Molti dei testi filosofici indiani,
che siamo abituati a ritenere antichi o antichissimi, sono in realtà di epoca
relativamente moderna.
Alcuni di essi sono stati scritti
addirittura da occidentali, come il “Thembavani”, libro
sacro in lingua Tamil scritto dall'italiano Costanzo Breschi nel XVIII secolo.
Altri sono
stati falsificati con tale abilità da renderli indistinguibili dagli originali.
Un esempio di
questa – molto probabile - manipolazione è il Bhaviṣya Purāṇa, uno dei
diciotto “Purāṇa” maggiori.
Il Bhaviṣya
Purāṇa, viene attribuito a Vyāsa, il mitico autore del Mahābhārata, e contiene una sezione dedicata alle “profezie” detta “Pratisargaparvan”, in cui sono descritti eventi come l’invasione, islamica, la nascita
della religione Sikh, la dominazione britannica e, appunto, la comparsa di
Cristo in India[1].
La lettura
delle “Profezie di Vyāsa” - risalenti secondo gli studiosi del primo '900 almeno a 1.000, 1.500 anni prima di Cristo - lascia a bocca aperta:
Ad un certo punto si racconta di un certo re Salivahana e del suo incontro con un
asceta vestito di bianco che dichiara di essere “Isha Masiha”,
Gesù il Messia.
Bhaviṣya Purāṇa,
Pratisargaparvan XIX, 17-32[2][N.d.A.
per la traduzione in italiano vedi nota [3] a piè di pagina]:
“Ruling over
the Aryans was a king called Salivahana, the grandson of Vikramaditya, who
occupied the throne of his father. He defeated the Shakas who were very
difficult to subdue, the Cinas, the people from Tittiri and Bahikaus who could
assume any form at will. He also defeated the people from Rome and the
descendants of Khuru, who were deceitful and wicked. He punished them severely
and took their wealth. Salivahana thus established the boundaries dividing the
separate countries of the Mlecchas and the Aryans. In this way Sindusthan came
to be known as the greatest country. That personality appointed the abode of
the Mlecchas beyond the Sindhu River and to the west.”
“Once upon a
time the subduer of the Sakas went towards Himatunga and in the middle of the
Huna country (Hunadesh – the area near Manasa Sarovara or Kailash mountain in
Western Tibet), the powerful king saw an auspicious man who was living on a
mountain. The man’s complexion was golden and his clothes were white.”
“The king
asked, ‘Who are you sir?’ ‘You should know that I am Isha Putra, the Son of
God’. he replied blissfully, and ‘am born of a virgin.”
” ‘I am the
expounder of the religion of the Mlecchas and I strictly adhere to the Absolute
Truth.’ Hearing this the king enquired, ‘What are religious principles
according to you opinion?’
“Hearing this
questions of Salivahara, Isha putra said, ‘O king, when the destruction of the
truth occurred, I, Masiha the prophet, came to this country of degraded people
where there are no rules and regulations. Finding that fearful irreligious
condition of the barbarians spreading from Mleccha-Desha, I have taken to
prophethood’.”
“Please hear
Oh king which religious principles I have established among the mlecchas. The
living entity is subject to good and bad contaminations. The mind should be
purified by taking recourse of proper conduct and performance of japa. By
chanting the holy names one attains the highest purity. Just as the immovable
sun attracts, from all directions, the elements of all living beings, the Lord
of the solar region, who is fixed and all-attractive, attracts the hearts of
all living creatures. Thus by following rules, speaking truthful words, by
mental harmony and by meditation, Oh descendant of Manu, one should worship
that immovable Lord’.”
“Having
placed the eternally pure and auspicious form of the Supreme Lord in my heart,
O protector of the earth planet, I preached these principles through the
Mlecchas’ own faith and thus my name became ‘isha-masiha’ (Jesus the Messiah).”
“After
hearing these words and paying obeisances to that person who is worshipped by
the wicked, the king humbly requested him to stay there in the dreadful land of
Mlecchas.”
“King
Salivahara, after leaving his kingdom performed an asvamedha yajna and after ruling
for sixty years, went to heaven[…].”[3]
Si tratta di
un testo incredibile che testimonia la presenza di Gesù sull’Himalaya in un’
epoca successiva alle invasioni islamiche, quindi non prima dell’VIII secolo
della nostra era [ovvero circa 700 anni dopo la crocifissione!].
Citato ancora oggi in ambiti sia hindu sia cristiani come esempio
della sostanziale identità tra cristianesimo e sapere vedico, il Bhaviṣya Purāṇa,ha dato vita ad
una serie di leggende come quella della fuga in Kashmir di Gesù e della Madonna dopo la
“falsa” crocifissione, o quella dell’identificazione dell’immortale Babaji -
reso famoso da Yogananda - con Cristo.
