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Pronuncia delle sillabe sanscrite (per Hathayogin)

 

Fonetica. Fonte: https://delightHaṭhayoga.com/blog/Haṭhayoga/the-sanskrit-alphabet-a-pronunciation-guide



Non credo che per praticare yoga sia indispensabile conoscere perfettamente il sanscrito: sarebbe come a dire che fare Muay Thai è necessario conoscere il tailandese  , o per fare danza classica il francese, ma sapere, un minimo, come si pronunciamo quelle letterine svolazzanti che molti si tatuano sulle braccia o, dipinte su tele  e cartoni, appendono sui muri di case e palestre penso che non faccia male. Io, su insistenza di Premadharma Bodhananda, provai a studiare il sanscrito dal 2006 al 2012, ma, ahimè, essendo una capra con le lingue,  non l'ho mai padroneggiato. Spero che gli allievi dei corsi di formazione che dirigo con Laura Nalin siano un po' più svegli di me, ad ogni modo quello che segue è il materiale che ho preparato per loro e che pubblico con l'idea che possa essere utile ad altri, magari per recitare un mantra  un mantra  o per leggere un versetto di Goraksha senza far storcere troppo il naso agli astanti.
Un  sorriso, 
P,


LA PRONUNCIA DELLE SILLABE SANSCRITE

 

 

La  a di षडङ्गयोग aagayoga che noi rendiamo con “SHA” o con la “scia dsciare”, è una delle lettere appartenenti al gruppo di consonanti dette mūrdhanya – parola che letteralmente dovrebbe significare “ciò che è in alto”, “ciò che è sulla testa” – in italiano può essere intesa come “retroflessa”, “linguale” o “cerebrale” e indica una modalità di pronuncia delle sillabe con la punta della lingua rivolta verso la parte più alta del palato. Nella translitterazione IAST le sillabe mūrdhanya vengono rese con il puntino sotto:

-          ṛ;

-          ̄;

-          a;

-          ha;

-          a;

-          ha;

-          a;

-          ra;

-          a;

Per fare un esempio per pronunciare la sillaba a dovrò “predisporre” la bocca e la lingua come se dovessi pronunciare “il”; quindi, pronuncio la “ta” facendo “rimbalzare” la punta della lingua sul palato anziché sugli incisivi. Allo stesso modo la sillaba  a si pronuncia indirizzando l’aria, tramite la lingua, verso il palato molle – in alto – anziché, più o meno, verso i denti – in avanti – poggiando lievemente la lingua sul palato come nel caso della “scia” di “scialare”, ed è la “sc” di विष्णु viṣṇu, parola in cui:

 

व् v + i = वि vi

वि vi + ष् = विष् vi

विष् vi + ण् ṇ = विष्ण् viṣṇ

विष्ण् viṣṇ + u = विष्णु viṣṇu.

 

La “sc di “scialare” invece, in sanscrito è una sillaba diversa, una tālavya – o palatale –   e si rende, nella traslitterazione IAST con una specie di virgola sopra la “s”:

śa. Si tratta della “sc” di शिव śiva, che a sua volta si scrive in questa maniera:

श् + i = शि śi

शि śi + va = शिव śiva.

Esiste poi una terza sillaba dal suono simile, riconducibile alla nostra “s”, la sillaba  sa, che appartiene al gruppo delle consonanti dentali (dantya) e si pronuncia come la "s" di sasso. Si tratta della sa di सत्य satya, “verità”:

sa + त् t = सत् sat

सत् sat + ya = सत्य satya;

 

Oppure:

 

sa + त् t = सत् sat

सत् sat + i = सति sati

सति sati + a = सत्य satya.

 

sa è una “sibilante dentale”, śa una “sibilante palatale” e a  una “sibilante linguale”. Queste definizioni possono confondere gli “Haṭhayogin ignoranti” come me, ma visto che le diverse classi di lettere (o sillabe, come preferisco definirle) hanno una importanza rilevante nella costruzione di ciò che definiamo cakra, suggerisco di impararle a memoria per poi poterne comprendere le “valenze operative”.

