La pratica delle sequenze (Vinyāsa)
ha degli evidenti effetti positivi sia sul corpo che sulla psiche che dipendono sia dall’ordine delle
posizioni, sia dalla maniera di assumere ogni posizione, sia dalla corretta
respirazione.
Alcuni praticanti dopo la pratica percepiscono
una estrema leggerezza corpo, con la, pelle percorsa da una corrente sottile -
come se milioni di bollicine di Champagne uscissero dai pori della pelle –
altri parlano di una “stabilità tranquilla”, altri ancora accennano anche ad
una trasformazione dell'approccio con la quotidianità e dell’insorgere di
ricordi positivi – spesso rimossi - legati ad esperienze dell’infanzia o della
prima giovinezza.
Se dopo la pratica non si avvertono delle modificazioni – in positivo –
della condizione psicofisica o, addirittura, si prova un senso di
affaticamento, significa che si sono fatti degli errori, che dovremo
riconoscere e, ovviamente correggere.
Analizziamo alcuni degli errori più comuni:
1. La sequenza non è corretta, ovvero non c’è armonia nell’alternarsi di
posizioni e movimenti di passaggio. In altre parole la sequenza non rispetta la
logica del movimento naturale.
2.
Non abbiamo rispettato il nostro ritmo respiratorio.
3.
Non siamo entrati nella condizione di “Flow”, intesa come realizzazione di quello
“stato di concentrazione e di completo assorbimento” che caratterizza la
vera pratica dello yoga.
4.
Non abbiamo praticato correttamente i bandha e le visualizzazioni
durante le posizioni fondamentali della sequenza (āsana sthiti –vedi lezione precedente)
Nei paragrafi seguenti daremo alcune “istruzioni per l’uso” che riguardano
le modalità di esecuzione delle sequenze e i principi fondamentali del lavoro
sul corpo.
MODALITÀ DI ESECUZIONE
-
Bisogna prenderci il tempo giusto sia per “entrare” in ogni āsana che
per “uscirne”, rimanendo nella posizione abbastanza a lungo da poterne
valutarne gli effetti, senza
affaticarsi o al contrario entrare in uno stato simile alla sonnolenza.
-
Bisogna eseguire i movimenti di
passaggio con estrema dolcezza, accompagnando sia questi che le posture, con la respirazione sottile e le
visualizzazioni proposte dalle scuole di Shivananda (vedi “Kundalini yoga” di Swami
Sivananda Radha, Motilal
Banarsidass Publishe, 1999, o “Asana Pranayama Mudra Bandha” di Swami Satyananda Saraswati – Yoga Publications
Trust, 1996).
VISUALIZZAZIONI
Le visualizzazioni – comuni sia alla tradizione cinese
sia alla tradizione indiana- consistono nell’immaginare, ad esempio, che l’aria
sia un fluido denso come il mercurio e si muova nelle gambe o nella colonna
vertebrale, o che ci sia una divinità, con tanto di cavalcatura, scudo e
lancia, nell’orecchio sinistro. Si tratta di tecniche che hanno a che vedere
con il concetto di Yi - in cinese
(pensiero creativo) e con la pratica di nyāsa
- in sanscrito (“dipingere”, “disegnare”) - che dimostrano come il corpo e le
emozioni siano strettamente connessi ai nostri contenuti mentali.
Nelle nostre lezioni, per
“attivare” il pensiero creativo, suggeriamo spesso di “respirare” con i piedi,
con le gambe, con le braccia ecc.
Ovviamente, nonostante una certa porzione di aria penetri
nel corpo attraverso la pelle, non si può respirare realmente con i piedi o con
le mani;
Si tratta di visualizzare l'energia come un fluido e,
immaginando di poterla muovere a piacimento con la nostra mente, indirizzarla
in un punto particolare del corpo. Per esempio, inspirando dal punto centrale
della pianta dei piedi “conduco l’energia” all’osso sacro, ed espirando,
dall’osso sacro la porto al punto in mezzo alla fronte.
Un esercizio del genere - che
ha una qualche relazione con ciò che viene definito “circolazione energetica
sottile” - serve soprattutto per esperire ossa, muscoli e organi interni
facendo uso del respiro come strumento di indagine, e, presuppone una
conoscenza non superficiale dell’anatomia e della fisiologia.
CATENE MUSCOLARI
Nella nostra scuola facciamo
riferimento alle catene muscolari – o meridiani miofasciali - secondo la
classificazione di Myers (vedi Thomas W. Myers “Anatomy Trains – Myofascial Meridians for Manual & Movement
Therapists”– edizioni Churchill Livingstone) che descriveremo brevemente.
La forza e la salute del corpo, e
quindi lo stato di benessere, dipendono dall'elasticità muscolare - ovvero alla
capacità del muscolo di estendersi e di rilassarsi - e l'elasticità di un muscolo dipende dal
rapporto con gli altri elementi di una "catena muscolare".
Ci sono sette tipi di catene
muscolari, o “meridiani miofasciali”:
1. “Posteriore” (la catena più
lunga del corpo, che collega i muscoli delle dita dei piedi ai muscoli della
fronte passando per i muscoli posteriori delle gambe e i muscoli della schiena,
da cui dipendono la postura e lo spostamento sull’asse sagittale,
avanti-dietro),
2. “Anteriore superficiale” (che
bilancia la catena posteriore ed ha la funzione di proteggere gli organi
addominali),
3. “Anteriore profonda” (che
svolge un ruolo prioritario nel movimento in genere),
4. “Laterale” (che riguarda gli
spostamenti laterali),
5. “A spirale” (che influenza
tutti i movimenti ed ha un ruolo primario nelle torsioni),
6. “Del braccio” (che collega i
muscoli della mano a quelli del cinto scapolare e ai pettorali),
7. “Indotta” o “funzionale” (che viene creata dall’apprendimento
di movimenti complessi, tra virgolette “non naturali”, come quelli della danza
e dello sport).