Peccato che il Bhaviṣya Purāṇa, con
ogni probabilità, sia un falso o meglio - come diremmo oggi - il frutto di un sapiente “copia e incolla”:
Alcuni brani
sono stati tratti dallo Sāmba Purāṇa, altri dalla Bṛihat Saṃhitā[4],
altri probabilmente dal testo originale del Bhaviṣya
Purāṇa – titolo presente nella letteratura antica – altri ancora, come le cosiddette
“profezie” e il brano sul Messia che abbiamo citato, sarebbero invece
interpolazioni di epoca recente e recentissima (XX secolo)[5].
In realtà il Bhaviṣya
Purāṇa che possiamo leggere ai nostri giorni è un testo pubblicato a
Bombay nel 1910 a cura della “Venkateshwara Press” e i commentatori
moderni lo considerano un esempio della “constant revisions and living
nature" della letteratura puranica[6],
un gioco di parole per non dire che si tratta di un falso.
Non si sa se la manipolazione sia stata opera dei
padri gesuiti, dei brahmoisti indiani o di entrambi, quel che certo è che i
“falsari” erano in grado di imitare perfettamente lo stile dei più antichi
testi in sanscrito ed avevano una conoscenza approfondita della teologia cristiana
e della storia delle religioni.
Swami Veeramuntiram, al secolo Costanzo Breschi, considerato uno dei maggiori scrittori in lingua Tamil |
Il Bhaviṣya Purāṇa non
è solo un esempio della “constant revisions and living nature"
della letteratura puranica, ma ci mostra in maniera evidente le
modalità con cui, tra il XVIII e il XX secolo i testi, la storia e, forse,
l’intero impianto della filosofia indiana siano stati – con ogni probabilità -
modificati e adattati alla spiritualità occidentale:
Gli ignoti
falsari hanno preso il titolo e probabilmente alcuni brani di un libro
conosciuto sin dall’antichità, ci hanno aggiunto testi ricavati da altri libri
tradizionali e quindi, imitando perfettamente lo stile degli autori antichi hanno
composto un numero imprecisabile di versetti tesi a dimostrare tesi altrimenti
improponibili.
Un esempio
ancora più evidente di manipolazione dei testi per fini ideologici è il “Mahānirvāṇa Tantra”
reso famoso dalla traduzione in inglese di Arthur Avalon – al secolo John
Woodroffe – e creduto dalla maggior parte degli occidentali un antico testo
tradizionale.
In realtà si
tratta di un’opera del XIX secolo scritta a sei mani dal co-fondatore del
Brahmoismo Raja Ram Mohan Roy, un maestro tantrico – Sahardana Vidyavagish – e
un missionario battista, l’inglese William Carey.
Ma gli esempi
più eclatanti di raffinata manipolazione dei testi antichi potrebbero essere, è
una nostra ipotesi, i libri scritti da uno dei padri dell’India moderna, Pandit Jivananda Vidyasagara Bhattaracharya.
Alla maggior
parte degli studiosi e dei praticanti questo nome non dirà niente, ma se
provate a cercare su internet le opere di Jivananda Vidyasagara o Jibananda
Vidyasagar scoprirete che è l’autore di centinaia di testi e commentari “antichi”.
Vediamo alcun
titoli, scaricabili in PDF nella versione originale:
Consigliamo
vivamente di scaricare gli ultimi due titoli.
Il primo, del
1936 è la più antica versione, a quanto ci risulta, degli Yoga Sūtra con il
commento del re Bhoja (XI secolo).
.
Il secondo,
sempre a quanto ci risulta, è, in assoluto, la più antica pubblicazione
esistente degli Yoga Sūtra e l’autore, nei vari siti e archivi on line, non
risulta affatto essere Patañjali, ma Jibananda Vidyasagara.
Probabilmente
si tratta di una abitudine dell’epoca - anche se, a dir la verità, negli stessi
anni troviamo edizioni di testi attribuiti a Adi Śaṅkāra o a Sadānanda – e comunque
sia la cosa più interessante è che questo testo, scaricabile gratuitamente da
internet nella versione originale del 1874, è il medesimo che appare, a quanto
ci risulta, in tutte le versioni e traduzioni del secolo successivo.
In altre
parole la versione di Vidyasagara è quella considerata originale, autentica,
vera.
Prima di lui
nessuno almeno dal XV secolo – o addirittura dal XII secolo – ha mai parlato a
quanto ci risulta degli “Yoga Sūtra” di Patañjali né ha mai asserito, come
dirà in seguito Swami Vivekananda - che Patañjali è il padre dello Yoga.
Il gesuita Roberto
de Nobili - Romaca Brahman – primo swami non indiano della storia, non parla
mai di Patañjali e neppure il suo confratello Gaston-Laurent Cœurdoux, padre
della linguistica comparata.