Diciamo innanzitutto che le sillabe, nel “sanscrito yogico”, sono divise in nove gruppi, che fanno capo ad una diversa energia o divinità:

 

1)      Gruppo della a (le vocali a ā i ī u ū e ai o au + anusvāra /anunāsika e visarga);

2)      Gruppo della ka (le consonanti gutturali ka kha ja jha a);

3)      Gruppo della ca (le consonanti palatali ca cha ja jha ña);

4)      Gruppo della a (le consonanti linguali a ha a ha a);

5)      Gruppo della ta (le consonanti dentali ta tha da dha na);

6)      Gruppo della pa (le consonanti labiali pa pha ba bha ma);

7)      Gruppo della ya (semivocali ya ra la va)8) gruppo della śa (sibilanti śa a sa ha);

8)      Gruppo della ka.

 

Tutti e otto i gruppi di sillabe si fanno derivare da otto suoni fondamentali (le sei vocali fondamentali e le due semivocali “ra” e “la”), identificati con otto Dee o yoginī:

 

  a     ā - i    ī - u    ū - ra - la.

 

Queste otto sillabe, primarie per essere pronunciate, necessitano di una particolare posizione della lingua e delle labbra e di una specifica direzione dell’aria all’interno del cavo orale:

 

-          a   ed ā risuonano nella gola e riempiono tutto il cavo orale;

-          i  ed ī vibrano nella parte alta del palato ed hanno una direzione verticale;

-          u  ed ū  per essere emesse hanno bisogno di una particolare posizione delle labbra e hanno una direzione orizzontale;

-          ra viene prodotta poggiando la lingua sul palato;

-          la infine, si pronuncia poggiando la lingua sui denti.

 

Proviamo a pronunciare le sillabe e cerchiamo di fare attenzione alla forma che assume il palato e alla posizione della lingua:

 

1)    Inspirando allarghiamo le bocca quanto possiamo ed espirando, mantenendo la bocca allargata e la lingua rilassata, emettiamo il suono “AAAAA” con dolcezza, cercando di farlo vibrare alla gola. Questa è la modalità di emissione che in italiano si definisce “gutturale”;

2)    Allarghiamo la bocca inspirando ed espirando emettiamo di nuovo il suono “AAAA”, solo che stavolta invece di mantenere la bocca aperta la socchiudiamo, alziamo leggermente la parte posteriore della lingua in direzione del palato molle e cerchiamo di trasformare la “AAAA” in “IIII” spingendo il suono in direzione del sincipite, il punto più alto della testa. Sentite la vibrazione sull’arco palatale? Questa è la modalità di emissione chiamata “palatale”;

3)    Emettiamo di nuovo il suono “IIII”, ma appena cominciamo ad udirlo distintamente appoggiamo dolcemente la punta della lingua sul palato “duro” e la facciamo vibrare per ottenere il suono “RRRRR”. Se la vibrazione è forte la si potrà avvertire anche all’altezza degli zigomi e della parte superiore della testa. Questa è la modalità di emissione chiamata “linguale”, “retroflessa” o “celebrale”;

4)    Inspiriamo con la bocca socchiusa. Al momento dell’espirazione poggiamo la punta della lingua sugli incisivi e cerchiamo di creare il suono “LLLA”.   Questa è la modalità di emissione vocale detta “dentale”.

5)    Inspiriamo con la bocca socchiusa. Al momento dell’espirazione emettiamo il suono “UUUU” facendo vibrare con dolcezza le labbra. Questa è la modalità di emissione vocale detta “palatale”.

 

È abbastanza facile notare come si tratta di un percorso tra virgolette “logico” dall’interno all’esterno, nel senso che si parte dalla gola (gutturali) (1) per poi passare al palato molle sollevando la parte, posteriore della lingua (palatali) (2), al “palato duro” sollevando la punta della lingua (retroflesse o linguali) (3), ai denti spingendo in avanti la punta della lingua (4) e infine alle labbra (5). Un percorso che ricrea simbolicamente la progressione del manifestarsi degli elementi:

1)      Spazio – gutturali;

2)      Aria – palatali;

3)      Fuoco – linguali;

4)      Acqua – dentali:

5)      Terra – labiali.

