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IL DESIDERIO CREATIVO: IL CANTO DELLA CREAZIONE DEL ṚGVEDA



Credo che i Veda siano l'opera letteraria più citata e meno letta di tutti i tempi.

Un po' dipende ovviamente dal fatto che il sanscrito vedico è una lingua ostica (personalmente conosco solo una persona in grado di leggerlo, il Prof Marcello Meli dell'Università di Padova), un po' dalla pigrizia e dalla dinamica del sentito dire: preferiamo spesso utilizzare le citazioni di qualcuno di cui ci fidiamo che andare a graffiarci le sinapsi confrontando varie traduzioni e cercando di capire da soli cosa diavolo c'è scritto in quei versi misteriosi.

Però è un peccato, perché se avessimo più tempo e pazienza potremmo, forse, fare delle scoperte interessanti.

Tempo fa, per fare un esempio  mi sono interessato ad un brano, abbastanza famoso devo dire, del Ṛgveda , il cosiddetto "Canto della Creazione" (X -129). Per certi versi l'ho trovato destabilizzante.

Come riferimento ho preso la traduzione che più mi ha intrigato, quella della sanscritista tedesca, Maryla Falk ("IL MITO PSICOLOGICO NELL'INDIA ANTICA" - Adelphi Ed.), traduzione, comunque sia, non dissimile dalle varie che si trovano in giro.

1) Non c'era l'Essere allora, né c'era il Non Essere. Non c'era l'atmosfera né c'era la volta celeste al di là di essa: che cosa nascondeva? E dove? E nel rifugio [intimo] di che? Era forse un oceano il profondo abisso?

2) Non c'era morte allora né immortalità e dalla notte non era distinto il giorno. Respirava senza fiato quel qualcosa e al di fuori di esso non c'era nulla.

3) C'era solo l'oscurità. E tutto Questo era un inconsapevole ondeggiare nascosto dall'oscurità. Quell'immenso che era racchiuso nell'esiguo [spazio del cuore] per la potenza del Tapas nacque.


4) Al di fuori si riversò all'inizio Kāma, il desiderio.[Fu Kāma] la prima cosa a venir fuori dal Manas. Fu scrutando nel cuore che saggi scoprirono l'identità [il legame] tra Essere e Non Essere.

5) La corda di questi [mondi] è posta di traverso. Cosa ci fu al di sopra e cosa ci fu al di sotto? Portatori di semi ci furono, e potenze.E al di sotto ciò che basta a se stesso, al di  sopra la manifestazione.

6) Chi sa? Chi potrebbe dire da dove è sorta questa emanazione? Gli dei stessi sono venuti dopo la sua emissione, chi lo sa, dunque, da dove essa ebbe origine? 

 7) Colui che vigila sul creato, anche se avesse disposto lui la manifestazione, forse saprebbe o forse non saprebbe dire da dove ebbe origine la manifestazione.

Mi pare che il testo sia abbastanza chiaro.
All'inizio c'è  solo l'immensità nell'esiguo spazio del cuore. Poi dal Manas (parola che di solito viene tradotta con mente, ma qui,  pare indicare il centro delle emozioni) emerge Kāma, il desiderio.
Da questa prima emissione si creano i mondi che sono una corda tesa tra un principio statico (colui che basta a se stesso) e un principio dinamico.
Gli Dei e Colui che vigila sul creato (il sole, forse?) vengono dopo, ma neppure loro sanno con certezza da dove provenga la manifestazione.

Abbastanza destabilizzante - vero? - per chi bene o male proviene da una educazione cristiana.
Pare che non ci sia  nessuna volontà creatrice, nessun demiurgo e se anche ci fosse al poeta del Ṛgveda non sembra importare più di tanto.
Come l'onda di piena porta la vita sulle rive del fiume, Kāma, il desiderio, riversandosi al di là dell'oscurità che tutto avvolge, crea il mondo e lo sostiene.

Pare, ma può darsi che mi sbagli, che per i Veda Kāma sia  è il dio dell'inizio e che dietro al suo agire non ci siano disegni complicati, ma solo un'infinita gioia creativa, a--logica, amorale e incomprensibile.
 Come la follia d'amore.

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