I due,
entrambi autorizzati dai brahmini a fondare Ashram e ad accedere ai testi
sacri, citano nei loro scritti moltissimi testi filosofici e religiosi: possibile - ci domandiamo - che sia sfuggito loro proprio il “libro dei libri” dello yoga?
E se il testo
più famoso dello Yoga moderno fosse stato, in parte o completamente, scritto dal
patriota Vidyasagara?
Un'ipotesi
assurda, lo ammettiamo, ma visto che gli intellettuali indiani dell’800 – e/o i
gesuiti - hanno riscritto molti dei testi oggi considerati “antichi”, come il Bhaviṣya
Purāṇa, perché non considerare anche la possibilità che il “libro
dei libri” dello yoga sia il frutto di un’abilissima manipolazione?
[1] Winternitz, Maurice (1922). History of Indian
Literature Vol 1 (Original in German, translated into English by VS Sarma,
1981). New Delhi:
Motilal Banarsidass (Reprint 2010). ISBN 978-8120802643.
[2]
Traduzione tratta da: https://www.indiadivine.org/the-prediction-of-jesus-christ-in-the-bhavishya-purana/
[3]
Traduzione in italiano:
“Governava gli Ariani un re
chiamato Salivahana, nipote di Vikramaditya, che aveva occupato il trono di suo
padre.
Salivahana sconfisse gli Shaka,
assai difficili da sottomettere, i Cina [cinesi?], i popoli Tittiri e i
Bahikaus che erano in grado di assumere qualsiasi forma a piacimento.
[Salivahana] sconfisse anche i Romani e i discendenti di Khuru, che erano ingannevoli
e malvagi. [Salivahana] li punì severamente e prese loro ogni ricchezza.
Salivahana stabilì così i confini
che dividevano i Mleccha [islamici] dagli Ariani, ponendo il territorio dei
Mleccha ad ovest, al di là del fiume Sindhu. Il Sindhusthan [da allora] divenne
noto come il più grande paese [dell’India]."
“Un giorno il potente re, il
vincitore degli Shaka, si mise in viaggio verso l’Himatunga e nel mezzo del
paese di Huna [Hunadesh - l'area vicino al monte Kailash nel Tibet
occidentale], incontrò un santo che viveva sulla montagna. La sua carnagione
era dorata e i suoi vestiti erano bianchi. "
"Chiese il re:" Chi sei,
signore? "- “Dovresti sapere che sono Isha Putra, il Figlio di Dio nato da
una vergine ". rispose il santo.”
"Sono colui che [per primo]
espose la religione dei Mleccha e il mio credo è la Verità Assoluta” - Sentendo
questo il re chiese: “Quali sono i principi religiosi secondo la tua opinione?'
“Il figlio di Dio rispose:" O
re, quando avvenne la distruzione della verità, io, il profeta Masiha [Messia],
venni in questo paese di barbari senza regole né codici morali. Constatando la
spaventosa situazione priva di principi religiosi diffusa dai Mleccha-Desha,
iniziai la mia missione."
“Per favore ascolta, o re quali
principi religiosi ho stabilito tra i mlecchas: L'essere vivente è condizionato
da stimoli buoni e cattivi. La mente dovrebbe essere purificata con una
condotta onesta e l’esecuzione del japa. Cantando i nomi di Dio si ottiene la
massima purezza. Proprio come il sole immobile attrae, da tutte le direzioni,
gli elementi di tutti gli esseri, il Signore […] attrae i cuori di tutte le
creature viventi. Quindi, seguendo le regole, pronunciando parole veritiere,
attraverso l'armonia della mente e la meditazione, oh discendente di Manu, si
dovrebbe adorare quel Signore immobile ".
“Avendo posto la forma eternamente
pura e propizia del Signore Supremo nel mio cuore, o protettore del pianeta
terra, ho predicato questi principi attraverso la fede dei Mlecchas e così il
mio nome è diventato Isha-Masiha [Gesù il Messia]. ”
"Dopo aver ascoltato queste
parole e aver reso omaggio a quella persona che è adorata anche dai malvagi, il
re chiese umilmente di rimanere lì, nella terribile terra di Mlecchas."
“Il re Salivahara, dopo aver lasciato
il suo regno, eseguì il “sacrificio del cavallo” e dopo aver governato per altri
sessant'anni, andò in paradiso […]"
[4] Vedi:
-
Ludo Rocher (1986). The Puranas. Otto
Harrassowitz Verlag. ISBN 978-3447025225.
-
Rosen
Dalal, (2014). Hinduism: An Alphabetical Guide. Penguin. ISBN 978-8184752779.
[5] K P Gietz; (1992). Epic and Puranic Bibliography (Up to 1985) Annoted
and with Indexes: Part I: A - R, Part II: S - Z, Indexes. Otto Harrassowitz
Verlag. ISBN 978-3-447-03028-1.
Commenti
Posta un commento