  

Queste cinque diverse modalità di emissione danno origine ai cinque बीज bīja मन्त्र mantra - letteralmente “mantra seme” o “semi dei mantra” - inscritti nel pericarpo dei primi cinque cakra tradizionali:

 

-          a ed ā sono collegate all’elemento “Spazio” e danno origine al bīja  mantra हं haṃ (cakra della gola);

-          i ed ī sono collegate all’elemento “Aria” e danno origine al bīja mantra यं yaṃ (cakra del cuore);

-          u ed ū sono collegate all’elemento “Acqua” e danno origine al bīja mantra वं vaṃ (cakra dei genitali);

-          ra è collegata all’elemento “Fuoco” e dà origine al bīja mantra रं raṃ (cakra dell’ombelico);

-          la è collegata all’elemento “Terra” e dà origine al bīja mantra लं laṃ (cakra dell’ombelico).

 

Riassumendo, in sanscrito cinque diverse modalità di emissione vocale legate alle “otto sillabe fondamentali” ; queste modalità vengono definite in italiano:

 

-          Gutturale o “velare” = a e ā;

-          Palatale = i e ī;

-          Labiale = u e ū;

-          Linguale = ra;

-          Dentale = la.

 

Ci sono poi altre due modalità di pronuncia relative alle vocali, chiamiamole così, “composte”, frutto della combinazione delle prime tre coppie vocaliche, ovvero:

 

-          Palato-gutturale (vocali e e ai);

-          Labio-gutturale (vocali o e au).

 

Basta un semplice esercizio per comprendere “da dove” provengono queste “vocali composte”:

Pronunciamo il suono “AAAA” con la bocca molto aperta e, articolando esageratamente, socchiudiamo la bocca e spingiamo l’aria verso l’alto fino a trasformare la “AAAA” in “IIII”. Ci renderemo conto senza difficoltà che nella fase di transizione si crea il suono “E”, modalità di emissione Palato – gutturale.

In maniera analoga la transizione tra la gutturale “A” e la labiale “U” sarà la vocale “O”.

 

MODALITÀ DI PRONUNCIA DELLE VOCALI

 

Vediamo adesso come si pronunciano le vocali:

 

-          a, si pronuncia come la nostra “A” (anitra), ma a volte, quando segue una consonante, alle nostre orecchie suona come una “O” aperta, come la “O” di “ròsa”;

-          ā, esattamente come la a, ma il tempo di emissione è doppio. Ho sentito spesso gli indiani pronunciarla “AA” come in “scaldaacqua” o “lavaauto”;

-          i, si pronuncia come la nostra “I” (isola);

-          ī, si pronuncia esattamente come la i, ma il tempo di emissione è doppio. Viene resa spesso con “II”, come in “balenii” o “arbitrii” (plurale di “arbitrio”);

-          u, si pronuncia come la nostra “U” (umanità) 

-          ū, si pronuncia esattamente come la u, ma il tempo di emissione è doppio. Viene resa spesso con “UU” come in “continuum” o “in perpetuum”;

-          , è un suono che non esiste in italiano, e noi italiano non lo distinguiamo dalla “R”. Somiglia alla “R” francese che viene insegnata imitando il suono di un gargarismo, o le fusa di un gatto. Gli indiani la pronunciano quasi sempre con la “I” finale, come in षि ṣi – “veggenti” – che alle nostre orecchie suona “risci”, ma capita, anche se rararmente, di sentire anche la “U” finale per cui षि ṣi diviene, alle nostre orecchie,”rusci”;

-          , è una “estensione” della , alle nostre orecchie suona come la “RRI” di “arrivo” o la “RRU” di “arruolare” pronunciate da un francese;

-          , non esiste in italiano. Potrebbe avere una somiglianza con la “GLI” di “aglio”, ma se la pronunciamo come la “LI” di “libro” o la “LU” di “luna” in genere non si offende nessuno…Gli indiani, a quanto so, la pronunciano non di rado come लृ lṛ, ovvero una “L” breve seguita dalla di षि ṣi. Alle nostre orecchie la लृ lṛ suona come la “LRI” di “malridotto” pronunciata da un francese;

