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La Terra Piatta, Santa Domitilla e la Teologia della Menzogna

 

 

Vi introdurremo a questa storia solo quegli eventi che potranno essere utili in primo luogo per voi in secondo luogo per i posteri.
(Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiae)

Secondo  una indagine di SWG (Vedi qui) il 15% degli italiani pensa sinceramente che la Terra sia piatta e il 18%  che il mondo sia governato da alieni in forma di lucertoloni - i "Rettiliani" - che prendono a piacimento le sembianze di esseri umani. Ciò significa che più o meno un italiano su sette è un credulone, ma secondo me si tratta di cifre sottostimate: se ci aggiungessimo tutti coloro che credono ad improbabili santoni che promettono la felicità eterna e a sensitive che  moltiplicano la pizza e gli gnocchi e fanno piangere sangue alle statue della madonna probabilmente il numero dei creduloni aumenterebbe in maniera esponenziale.

I motivi di questa non solo italica tendenza alla dabbenaggine secondo me sono da ricercare nelle origini della Chiesa cattolica, i cui padri fondatori, erano convinti assertori della necessità della menzogna, tanto che, come vedremo in seguito,  Eusebio di Cesarea,  nella “Preparatio evangelica”, inserì un sentito "elogio della menzogna".

Tanto per fare un esempio prendiamo il caso di una santa celebrata pochi giorni fa - il 7 maggio - ovvero Santa Domitilla.



Secondo Eusebio di Cesarea (Storia ecclesiastica, III,18) la martire Domitilla nacque intorno al 60 d.C. nella famiglia degli imperatori Flavi – era nipote di Tito e di Domiziano –  fu condannata per aver “dato testimonianza a Cristo”, ma, non fu proprio martirizzata, ma venne esiliata su un'isola utilizzata all'epoca come luogoi di vacanza dai nobili romani:

 In quel tempo la dottrina della nostra fede brillava tanto che anche gli autori estranei alla nostra tradizione non esitarono a tramandare nelle loro storie la persecuzione e i martiri avvenuti in essa. Indicano anche il tempo preciso, dicendo che nel quindicesimo anno di Domiziano, fra moltissimi altri, Flavia Domitilla, figlia di una sorella di Flavio Clemente, allora uno dei consoli di Roma, è stata condannata per aver dato testimonianza a Cristo ed essere relegata nell’isola di Ponza.[1]

dato che Eusebio di Cesarea è nato nel 265 d.C. è alquanto improbabile che abbia assistito alle vicende di una nobile vissuta duecento anni prima, per cui, si suppone che abbia letto  la storia di santa Domitilla vergine su qualche testo romano, nello specifico la "Storia Romana" di Cassio Dione, in cui si legge:

Domiziano mandò a morte siccome molti altri, così pure Flavio Clemente, sebbene questo fosse di lui cugino, e moglie avesse Flavia Domitilla, anch’essa parente di Domiziano, apposto avendo all’uno ed all’altra il delitto di empietà verso gli dei; e per questo delitto anche molti altri che deviati erano ai costumi dei Giudei, dannati furono; dei quali una parte fu uccisa, l’altra spogliata di qualunque facoltà. Domitilla fu soltanto relegata all’isola Pandataria [N.d.A. Ventotene o secondo alcuni Ponza].[2]

 

Domitilla, a prestar fede a Cassio Dione non solo non è stata martirizzata, ma non era neppure vergine – era la moglie di Flavio Clemente, suo zio – e, incredibilmente, non era neppure cristiana, ma era una gentile – ovvero una pagana – deviata ai costumi dei Giudei”.

In altre parole il 7 maggio di ogni anno la Chiesa cattolica celebra come vergine e martire una nobile romana, sicuramente non illibata, esiliata dallo zio all’isola di Ponza, per essersi convertita all’ebraismo. 

Non si tratta di una svista, né di uno scambio di persona, ma di un tipico esempio della strategia della menzogna messa in atto dai Padri della Chiesa nel IV secolo d.C.

 Eusebio riteneva che mentire in nome del Signore, lungi dall’essere un peccato, fosse una necessità, tanto che nella “Preparatio evangelica[3] dedica una intera sezione alle menzogne (pseudos) ntese come indispensabile medicina che è “legale e appropriato” utilizzare[4].

Nella “Historia Ecclesiae” ribadisce il concetto enunciando il “principio di utilità” in base al quale ha scelto di riportare alcuni eventi e di tacerne altri:

Vi introdurremo a questa storia solo quegli eventi che potranno essere utili in primo luogo per voi in secondo luogo per i posteri.[5]

In altre parole, secondo Eusebio, non bisogna raccontare ciò che è “vero”, ma ciò che è “utile”, procedendo, all’occorrenza, alla manipolazione di testi e documenti storici.

L’esercizio della “menzogna necessaria” unito alla involontaria manipolazione nel corso dei secoli ha portato alla creazione della “teologia del segreto” su cui si basa il cristianesimo moderno: non è solo il Dio padre ad essere - per definizione - inconoscibile, ma lo sono anche le fonti originarie degli insegnamenti, il reale svolgimento dei fatti narrati nei vangeli e la reale identità dei protagonisti di quegli eventi.

Storie e personaggi diversi si intrecciano e si fondono in un racconto – la storia del cristianesimo primitivo – che si nutre esclusivamente di se stesso – autopoiesi – e, grazie allo strumento della fede tende a sfuggire da ogni tentativo di investigazione e analisi razionale.




[1] Eusébio, Storia ecclesiastica, III,18.

[2] Cassio Dione, Storia romana\\compendiata da Giovanni Xifilino, 14; traduzione italiana: Luigi Bossi, Istorie romane. Sonzogno Milano 1823; pag. 256-257.

[3] Praeparatio evangelica, XII, 31.

[4] Data for discussing of ‘pseudos’ as used by Eusebius in PE XII, 31. Vedi: www.tertullian.org 

[5] Historia Ecclesiae, Vol. 8, cap. 2.

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