Nell'osservare una statuetta di Śiva, il
नटराज naṭarāja ("Re della Danza") possiamo assumere almeno tre diversi atteggiamenti, o modalità:
1. L'atteggiamento del devoto, che considera l'immagine come un oggetto di culto, al pari di una santa reliquia o, per un cattolico, del crocifisso;
2. L'atteggiamento dello scienziato o dello storico dell'Arte, che cerca di inserire l'opera in un contesto storico e di sviscerarne i significati;
3. L'atteggiamento dello haṭhayogin, che considera l'immagine come una possibile indicazione di una tecnica operativa, atta a trasformare il corpo e la mente.
Per quanto riguarda la prima modalità, non mi pronuncio il devoto si muove nella dimensione della Fede e la Fede è caratterizzata, per definizione, dall'accettazione di una verità di origine misteriosa e dall'assenza di dubbi e non avendo, personalmente, mai avuto il dono della fede mi parrebbe di cattivo gusto commentare in tal senso.
Nelle altre due modalità, quella dello "scienziato" - tra virgolette - e dello haṭhayogin, dato che ho studiato Storia dell'Arte all'università e che pratico āsana, mudrā e bandha da quando avevo dodici anni mi trovo decisamente più a mio agio.
Lo storico dell'Arte sa che l'iconografia del "Dio danzante di Chidambaram" nasce nel Sud dell'India tra la fine del VI e l'inizio del VII secolo d.C. (vedi: Hermann Kulke; Dietmar Rothermund (2004). A History of India . Routledge. p. 145.ISBN 978-0-415-32920-0.) e che probabilmente assume la forma oggi conosciuta nel X secolo, quando i re della dinastia Chola ricostruirono Chidambaram con pietra e oro e fecero di una statuetta d'argento del naṭarāja l'icona principale del tempio.
Per abitudine, poi, lo "storico dell'Arte" analizza e dettagli, e questo può essere di aiuto allo haṭhayogin, che può interpretare certi particolari in base alla propria esperienza e agli insegnamenti orali che ha ricevuto.Sulla destra del "dio che danza", ad esempio, nascosta tra i capelli sciolti - nei quali sono celati serpenti e fiori - si nota una figura femminile, metà donna e metà serpente:
Si tratta della dea Gaṅgā, dea del Perdono e della purificazione, figlia di Himavān and Menā, sorella maggiore di Gaurī - la seconda sposa di Śiva - innamorata anch'essa del naṭaraja
Gaṅgā è nascosta nei capelli del "dio che danza" in ricordo della sua discesa impetuosa sulla terra - quando fu frenata appunto, dai capelli di Śiva, prima che distruggesse il mondo intero - e nell'iconografia del naṭarāja è ritratta come una nagiṇi, una creatura metà donna metà serpente, oggetto di uno dei culti più antichi del Sud dell'India, che si ritrova spesso raffigurata nei templi indiani come "protettrice delle porte" (dvārapālakā).
Continuando l'analisi dei dettagli della statuetta del naṭarāja troviamo, sotto alla figura della dea ganga, la mano destra posteriore del dio che regge un damaru - il tamburo a forma di clessidra - simbolo sia del potere divino della creazione (Sṛṣṭi सृष्टि), attraverso il suono, sia dell'unione sessuale di maschile e femminile, rappresentati in questo caso da Brahma e dala sua consorte Brāhmī, chiamata anche Kriyāśakti, o śakti dell’azione. Il tamburo, nell'iconografia del "Dio che danza" rappresenta anche l'elemento Terra e la sillaba Na न del mantra Oṃ Namaḥ Śivāya;
La mano anteriore destra è invece nel gesto "che allontana la paura", Abhayamudrā e simboleggia sia il potere divino del mantenimento (Sthiti स्थिति), sia l'unione di Viṣṇu e della sua sposa Vaiṣṇavī, chiamata anche Jñānaśakti, o śakti della conoscenza.
La mano anteriore destra nell'iconografia del "Dio che danza" rappresenta anche l'elemento Acqua e la sillaba Ma म del mantra Oṃ Namaḥ Śivāya;
La mano posteriore sinistra regge una fiamma, che rappresenta sia il potere divino della dissoluzione (Saṃhāra संहार), sia l'unione di Rudra con la sua sposa Raudrī, detta anche Icchāśakti, o śakti del desiderio. La mano posteriore sinistra nell'iconografia del "Dio che danza" rappresenta anche l'elemento Fuoco e la sillaba Śi शि del mantra Oṃ Namaḥ Śivāya;
Il piede destro, poggiato su un buffo nanetto, rappresenta sia il potere divino dell'occultamento, (Tirōdhāna तिरोधान), sia l'unione di Īśvara (o Īśāna) con la sua sposa Īśvari, detta anche Ādiśakti, o śakti primordiale, Ānandaśakti o Parākuṇḍalinī. il piede destro nell'iconografia del "Dio che danza" rappresenta anche l'elemento Aria e la sillaba Vā वा del mantra Oṃ Namaḥ Śivāya;
Per ciò che riguarda il buffo nanetto, anche se non ci sono fonti attendibili precedenti al XIX secolo, lo si identifica comunemente con un demone chiamato Apasmārapuruṣa. In realtà puruṣa significa persona e apasmāra "epilessia"; è possibile che si riferisca semplicemente ad "una persona cretina" o, dato che l'epilessia veniva collegata alla perdita della memoria, potrebbe rappresentare l'oblio.
L'identificazione del nanetto con un demone o comunque con un essere maligno dipende probabilmente dalla somiglianza con l'iconografia cristiana di San Michele che calpesta il diavolo, ma si tratta di una suggestiva ipotesi priva di fondamento. Nell'immagine sotto, proveniente dal tempio di Mahalingeswarar, nel Tamil Nadu, il nanetto sembra infatti far parte dei discepoli di Śiva:
Bisogna anche considerare che l'iconografia tantrica è spesso riferita a particolari asterismi, per cfui non è assolutamente improbabile che il
naṭarāja rappresenti la costellazione di Orione e il nanetto la costellazione della lepre (lepus):
Andando avanti nell'interpretazione della statuetta del "dio che danza", notiamo il piede sinistro sollevato indicato dalla mano sinistra:
Il piede sinistro rappresenta sia il potere divino della Grazia, (Anugraha अनुग्रह), sia l'unione di Sadāśiva con la sua sposa Bhagavatī, detta anche Parāśakti, o śakti suprema, Citśakti (Cicchakti), Sadāśivā, Mātṛkā, o semplicemente, Devī. Il piede sinistro nell'iconografia del "Dio che danza" rappresenta anche l'elemento Spazio e la sillaba Ya यdel mantra Oṃ Namaḥ Śivāya.
In buona sostanza la rappresentazione classica del "dio che danza" è, anche, una rappresentazione del mantra delle cinque sillabe, ॐ नमः शिवाय, e, quindiu, dei cinque elementi, dei cinque poteri della divinità, dei cinque "brahma" e delle cinque energie della manifestazione.
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Brahma
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Īśvara o
Īśāna;
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Sadāśiva.
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