-          ̄, “estensione” di , si comporta alla stessa maniera. Potremmo tranquillamente pronunciarla come la “LLU” di “allume” o la “LLI” di “rullio” “scivolata”, ovvero senza indugiare con la lingua sugli incisivi. Gli indiani spesso la pronunciano come लॄ lṝ;

-          e si pronuncia come la “E” “chiusa” di “vérde” o di “sénno” (non la “È” di “vènto” o di “rèssa”). Molti indiani aggiungono una breve “I” dopo la “E”

Che alle nostre orecchie suona come la “EI” della congiunzione articolata “déi”;

-          ai è l’estensione della e. si pronuncia come in italiano, ma le due lettere “A” ed “I” non riusltano armoniosamente legate come per esempio nella parola “aiuola”, ma suonano separate con “A” e “I” che durano “un tempo ciascuno”. Per pronunciarla bene suggerisco di pensare che la “I” sia accentata. La parola ऐश्वर्य aiśvarya – “potenza”, “maestosità” - ad esempio si pronuncia, credo, aÌshvariÀ, con l’accento sulla “I” di “AI” e sulla “A” finale;

-          o, si pronuncia come la nostra “O” chiusa come in “tonno”, mai come la nostra “O” aperta come in “mòrsa”. Alle nostre orecchie, se pronunciata da un indiano, a volte sembra una “OU” come in “austroungarico”;

-          au è l’estensione di o e come accade per la ai le due lettere sono “separate” con un leggero accento sulla “U”, somiglia alla nostra “AU” di “automobile” con un leggero accento sulla “U” – – ma pronunciate da un indiano alle nostre orecchie suona come una “OU” con la “O” aperta di “mòrsa” o di  “ròsa” (il fiore, non “rosa” participio passato di “rodere”).

-          ṃ, anusvāra, è la nasalizzazione della consonante M che si aggiunge alle vocali in finale di una parola. Viene reso con un puntino sul segno grafico: अं, vocale “A” con il puntino sopra si pronuncia “AM” - anche se come suono io preferisco “AMN” come in “amnistia” – यं, semivocale “YA” con il puntino sopra, si pronuncia “YAM”, ecc.

-          anunāsika o candra-biṅdu, solitamente si pronuncia come anusvāra, aggiungendo alla vocale una M nasalizzata, ma dovrebbe essere la “nasalizzazione della vocale; per avere un’idea possiamo ascoltare la pronuncia del il francese “ grand”, in cui la  “N” e la “D” scompaiono ma si spinge il suono della vocale verso il naso chiudendo la “A” fino a farla somigliare ad una “O” aperta: “gra (on)”.

Per fare un esempio vediamo le sillabe ओम् om, ओं oṃ e .

Per il sanscrito sono tre suoni diversi:

1.       ओम् si pronuncia “OM”, con la “O” chiusa di “tonno” e la “M” labiale di “mamma”;

2.       ओं, la “O” con il puntino sopra, si pronuncia invece facendo seguire alla “O” una “M”di “mamma” che viene “spinta” verso il naso con l’aiuto della lingua, fino a somigliare, alle nostre orecchie,  al suono “OMN”;

3.       invece, che, viene spiegato nei testi antichi, sarebbe “l’unione delle sillabe a, u ed म् m, non si pronuncia né “OM” né “OMN” né, tantomeno, ”AUM”, ma è una O “allungata e spinta verso la cavità nasale con l’aiuto di un leggero spostamento della lingua verso il palato; il risultato è una specie di OONG” in cui il passaggio dalla vocale “o” alla nasalizzazione, per le nostre orecchie, assomiglia alla “u”.

 

In occidente si sente spesso pronunciare come la ओम् om, la ओं oṃ o la औम् aum; immagino che nessuno gridi allo scandalo per questo, ma probabilmente per chi conosce davvero il sanscrito è come se uno straniero per indicare il fiore chiamato “ròsa” indifferentemente “rosa”, “raso” o “rossa”, suoni simili che indica un qualcosa di assolutamente diverso.

 

-          ḥ, il visarga è l’ultimo suono vocalico del sanscrito. È indicato con due punti uno sopra l’altro, e viene immesso a fine parola. Per ciò che riguarda la pronuncia ha la caratteristica di raddoppiare la vocale che lo precede; नमः namaḥ ad esempio si pronuncia namaHa, गुरुः guruḥ si pronuncia guruHu.

