
(quattro zampe poggiate a terra nel primo yuga, tre nel secondo, due nel terzo
e solo una nel quarto). Il ciclo temporale sarebbe quindi caratterizzato da un
progressivo deterioramento della condizione umana – sia fisica che spirituale
- così che potremmo definire i vari yuga
“età dell’Oro” dell’umanità, età dell’Argento”, “età del Bronzo” ed “età del
Ferro”
Attualmente
vivremmo nel quarto periodo o Kali yuga, che sarebbe cominciato il giorno della
morte di Kṛṣṇa,
il 18 febbraio del 3102 e terminerà nel 428.899 d.C. con l’avvento di Kalki,
ultima incarnazione di Viṣṇu,
che in sella ad un bianco destriero distruggerà “l’impero del male”- ovvero la
nostra civiltà - con la sua spada fiammeggiante.
La
suddivisione del tempo nei quattro yuga, il numero degli anni di cui sono
composti e le notizie riguardanti Kṛṣṇa
e Kalki in genere provengono da particolari interpretazioni di testi
medioevali, come il Bhāgavata Purāṇa, composto, nella forma attualmente
conosciuta, al più tardi nel X secolo d.C., e il Viṣṇu Purāṇa – risalente
al IV secolo d.C., e da molti vengono considerate come realtà storica.
Per
ciò che ci riguarda non abbiamo intenzione né di entrare nell'ambito della fede
e della religione, né di parlare delle evidenze storiche e archeologiche, ma
vorremmo aggiungere dei dettagli, alle teorie sugli yuga che si leggono sui
libri di yoga, e cercare di chiarire alcuni lati che talvolta appaiono oscuri.
Innanzitutto
è bene sapere che la parola “कलि kali” che contraddistingue la nostra era non è riferita alla dea काली kālī, ma
significa “boccio”, “germoglio” ed è usata per indicare il numero “1” o
comunque il più basso punteggio ottenibile nel gioco dei dadi:
-
Kṛta è il punteggio più alto raggiungibile;
-
Tretā il secondo;
-
Dvāpa il terzo;
-
Kali – appunto – il più basso.
Un’altra cosa
importante da sapere è che il numero degli anni che compongono i quattro yuga
hanno dei significati simbolici.
In un brano
dello Śukla Yajurveda
- Śatapatha Brāhmaṇa (X.4.2.23) – si dice che il ṛgveda è composto da 12.000
“bṛhatī” – versi di 36 sillabe - corrispondenti a 10.800 – versi di “4x10”
sillabe.
Il che
significa che in tutto il ṛgveda ci sono:
12.000x36=432.000
sillabe
Oppure:
10.800x40=432.000
sillabe.
432.000
è esattamente la durata in anni umani del kali yuga; possibile che sia un caso,
o un segno divino, ma potrebbe essere anche il segno di una serie di
corrispondenze matematiche non trovate, ma costruite o suggerite dai saggi per
mostrare corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo, mondo degli uomini e mondo
degli dei.
Tornando
ai cicli del tempo, se teniamo conto che युग yuga
nell'astrologia indiana indica simbolicamente sia il numero 4 sia il numero 12
e che, come abbiamo visto kali indica il numero 1 o comunque il numero più
basso ottenibile nel gioco dei dadi, ecco che forse potrebbe farsi spazio una
diversa interpretazione della teoria degli yuga.
Ciò
che diremo adesso, per alcuni potrà sembrare cervellotico ma bisogna tener
conto che gli indiani hanno sempre avuto una grande passione per la matematica
e per i numeri.
Come
abbiamo visto il kali yuga, l’era in cui viviamo, è composto da 432.000 anni
umani.
Se
moltiplichiamo 432.000 x 2 avremo 864.000 ovvero il numero degli anni del Dvāpa
yuga.
Moltiplicando
invece kali (unità di base) per 3 e per 4 otterremo il numero degli anni del Tretā
yuga e del Kṛta yuga:
432.000x3=1.296.000
432.000x4=1.728.000
Se poi
sommiamo tutte e quattro le cifre otteniamo la durata di un ciclo cosmico, o Mahāyuga:
432.000+864.000+1.296.000+1.728.000=4.320.000
anni.
Proviamo
adesso ad addizionare tra loro i numeri che compongono ciascuna cifra, fino ad
ottenere un numero compreso tra 1 e 10:
4+3+2=9;
8+6+4=18;
1+8=9
1+2+9+6=18;
1+8=9
1+7+2+8=18;
1+8=9.