Si può prendere coscienza delle due
catene muscolari fondamentali per la postura (posteriore e anteriore
superficiale) con un esercizio abbastanza semplice:
-
Seduti con le gambe allungate in "parallelo" la schiena dritta e
le mani appoggiate a terra;
- Espirando si allungano in avanti le dita dei piedi e ci si concentra sulla
sensazione di "accorciamento" o "contrazione" (le
sensazioni sono soggettive) del polpaccio e di "allungamento" o
“distensione" del quadricipite femorale;
- Inspirando si portano le dita verso di noi e si stendono i talloni in
avanti concentrandosi, viceversa, sull'allungamento o distensione dei polpacci
e sull'accorciamento o contrazione dei quadricipiti;
- Quando la differenza è chiara si muove alternativamente il mento verso il
petto (espirando e stendendo le punte piedi) e in alto (inspirando e mettendo i
piedi “a martello”) e si verifica il riflesso che le due posizioni hanno sui
muscoli, addominali, sacro-lombari, della nuca, del collo, del volto.
CONTARE LA RESPIRAZIONI
Spesso nei manuali di Yoga troviamo delle indicazioni sui
tempi ottimali di mantenimento di una postura, tipo “resta in questa posizione
per 20 secondi,”, “mantienila per un minuto” ecc.
Sono indicazioni corrette in genere, ma secondo noi la
cosa migliore è adeguare sempre la pratica alle proprie caratteristiche
anatomiche e al proprio stato psicofisico.
Il nostro corpo, se lo si sa ascoltare, è il miglior
maestro.
Per ciò che riguarda i tempi di mantenimento di una
posizione suggeriamo di contare i cicli respiratori (senza forzare mai né la
fase di inspirazione, né la fase di espirazione né le fasi di apnea), da un minimo
di 3 ad un massimo di 108 (3, 9, 18…108 cicli respiratori).
Contare le respirazioni, oltre ad essere una tecnica di
meditazione assai efficace, ha lo scopo pratico di misurare e stabilire la
durata delle varie fasi della nostra pratica personale adeguandole al nostro
ritmo biologico.
Ci sono in linea di massima due metodi che possono essere
utilizzati sia durante la pratica seduta (concentrazione e meditazione) sia
durante la pratica delle sequenze. Per imparare consigliamo di iniziare dalla
pratica seduta:
1.
Contare i
cicli respiratori.
-
Seduti a gambe
incrociate o sui talloni espiriamo fino a svuotare completamente i polmoni.
Quando avvertiamo il bisogno di aria contiamo mentalmente UNO e
inspirando portiamo l'energia – visualizzata in forma di un fluido denso come
il mercurio del termometro - dal punto in mezzo alla fronte all’ombelico e
“ascoltiamo” il ventre riempirsi dolcemente.
-
Espirando portiamo
l’energia al sacro, facendola passare per i genitali, il perineo e
l’ano, e “ascoltiamo” il ventre che si svuota progressivamente.
-
Dopo la fase di
apnea naturale contiamo mentalmente DUE e inspirando portiamo l’energia
al centro delle scapole “ascoltando” la schiena ed il torace che si riempiono
dolcemente di aria.
-
Espirando ed abbassando
dolcemente il mento portiamo l’energia al punto in mezzo alla fronte facendola
passare per il collo, la nuca e la sommità del cranio.
-
Dopo la fase di
apnea naturale contiamo mentalmente TRE e conduciamo di nuovo l’energia
all’ombelico.
2.
Contare la
durata delle fasi respiratorie.
Il secondo metodo consiste nel contare mentalmente sia i
cicli respiratori sia la durata di ogni fase:
il primo numero della serie indica il ciclo e gli altri
la durata della fase, per esempio:
-
Inspirando
contiamo mentalmente 1, 2, 3, 4… e
conduciamo l’energia l’ombelico;
-
Espirando
ripetiamo 1, 2, 3, 4… e conduciamo
l’energia al sacro;
-
Inspirando
contiamo 2, 2, 3, 4… e conduciamo
l’energia al centro delle scapole;
- Espirando
ripetiamo 2, 2, 3, 4… e conduciamo
l’energia in mezzo alla fronte e così via (3,
2, 3, 4…3, 2, 3, 4…/4, 2, 3, 4…4, 2, 3, 4… ecc.);
Dopo aver preso confidenza con l’esercizio potremo
sostituire ai numeri la sillaba Oṃ:
-
Inspirando
contiamo mentalmente 1, recitiamo mentalmente quattro volte – per fare
un esempio la sillaba Oṃ (Oṃ, Oṃ, Oṃ, Oṃ) e conduciamo l’energia all’ombelico;
-
Espirando
ripetiamo 1, recitiamo mentalmente quattro volte la sillaba Oṃ (Oṃ, Oṃ,
Oṃ, Oṃ) e conduciamo l’energia al sacro;
-
Inspirando
contiamo mentalmente 2, recitiamo mentalmente quattro volte – la sillaba Oṃ
(Oṃ, Oṃ, Oṃ, Oṃ) e conduciamo l’energia al centro delle scapole;
-
Espirando
ripetiamo 2, recitiamo mentalmente quattro volte la sillaba Oṃ (Oṃ, Oṃ,
Oṃ, Oṃ) e conduciamo l’energia in mezzo alla fronte ecc. ecc.
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