Passa ai contenuti principali

YOGA TRADIZIONALE? IL MISTERO DI VIJAYANAGARA



L'immagine che ho postato rappresenta uno  haṭhayogin impegnato in una variante della verticale sulle braccia, tecnicamente baddha konasāna adho mukha  vṛkṣāsana. si tratta di una delle posture di Haṭḥayoga scolpite sulle colonne dei templi e degli edifici civili di Hampi , la capitale del mitico impero di Vijayanagara.



L’Impero di Vijayanagara, che univa gli attuali territori del Karnataka, dell’Andhra Pradesh, del tamil Nadu e del Kerala, fu fondato nel XIV secolo dai fratelli Bukka raya I e Harihara I, sotto la guida dello yogin advaitin Vidyāraṇya[1] e raggiunse il suo massimo sviluppo tra il XV e il XVII secolo. A giudicare dai racconti dei viaggiatori europei di quel tempo - come Duarte Barbosa[2], Fernao Nuniz[3], Niccolò de’ Conti[4] - e dei diplomatici islamici, come l’ambasciatore persiano Adul al Razzq Samarqandī[5],, la capitale dell’Impero, Hampi oltre ad essere una città di incredibile bellezza e ricchezza, era nota per la politica illuminata dei regnanti, per la loro tolleranza in ambito religioso ed il loro amore per le arti e le scienze,  tanto da essere considerata – non solo nel subcontinente indiano - il centro di tutti i movimenti artistici e culturali dell’epoca.

Scrive Adul al Razzq[6]:

“Mai le pupille dei miei occhi hanno visto un luogo simile, né le mie orecchie hanno udito racconti di qualcosa esistente in tutto il mondo paragonabile a Vijayanagara.”

Si dice che nel regno di Vijayamagara le donne godessero di una libertà mai conosciuta in India, né prima né dopo – potevano fare carriera nel mestiere delle armi e si ha notizia di illustri poetesse e letterate – e che i rappresentanti delle classi inferiori, compresi gli intoccabili, avessero dei loro rappresentanti politici e godessero di protezione ed aiuti economici da parte delle classi più agiate; si dicono molte cose sull’impero di Vijayanagara, spesso mescolate a favole e leggende, ma l’unica cosa certa è che la capitale dell’Impero - che secondo le cronache europee dell’epoca era, dopo Pechino, la più popolosa metropoli del mondo - fu distrutta nel XVI secolo dagli eserciti dei Sultanati di Decca e non fu mai più ricostruita; inghiottito dalla vegetazione, il tempio di Virupaksha divenne “il regno delle scimmie” - a quanto pare Kipling si ispirò ad Hampi nello scrivere “Il Libro della Giungla” – e, almeno fino al XX secolo, il più grande impero hindu dell’Età Moderna svanì, misteriosamente, dai libri di storia e dalla memoria collettiva del popolo indiano.

Sulle colonne degli edifici di Hampi si vedono donne e uomini impegnati negli āsana descritti nei testi tradizionali dei Nath[7], l’ordine di yogin-guerrieri fondato da Gorakhanath, il padre riconosciuto dello Haṭhayoga.

Perché ci interessano le sculture di Hampi?
Perché mostrano posture che al giorno d'oggi vengono, da alcuni, ritenute come mere esibizioni di abilità o esempi di contorsionismo.
Per molti l'etichetta di "Yoga tradizionale" oggi viene attribuita alle pratiche legate all'aspetto speculativo o religioso della cultura e della filosofia indiane e le pratiche fisiche vengono definite, talvolta quasi con disprezzo "ginnastica", ma a quanto pare i sovrani di Vijayanagara, il più grande Impero Hindu mai esistito, la pensavano in maniera diversa, tanto che che chiesero agli scultori locali di immortalare le posture "acrobatiche dei Nath, assieme ai passi della danza tradizionale e alle movenze delle arti marziali tradizionali.

Non sta a noi dare giudizi o trarre conclusioni, ma crediamo che sarebbe utile, per chi si occupa, come praticante o ricercatore, della disciplina dello Yoga,  dedicare un po' di tempo all'analisi delle sculture di Hampi e allo studio dei testi di Haṭhayoga.

Di seguito pubblichiamo alcune delle immagini tratte da http://hyp.soas.ac.uk/hampi/ il sito di Hathayoga Project], nella speranza che i nostri colleghi insegnanti e praticanti le osservino con attenzione e le commentino.
Un sorriso,
P.











[1] Vidyāraṇya noto anche come Mādhavācārya o Mādhava Vidyāranya  è solitamente conosciuto come patrono e sommo sacerdote di Harihara I e Bukka Raya I, i fondatori dell'Impero Vijayanagara. Nacque tra Māyaṇācārya e Śrīmatīdevī ad Pampakṣetra (nella moderna Hampi) nel 1268. Altre fonti lo vogliono nato ad Ekasila nagari (moderba Warangal). Fondamentale fu il suo contributo per la fondazione dell'Impero Vijayanagara nel 1336. Successivamente servì come mentore e guida a tre generazioni di re alla guida dell'impero. A Vijayanagara (Hampi), la capitale dell'impero, fu edificato un tempio dedicato a questo santo. Fu l'autore di Sarvadarśanasaṅ̇graha, un compendio delle diverse scuole filosofiche del pensiero della religione indù, e del Pañcadaśī, un importante testo della tradizione Advaita Vedanta.