Ad
essere sinceri più che una rappresentazione realistica del cosmo sembra un
gioco matematico sulle proprietà del numero 9[1].
Tra
l’altro ognuno dei quattro yuga è diviso a sua volta in tre fasi, che potremmo
definire “alba”, “giorno” e “tramonto”.
1.
Kṛtayuga,
della durata di 1.728.000 anni così suddivisi:
- 144.000 anni di alba;
- 1.440.000 anni di giorno;
- 144.000 anni di tramonto.
2.
Il Tretāyuga,
della durata di 1.296.000 anni;
- 108.000 anni di alba;
- 1.080.000 anni di giorno;
- 108.000 anni di tramonto.
3.
Dvāparayuga
della durata di 864.000 anni:
- 72.000 anni di alba;
- 720.000 anni di giorno;
- 72.000 anni di tramonto.
4.
Kaliyuga
della durata di 432.000 anni:
- 36.000 anni di alba;
- 360.000 anni di giorno;
- 36.000 anni di tramonto.
Inutile
dire che anche questa ulteriore suddivisione sembra fatta appositamente per continuare
a giocare con il numero 9 ed i suoi multipli: il totale delle albe ad esempio assomma
a 360.000 anni, come quello dei tramonti mentre il totale dei giorni è
3.600.000.
L’idea
è che si sia voluta creare una “architettura” del tempo perfettamente
simmetrica, basata sulle interessanti proprietà di alcuni numeri come 9, 12, 108
e 360.
Il
cielo degli indiani, come quello dei greci, è una sfera perfetta, sulla quale è
disegnata l’eclittica, un cerchio di diametro pari alla distanza media tra
terra e sole che rappresenta il percorso apparente del sole. A cavallo dell’Eclittica
sono sistemate le 12 costellazioni zodiacali, identiche alle nostre le 27 case
lunari, i nakṣatra.
L’eclittica
ha, ovviamente 360°, uno per ogni giorno dell’anno umano.
Cercare
di ricostruire i calcoli fatti dai saggi indiani per costruire la loro perfetta
cosmogonia, non è affatto difficile:
360x12x100=432.000
360x12x200=864.000
360x12x300=1.296.000
360x12x400=1.728.000
360x12x1000=4.320.000.
Le
straordinarie coincidenze numeriche potrebbero continuare:
un ciclo cosmico ad
esempio è formato da 4.320.000 anni umani, ovvero 12.000 anni divini essendo un
anno degli uomini equivalente ad un giorno degli dei, per cui
4.320.000/360=12.000.
L’insieme
di 71 cicli cosmici (ogni ciclo cosmico è composto dai quattro yuga) forma un
“manvantara” o “età di Manu”.
Il
Manvantara corrisponde quindi a 71x12.000=852.000 anni divini ovvero a
852.000x360=306.720.000 anni umani.
14
manvantara formano un kalpa che quindi avrà una durata di circa 12.000.000 di
anni divini (852.000x14=11.928.000 anni divini) ovvero circa 4.320.000.000 anni
umani (in realtà 4.294.080.000 anni umani).
2
kalpa formano un giorno ed una notte di Brahma pari quindi a circa 24.000.000
di anni divini e circa 8.420.000.000 di anni umani.
Questa
organizzazione del tempo cosmico, opinione personale, evidente creazione di una mente umana, potrebbe essere una ritualizzazione (kalpa
significa “idea”, “rito”) ad uso dei brahmini, una ritualizzazione tesa a
mettere in relazione, forse, la recitazione dei quattro veda con gli yuga e i
quattro stati di coscienza dell’uomo (veglia, sogno, sonno profondo e “quarto
stato”) che non sappiamo quanto possa essere messa in relazione con le odierne
concezioni astronomiche.
Tra
il XIX e il XX secolo gli astronomi indiani, nel tentativo di dare
scientificità alle concezioni astronomiche tradizionali cercarono di correre ai
ripari.
Yuketswara
Giri, il maestro di Yogananda formulò l’ipotesi che i calcoli fossero stati
sbagliati volutamente dall’astrologo Aryabhatta e ritenendo improbabile che Kṛṣṇa
fosse vissuto e morto nel 3.000 a.C. posticipò di quasi 2.500 anni la sua data
di morte (che inizialmente si riteneva avvenuta il 18 febbraio del 3102) e
quindi l’inizio del Kali Yuga.
