3.14 è un altro di quei versetti in cui risulta evidente l'impossibilità di comprendere Yoga Sutra senza leggere il commento di Vyāsa. Credo che con tutta la buona volontà immaginabile nessun praticante potrenbbe arrivare a comprendere 3.14 senza leggere le spiegazioni. Anche perchè si fa uso di termini , come dharma o śānta, che solitamente vengono tradotti in modi affatto diversi: qui dharma significa "qualità", nel senso di "potere" insito in un particolare oggetto o gruppo di oggetti: il Dharma dell'argilla ad esempio è il vaso, o la statua o il bicchiere; śānta invece rappresenta ciò che "tramonta" ciò che è "passato". Un'altra cosa importante è l'assoluta necessità di conoscere il Sāṃkhya: senza la conoscenza dei 25 principi e delle relazioni tra Suono, orecchio, Spazio ecc. questo versetto - e tutto lo Yoga Sutra - sarà completamente incomprensibile.
शान्तोदिताव्यपदेश्यधर्मानुपाती धर्मी ॥३.१४॥
In caratteri latini:
śāntoditāvyapadeśyadharmānupātī dharmī ||3.14||
Sciogliamo il sandhi:
śāntoditāvyapadeśya-dharmānupātī dharmī ||3.14||
Ovvero:
śānta-udita-avyapadeśya-dharma-anupātī dharmī ||3.14||
śānta, aggettivo, dalla radice “śam”, essere in quiete”, “calmare”, “acquietarsi”. Significato: “calmo”, “tranquillo”, “pacificato”; in questo ambito, in relazione ai contenuti mentali, va inteso come “passato”, “tramontato”;
udita, aggettivo, dal prefisso “ud”, “su”, “verso l’alto”, “sopra”; radice verbale “i”, “andare”, “uscire”, “vai”. Significato: “sbocciare”, “sbocciato”, “sorgere”, “sorto”, “manifestare”, manifestato”;
avyapadeśaya, [Karmadhāraya ?] aggettivo, dal sostantivo maschile “avyapadeśa”, dal prefisso “a”, che indica la negazione; dal prefisso "vi", "a parte", “separato”, “diverso”; prefisso “apa”, “giù”, “via”, “indietro”; radice verbale “diś”,” puntare”, “indicare”, “dimostrare”; Significato: “non designato”, “non indicato”, “non nominato”, “indefinito”;
dharma, sostantivo maschile, dalla radice verbale “dhṛ”, “tenere”, “trattenere”, “portare avanti”. Significato: “legge”, “codice”, “legge”, “dovere”. In Īśvarapratyabhijñāvimarśinī (KSTS vol. 65, 330) indica i diversi aspetti di Śakti e, in genere, le diverse qualità di una sostanza, un’energia ecc.;
anupātī, nominativo singolare dell’aggettivo “anupātin”, dal prefisso “anu”, “di conseguenza”, “in base a”, “di conseguenza”, “in base a”; e dalla radice verbale “pat”, “cadere”, “volare”. Significato: “che segue”, “che rincorre”, “che è conseguenza”, “risultante”, ;
dharmī, nominativo singolare dell’aggettivo “dharmin”, “conoscere la legge”, dotato di caratteristiche peculiari”; dalla radice verbale “dhṛ”, “tenere”, “trattenere”, “portare avanti”. Significato: “pio”, “virtuoso”; in quiesto caso “detentore di proprietà”, “substrato”, “sostanza”;
Quindi abbiamo:
Acquietato-che sorge-non definito-qualità-seguente/risultante/sostrato.
Possibile interpretazione:
Dharmī [ovvero il substrato della manifestazione] è ciò a cui ineriscono le caratteristiche (dharma) relative (anupātī) a ciò che è acquietato (śānta), a ciò che insorge (udita) e a ciò che è indefinibile/indefinto (avyapadeśya)[ovvero non ancora manifestato].
Commento di Vyāsa: La qualità di un oggetto è l’idoneità a far emergere il potere che lo contraddistingue. L' esistenza di questo potere tipico di un particolare oggetto è deducibile dai suoi effetti e dai diversi effetti attribuibili al potere di un oggetto diverso.
Delle varie qualità [e caratteristiche] quella la cui manifestazione è in atto è “il presente” che per ciò si distingue dalle qualità e caratteristiche divenute latenti [ovvero appartenenti al passato] e quelle imprevedibili [in quanto appartenenti al futuro].
Quando però la qualità o caratteristica è la medesima e coincide con tutti questi stati [ovvero passato, presente e futuro] è riconosciuta come natura stessa dell’oggetto. […].
Ora, tra le qualità, o caratteristiche, di un oggetto che sono latenti, emergenti o imprevedibili, le latenti sono quelli che sono state in funzione e sono cessate.
Le caratteristiche emergenti sono quelle che sono in funzione, e sono quindi immediatamente successive alle caratteristiche non ancora manifestate [N.d.R. ciò che si manifesta, ovvero ciò che è “in emergenza”, non può che dipendere da ciò che è latente, ovvero non ancora manifestato: in altre parole l’argilla ha in sé il potere di solidificarsi che si manifesta solo dopo che è stata disciolta in acqua. Così come quando è nello stato di polvere ha in sé il potere di disciogliersi grazie all’acqua]
Quelli che sono cessate sono invece immediatamente successive alle caratteristiche presenti. Perché le caratteristiche presenti non sono le immediate conseguenze del passato?
Per l' assenza del rapporto di antecedenza e post cedenza (tra le due). Come esiste il rapporto di antecedenza e postcedenza tra il presente e il futuro, non così tra questo e il passato […].Per questo motivo solo ciò che non è ancora manifesto è l'antecedente del presente.
Cosa sono allora gli imprevedibili/indefinibili?
Ogni elemento ha la natura di tutti gli altri […] [N.d.R. Vyāsa in questa parte del commento, parla delle caratteristiche di Acqua e Terra: l’elemento Acqua ha in sé gli elementi sottili Suono, Tangibilità, Luce e Sapore; l’elemento Terra ha in sé gli elementi sottili Suono, Tangibilità, Luce, Sapore e Odore. Le piante rampicanti, gli alberi, i frutti ecc. avranno sia le caratteristiche attribuibili alla terra sia le caratteristiche attribuibili all’acqua]. Quindi tutto è della natura di tutti senza la distruzione delle specie . Ciò è soggetto alle limitazioni di tempo , spazio , forma e causa determinante. Le loro nature certamente non si manifestano simultaneamente.[N.d.R. banalizzando un po’, possiamo fare l’esempio dell’essere umano nel quale si possono trovare le caratteristiche del pesce – nuota e galleggia – del leone – è un predatore e mangia carne – della scimmia – si arrampica sugli alberi - ecc., ma uomo, pesce, leone e scimmia non si manifesteranno contemporaneamente nello stesso “ente”].
La “Natura” di un oggetto è ciò che è comune a tutte le caratteristiche sia manifestate sia non manifestate ed è ciò che definito substrato (dharmī). È questo substrato costante che si identifica come tale anche quando un oggetto ha assunto una caratteristica diversa, ed è in base a questo sostrato, che l’oggetto appare una unità nonostante assuma caratteristiche diverse. [tra l’altro l’oggetto diviene riconoscibile in base al suo sostrato, solo da colui la cui coscienza percettiva ha avuto esperienza di quel sostrato.
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