[2] Duarte Barbosa (1480-1521), cognato di Magellano, esploratore e scrittore portoghese, si trasferì in kerala all’età di 20 anni. Nel 1516 pubblicò il “Libro di Duarte Barbosa”, con la descrizione degli usi e dei costumi delle culture orientali.

[3] Fernao Nuniz (1500-1550), mercante e viaggiatore, visse per tre anni nella capitale dell’Impero Vijayanagara, descrivendone l’economia, gli usi e i costumi in un libro ristampato ancora ai nostri giorni, “”Chronica dos reis de Bisnaga”. Vedi: R. Sewell, F. Nunes, D.Paes, “A forgotten empire: Vijayanagar; a contribution to the history of India”. Adamant media Corporation, 1982. ISBN 0-543-92588-9,

[4] Niccolò de’ Conti (1395-1469) visitò Vijayanagara intorno al 1420. Le cronache dei suoi viaggi in India sono pubblicate ancora oggi. Vedi: Nicolo de Conti, “Le voyage aux Indes”,2004, ISBN 290642861.

[5] Adul al Razzāq Samarqandī (1413-1482), è stato l’ambasciatore in India dell’Impero persiano dal 1442 al 1445 descrivendo le sue esperienze nel suo libro “Matla-us-Sadainwa Majma-ul-Bahrain” (“Il Sorgere delle due Costellazioni di buon Auspicio e la Confluenza dei due Oceani”)

[6] Vedi: Alam Muzaffar, Sanjay, Subrahmanyam (2007), “Viaggi indopersiani nell’era delle scoperte, 1400-1800”; Cambridge University press. ISBN 978-0521-78041-4.

-       [7] Ci riferiamo tra gli altri, ai seguenti testi:

-           Haṭhayogapradīpikā;

-          Goraksaśatakạ;

-           Amaraughaprabodha;

-           Amaraughasasana;

-          Gheranda Samhita;

-          Jogapradipika.

Commenti

  1. uomini impegnati negli āsana descritti?

    RispondiElimina
  2. Un buon film https://cbo1.tube è quello che cambia qualcosa di te. Ma un altro film non cambia nulla, è già brutto - il che ti fa solo annoiare.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

IL TIZZONE ARDENTE

Mandukyakarika, alatasànti prakarana  45-50, 82 ; traduzione di  Raphael : "E' la coscienza - senza nascita, senza moto e non grossolana e allo stesso modo tranquilla e non duale - che sembra muoversi ed avere qualità Così la mente/coscienza è non nata e le anime sono altre-sì senza nascita. Coloro i quali conoscono ciò non cadono nell'errore/sofferenza. Come il movimento di un tizzone ardente sembra avere una linea dritta o curva così il movimento della coscienza appare essere il conoscitore e il conosciuto. Come il tizzone ardente quando non è in moto diviene libero dalle apparenze e dalla nascita, cosi la coscienza quando non è in movimento rimane libera dalle apparenze e dalla nascita. Quando il tizzone ardente è in moto , le apparenze non gli provengono da nessuna parte. Né esse vanno in altro luogo quando il tizzone ardente è fermo, né ad esso ritornano. Le apparenze non provengono dal tizzone ardente a causa della loro mancanza di sostanzialità. Anche nei confronti

IL FIGLIO DI YOGANANDA E L'INDIGESTIONE DI BUDDHA

YOGANANDA Quando nel 1996, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno Lorna Erskine, si abbandonò al sonno della morte, Ben, il figlio, decise di rivelare al mondo il suo segreto i: Yogananda, il casto e puro guru, era suo padre. Ne uscì fuori una terribile, e molto poco yogica, battaglia legale a colpi di foto, rivelazioni pruriginose ed esami del DNA tra la Self Realization Fellowship,la potente associazione fondata dal maestro, e gli eredi di Lorna (che chiedevano un sacco di soldi...). Ad un certo punto vennero fuori altri tre o quattro figli di discepole americane, tutti bisogna dire assai somiglianti al Guru, . E venne fuori una storia, confermata da alcuni fuoriusciti dalla Self Realization Fellowship (e quindi... interessati) riguardante un gruppo di "sorelle dell'amore" giovani discepole che avrebbero diviso con Yogananda il terzo piano del primo centro californiano della S:R:F. Certo, per tornare a Lorna, che se una donna americana bianca e b

LA FILOSOFIA DELL'ONDA

  L'eleganza dello stato naturale, il  Sahaja , è la lenta spirale, verso terra, di una foglia stanca del ramo. I danzatori parlano di “presenza”. Quando c'è “presenza”, ogni gesto diventa facile. Quando “non c'è”, quando la mente non si discioglie nel corpo, si sente un che di artefatto, di meccanico, come se mancasse l'impulso vitale. Il “vero danzare” è arrendersi alla legge naturale, lo sanno bene, in Oriente. Sorridono i pescatori di  Hokusai,  trascinati dalla grande onda, più alta del monte  Fuji . Se remassero contro corrente, l'oceano spezzerebbe insieme la barca e l'illusione dell'agire. Se, per la fretta del coraggio o l'esitazione della paura, si lasciassero andare alla forza dell'onda nel momento sbagliato, si schianterebbero, di certo, sulla scogliera. Il loro gesto è perfetto. Danzano insieme al mare: giusta intensità, giusto ritmo, giusta direzione. L'onda esce dalle acque come un drago innamorato dell'alba. Si ferma, un istan