Scriveva Yuketswara giri (“The Holy Science” 1894):
"Gli almanacchi indù non indicano correttamente che oggi [1894
d.C.] il mondo si trova nell'era del Dvāpara Sandhi. Gli astronomi e gli
astrologi che compilano gli almanacchi, essendo stati fuorviati dalle
annotazioni errate di alcuni studiosi di sanscrito (ad esempio Kulluka Bhatta)
vissuti nell'oscura età del Kali Yuga, sostengono che la durata di tale yuga
sia di 432.000 anni, che fino ad oggi (1894 d.C.) siano trascorsi soltanto
4.994 anni dal suo inizio e che ne debbano passare ancora 427.006. Una cupa
prospettiva, fortunatamente inesatta! [...] L'errore degli almanacchi venne
individuato da alcuni esperti dell'epoca, i quali scoprirono che i calcoli
degli antichi Rishi avevano fissato la durata di un Kali Yuga in soli 1.200
anni. Ma poiché il loro “intelletto non era ancora sufficientemente evoluto,
essi riuscirono soltanto ad individuare l'errore, ma non le cause che lo
avevano determinato. Per risolvere il problema partirono dall'ipotesi che i
1.200 anni della durata effettiva del Kali Yuga non corrispondessero ai normali
anni della nostra terra, ma andassero intesi come altrettanti anni divini
(daiva, ovvero "anni degli Dèi"), suddivisi in 12 mesi daiva,
ciascuno di 30 giorni daiva; un giorno daiva corrispondeva quindi a un normale
anno solare della nostra Terra. Pertanto, secondo il parere di quegli esperti,
i 1.200 anni del Kali Yuga equivalevano quindi a 432.000 anni terrestri.”
Yuketswara
riteneva che la durata effettiva degli yuga fosse quella rappresentata dagli
anni degli dei e abbozzò una struttura temporale ispirata al cosiddetto “Anno
Platonico” occidentale.
Per
Yuketsvara il kali yuga era cominciato nel VI secolo a.C (periodo in cui
riteneva possibile fossero avvenuti gli eventi narrati nel mahābhārata) e si sarebbe conclusa dopo 1.200 anni, tra il VI e il VII secolo d.C.
In
quel periodo sarebbe cominciato un Kali Yuga ascendente sempre della durata di
1.200 anni che avrebbe avuto termine più o meno all'epoca del cosiddetto
“Rinascimento bengalese” (XIX secolo).
Adesso
saremmo, per Yuketsvara nell'età del bronzo “ascendente” che continuerà per
altri due millenni prima di lasciare il passo all'età dell’argento ascendente
(3.600 anni) e infine all'età dell’Oro ascendente (4.800 anni) alla quale
seguiranno una nuova età dell’oro (stavolta discendente) una nuova età
dell’argento ecc.fino a costituire un ciclo cosmico di 24.000 anni.
Le
teorie di Yuketsvara nascevano, come si è detto, dal tentativo di mettere
d’accordo l’astrologia tradizionale indiane con il concetto occidentale di
“Anno Platonico”.
L’Anno
Platonico o “Anno Perfetto” è l’effetto della “precessione degli equinozi”, un
fenomeno intuito da Platone e misurato per la prima volta da Ipparco di Nicea
nel II secolo a.C.
L’equinozio
di primavera è il momento in cui il sole sorge esattamente dall'Est celeste, ed
è facilmente riconoscibile in quanto il giorno e la notte hanno una identica
durata ed Ipparco per primo chiamò “Ariete” l’insieme di stelle nel cui campo il
sole “dava l’impressione” sorgere il primo giorno di Primavera.
Il
gruppo di stelle che chiamiamo “Costellazione dell’Ariete” ad ogni equinozio di
primavera sembra abbassarsi sempre di più verso l’orizzonte.
Si
tratta dello spostamento dei poli celesti rispetto all'eclittica sulla quale si
immagina che giacciano le costellazioni, in ragione di 1° ogni 70-72 o a volte
73 anni.
La
precessione degli equinozi porta ad uno slittamento apparente, in senso orario,
della posizione delle cosiddette stelle fisse per cui, ad esempio, il polo nord
celeste, indicato oggi dalla stella Polare (Polaris), tra più o meno 13.000
sarà indicato dalla stella Vega. e tra circa 25.900 anni tornerà ad essere
indicato dalla stella Polare.