 

SEMIVOCALI

 

Le semivocali, sono consonanti che si pronunciano come vocali. Le troviamo inscritte nel centro dei fiori di loto che rappresentano i cakra, sovrastate a volte dal simbolo dell’anusvāra, altre, più correttamente dalla mezzaluna e dal punto dellanunāsika, e possiamo inserire nel loro gruppo anche l’ultima sillaba dell’alfabeto sanscrito, la ha, che viene inclusa, mi pare, nel gruppo delle “sibilanti”.

Ogni semivocale “discende”, per così dire, da una delle otto sillabe fondamentali ( - ):

-          ha, gutturale “aspirata” – associata al gruppo delle sibilanti”- discende dalla a, ed è collegata all’elemento Spazio. Perciò che riguarda la pronuncia non ho mai percepito, all’ascolto, nessuna differenza con il visarga: la “ha” di प्रत्याहा pratyāra, ad esempio per suona come il visarga di नमः nama;

-          ya, palatale discende dalla i, ed è collegata all’elemento Aria. Viene pronunciata come la nostra “I”;

-          ra, retroflessa, è una delle otto sillabe fondamentali, è collegata all’elemento Fuoco e si pronuncia come la nos “R” (razzo).

-          va, labiale, discende dalla u ed è collegata all’elemento Acqua. I pronuncia come la “W” inglese di “WOW”, ma talvolta la si sente pronunciata come la nostra “V” di vaso e altre sembra decisamente una “U”.

-          la, dentale, è una delle otto sillabe fondamentali, è collegata all’elemento Terra e si pronuncia come la nostra “L” (lama).

 

TABELLA DELLE CLASSI DI VOCALI E SEMIVOCALI

 

Vocali

Semivocali

Kaṇṭhya –

Gutturali

a     ā

ha

Tālavya –

Palatali

i    ī

ya

Oṣṭhya

 Labiali

u    ū

va

Mūrdhanya –

Linguali

  

ra

Dantya –

 Dentali

  

la

Kaṇṭhatālavya

 Palato Gutturali

e   ai

 

Kaṇṭhoṣṭhya

Labio Gutturali

o    au

 

 

 

CONSONANTI

 

Per ciò che riguarda le consonanti, escludendo le sibilanti ha, śa, a e sa che possiamo considerare una classe di sillabe a parte, possiamo individuarne 25 divise in cinque gruppi, e potremmo dire, è una mia idea, che si tratta degli stessi cinque suoni di base - ka, kha, ga, gha, a - che vengono emessi in zone diverse del cavo orale con posizioni diverse della lingua, fino a creare, appunto, le 25 consonanti, ovvero cinque suoni per ogni modalità di emissione:

 

1.     kaṇṭhya (Gutturali)

ka, si pronuncia come la nostra “C” dura (casa); kha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione (in molti testi troverete “aspirazione”, ma ascoltando gli indiani mi pare che in realtà espirino) dopo la “K”;

ga, si pronuncia come la nostra “G” dura (gatto);

gha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “G”;

a, si pronuncia come la nostra “N” di nave, ma predisponendo il cavo orale come se dovessi pronunciare una “G” dura e senza muovere la lingua come se fosse il suono “GHNA” senza far percepire “GH”;


 

 

2.     ālavya (palatali)

ca, si pronuncia come la nostra “C” morbida (ciao);

cha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “C”;

ja, si pronuncia come la nostra “G” morbida (giallo);

jha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “J”;

ña, simile alla nostra “GN” (ignaro), ma più leggera. Gli indiani la pronunciano “NYA”;

 

3.     mūrdhanya (retroflesse o celebrali)

a, si pronuncia come la nostra “T” solo che anziché portare la punta della lingua sui denti la si appoggia sul palato duro, creando un suono leggermente “impastato” che alle nostre orecchie suona come una via di mezzo tra la “C” morbida di “ciao” e la “T” di “tara”;

ha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “”;

a, caso simile a quello della a: si pronuncia come la nostra “D” di “Dante” mettendo la punta della lingua sul palato duro, creando un suono che alle nostre orecchie è una via di mezzo tra la “G” morbida di “giallo” e la “D” di “dama”;

ha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “”;

a, si pronuncia come la “N” di “nanna” solo che anziché portare la punta della lingua sui denti la si appoggia sul palato duro;