Per
dare un’idea se al tempo di Cristo il sole all'alba del primo giorno di
primavera sembrava sorgere nella costellazione dell’Ariete, al giorno d’oggi
sorge nella costellazione dei Pesci, così come 4.000 anni fa sorgeva nel segno
del toro, 6.000 anni fa in quello dei Gemelli ecc. ecc.
La
modificazione apparente della posizione del Sole il primo giorno di primavera
in occidente dà luogo alle 12“Ere” - come l’era dell’Acquario – una per ogni
segno zodiacale.
Visto
che le stelle si spostano – sempre apparentemente – di un grado ogni 70-72 anni,
approssimando si dice che ogni era ha la durata di 72 anni per 30°= 1.260 anni
per cui dopo 12x1.260=25.920 anni le stelle occuperebbero, dal punto di vista dell’osservatore
terrestre, la stessa posizione.
I
dati non sono precisi, l’Anno Perfetto può giungere dopo 25.700 o 25.800 o
26.000 anni, ma si tratta di un fenomeno così affascinante da aver dato luogo a
varie credenze come la new Age (che sarebbe l’età dell’Acquario, cominciata
secondo i massoni, se non sbaglio nel febbraio 1950).
Yuketswara
adattò la teoria degli yuga al fenomeno della precessione degli equinozi
creando un “Ciclo” di 24.000 anni.
Tenendo
conto che nei suoi scritti prendeva come riferimento, probabilmente il
calendario indiano che vede l’anno 0 nel 72 d.C. avremo questa organizzazione
temporale in 24.000 anni:
- Età dell’Oro discendente – 4.800 anni dall’8400 a.C. al 3600 a.C.
- Età dell’Argento discendente – 3.600 anni - dal 6600 a.C. al 3000 a.C.
- Età del Bronzo discendente – 2.400 anni – dal 3000 a.C. al 600
a.C.
- Età del ferro discendente - 1.200 anni – dal 600 a.C al 600 d.C.
- Età del Ferro discendente - 1.200 anni - dal 600 al 1200 era cristiana.
- Età del Ferro discendente - 1.200 anni - dal 600 al 1200 era cristiana.
- Età del Bronzo ascendente – 2.400 anni – dal 1200 d.C. al 3600 d.C.
- Età dell’Argento ascendente – 3.600 anni – dal 3600 d.C. al 8200
d.C.
- Età dell’Oro ascendente – 4.800 anni – dal 8200 d.C. al 13000 d.C.
Il
punto più alto della civiltà umana secondo Yukeswara si sarebbe raggiunto tra
il 12.000 e l’11.000 a.C. Nel 600 d.C., epoca in cui sarebbe morto Kṛṣṇa,
ci sarebbe l’inizio di un nuovo ciclo storico che dovrebbe portarci ad una
nuova età dell’Oro.
Sui
rapporti di questa teoria con i dati scientifici sarebbe molto da dire:
Nel
1894 il fenomeno della precessione degli equinozi era un fatto acclarato e l’idea
di cicli temporali di 24.000 anni (o di 15.000 come avevano azzardato i greci
ai tempi di Platone) non ha nessun genere di fondamento. L’anno solare poi, non
dura 360 giorni come stabilità dagli antichi astrologi indiani, ma una media di
365,256363051 giorni per cui “la spaventevole simmetria” dei cicli cosmici
indiani è tale solo sulla carta.
Probabilmente
la teoria degli Yuga riguarda la realtà dei riti e dei sacrifici, e nel rito si
crea non un immagine realistica dell’universo, ma una sua rappre-sentazione
artistica.
Che
tale rappresentazione artistica possa avere degli effetti sulla psiche e possa
portare, nella particolari condizioni in cui si svolge il rito, il praticante a
stati più elevati o comunque diversi di coscienza è possibile, o addirittura
probabile, ma crediamo, opinione personale, che non si debbano prendere i dati di
Yuketswara per realtà storica e scientifica.
[1] Ogni
numero superiore a 1 moltiplicato per 9 dà come risultato un numero a più cifre
addizionando le quali si finisce per avere come risultato 9. Esempio:
432x9=3.888; 3+8+8+8=27; 2+7=9.
stabilità dagli antichi astrologi indiani?
RispondiEliminaQuando sei molto teso, e tutto ti si rivolta contro, e sembra che tu non abbia la forza di sopportare un solo minuto di più... cerca il sostegno di te stesso dai film https://altadefinizionenuovo.co e da altre fonti...
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