4.     dantya (dentali)

ta, si pronuncia esattamente come la nostra “T” di “tara”;

tha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “t”;

da, si pronuncia come la nostra “D” di “Dante”;

dha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “d”;

na, si pronuncia come la nostra “N” di “nanna”;

 

5.     oṣṭhya (labiali)

pa, si pronuncia come la nostra “P” di “pappa”;

pha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “p” ma non sono pochi gli indiani che la pronunciano in maniera simile alla nostra “F” di “faro”; ba, si pronuncia come la nostra “B” di “barca”; bha, si pronuncia come la precedente, solo che si aggiunge una leggera aspirazione dopo la “b”; ma, si pronuncia come la nostra “M” di “mamma”;

 

Veniamo adesso alle sibilanti, che sono considerate una classe di consonanti a parte:

 

śa, si pronuncia come la nostra “SC” di “scialle”;

a, si pronuncia come la precedente, ma con la punta della lingua appoggiata al palato duro;

sa, si pronuncia come la nostra “S” di “sale”.

 

Per finire la nostra breve descrizione delle sillabe sanscrite, dobbiamo aggiungere altre due sillabe:

ज्ञ jña, che è la combinazione delle consonanti palatali  ja e ña (ज् j + ña =  ज्ञ jña, come in ज्ञान jñāna, “conoscenza”) che alcuni pronunciano con la “G” morbida di “giallo” seguita da “nia”, altri come la GN” di “gnomo”, altri ancora con la “G” dura di “ghiro” seguita da nia”;

क्ष ka che è la combinazione della prima gutturale ka   e della sibilante-linguale a (क् k + a = क्ष ka, come in क्षत्रिय katriya, “guerriero”) e si pronuncia come la “X” di Xavier, appoggiando però la punta della lingua sul palato prima della vocale.

 

TABELLA DELLE CLASSI DI CONSONANTI E SIBILANTI

 

Consonanti

Sibilanti

Kaṇṭhya

Gutturali

ka   kha – ga – gha – a

 

Tālavya –

Palatali

ca    cha  ja  jha    ña

śa

Mūrdhanya –

Linguali

a    ha    a   

ha    a

a

Dantya –

 Dentali

ta    tha    da    dha    na

sa

Oṣṭhya

 Labiali

pa – pha    ba 

bha    ma

 

 

Le 25 consonanti, le 4 semivocali, le 3 sibilanti e l’ultima sillaba sanscrita ha che noi consideriamo una “semivocale” sono quindi divise in cinque classi fondamentali:

-          Gutturali;

-          Palatali;

-          Linguali;

-          Dentali;

-          Labiali;

 

Ma hanno anche altre classificazioni che si riveleranno importanti quando cercheremo di unire insieme le parole secondo le stravaganti regole del “sandhi”.

Le prime due sillabe di ognuna delle cinque classi – ovvero le gutturali ka e kha, le palatali ca e cha ecc. - Vengono considerate usando la terminologia inglese” unvoiced”, per noi “dure”;

La terza e la quarta sillaba di ciascuna classe –ovvero le gutturali ga e gha, le palatali ja e jha ecc.- sono considerate “voiced”, per noi “morbide”;

La quinta sillaba di ciascuna classe – la gutturale a, la palatale ña ecc. – è considerata “morbida-nasale”;

Le sibilanti śa, a, śa sono considerate “unvoiced”, dure;

Le semivocali sono considerate “voiced”, morbide.

TABELLA DELLE CONSONANTI DURE E MORBIDE

Consonanti

Non aspirate – “dure”

Aspirate- “dure”

Non aspirate – “morbide”

Aspirate “morbide”

Nasali- morbide

Gutturali

ka

kha

ga

gha

a

Palatali

ca

cha

ja

jha

ña

Celebrali

a

ha

a

ha 

a

Dentali

ta

tha 

da 

dha 

na

Labiali

pa

pha

ba 

bha 

ma

 

 

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