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YOGA SUTRA 1.33 - LE QUATTRO DIMORE SPIRITUALI E IL DHARMA BIANCO




La stabilità della mente [si ottiene] coltivando la cordialità, la compassione, la gioia e l’equanimità riguardo al piacere e al dolore, ai meriti e ai demeriti ||1.33||

Nel versetto 1.33 si parla delle "quattro dimore spirituali" del buddismo, ovvero i quattro, “brāhmavihāra”, ovvero:
1. maitrī (“cordialità”, “benevolenza”);
2. karuṇā (“gentilezza”, “compassione”);
3. muditā (letizia);
4. upekṣā (equanimità).

Si tratta di un tipico insegnamento buddhista (e giainista a dir la verità) e questo ci rimanda una volta di più all'esistenza (ormai evidente) di un legame tra Patañjali. e autori buddhisti come Asaṅga o Vasubandhu; ma la cosa che è interessante notare in questo versetto e nel relativo commento, secondo me, è l'accenno al "Dharma bianco". Scrive Vyāsa:

«Che egli coltivi nella sua mente l'abitudine alla cordialità, maitrī, verso coloro che sperimentano la con-dizione del piacere; la compassione, karuṇā, verso co-loro che soffrono; la compiacenza, muditā, verso colo-ro che sono virtuosi e l’indifferenza, upekṣā, verso i viziosi.
Abituando così la mente a queste nozioni, insorge il dharma bianco (śuklo dharma upajāyate) . Quindi la mente diventa pura. Essendo diventata pura, diventa concentrata e raggiunge la condizione di stabilità».

La parola composta "Śukladharma" viene di solito tradotta con "Legge Pura", ma nello Y.S. "Dharma" viene inteso come "Qualità espressive". L'argilla ad esempio ha come Dharma "il bicchiere", "il vaso" o "la statua", ma non potrà mai dar forma ad una spada per combattere.
Nel commento a 1.33 si introduce il concetto di "dharma bianco" e questo ci fa ovviamente pensare all'esistenza di un "dharma nero", esattamente come nel versetto 4.7 si parlerà di "karma bianco e karma nero":

karma aśukla-akṛṣṇam yoginaḥ tri-vidham ita-reṣām ||4.7||

Quello del "Dharma bianco" da portare alla luce, è un concetto affascinante: significa che non c'è niente di determinato; supponiamo che io sia acciaio: tra imiei "dharma" [le mie possibilità espressive] ci saranno sia il cucchiaio che mi permette di mangiare più facilmente la zuppa (Dharma bianco), sia la spada che uccide (Dharma nero).
Giusto?
Sembra di capire che coltivando convivialità, compassione, gioia ed quanimità, si possa mettere in primo piano le " personali, naturali possibilità espressive finalizzate al Bene di tutti gli esseri senzienti".

In sostanza se, ad esempio, la mia vera natura è quella del guerriero non è detto che debba portare a compimento il mio dharma uccidendo e ferendo, ma avrò la possibilità di portare alla luce altre "possibilità espressive" che fanno ugualmente parte della mia "vera natura".
C'è sempre una scelta....

SŪTRA 1.33

मैत्रीकरुणामुदितोपेक्षाणां सुखदुःखपुण्यापुण्यविषयाणां भावनातश्चित्तप्रसादनम् ॥१.३३॥

In caratteri latini:
maitrīkaruṇāmuditopekṣāṇāṁ sukhaduḥkha puṇyāpuṇyaviṣayāṇāṁ bhāvanātaścittaprasādanam ||1.33||

Sciogliamo il sandhi:
maitrī-karuṇā-muditopekṣāṇāṁ sukha-duḥkha-puṇyāpuṇya-viṣayāṇāṁ bhāvanātaś citta-prasādanam ||1.33||

Ovvero:
maitrī-karuṇā-muditā-upekṣāṇām sukha-duḥkha-puṇya-apuṇya-viṣayāṇām bhāvanātaḥ citta-prasādanam ||1.33||

Maitrī, sostantivo femminile, “cordialità”, “benevo-len-za” .
Karuṇā, sostantivo femminile; dalla radice verbale “kṛ”, “fare”, “fare qualcosa”, “portare a termine”, “disper-dere”, “uccidere”, “ferire”. Significato: “gen-tilezza”, “compassione”, “simpatia” .
Muditā, sostantivo femminile; dalla radice verbale “mud”, “mescolare”, “unire”, “gioia”. Significato: “gio-ia”, “contentezza”, “compiacimento”, “soddi-sfazione per la gioia altrui” .
Upekṣāṇām, genitivo plurale del sostantivo fem-minile “upekṣā”; dal prefisso “upa”, “vicino”, “sotto”, “accanto”; dal sostantivo femminile “īkṣā”, “vista”, “visione”; derivante a sua volta dalla radice verbale dalla radice verbale “īkṣ”, “vedere”, “percepire”, “os-servare”, “contemplare”. Significato di “upekṣā”: “ab-bandono”, “disprezzo”, “indifferenza”, “equanimi-tà” .
Sukha, sostantivo maschile/femminile/neutro; dal pre-fisso "su" che significa "buono", "piacevole", godibile" e dal sostantivo neutro "kha", che significa "vuoto", "cielo", “foro", mozzo della ruota". Significato: “pia-cere”, “felicità”, “prosperità”, "piacevole", "che pro-voca godimento", “confortevole”, “dolce”.
Duḥkha, sostantivo neutro, dal prefisso “dus”, “ma-le”, “cattivo”, “difficile”, “duro”; dal sostantivo neu-tro "kha", che significa "vuoto", "cielo", “foro", mozzo della ruota". Significato: “disagio”, “dolore”, “tristez-za”, “difficoltà”.
Puṇya, sostantivo neutro; dalla radice verbale “puṇ”, “essere virtuoso”, “raccolta”. Significato: “buono”, “di buon auspicio”, “giusto”, “meritorio”.
Apuṇya, sostantivo neutro; dal prefisso “a” che indica “negazione”; dalla radice verbale “puṇ”, “essere vir-tuoso”, “raccolta”. Significato: “buono”, “di buon au-spicio”, “giusto”, “meritorio”. Significato: “impuro”, “malvagio” .
Viṣayāṇām, genitivo plurale del sostantivo maschi-le “viṣaya”; dalla radice verbale "viṣ", "fare attività", "lavorare". Significato: “degli oggetti”, “degli oggetti dei sensi”, “riguardo a tali oggetti”.
Bhāvanātas (bhāvanātaḥ), ablativo del sostantivo femminile “bhāvanā”; dalla radice verbale “bhū”, “di-venire”, “insorgere”, “accadere”; dal suffisso “tas” che dà luogo all’ablativo. Significato: “ a causa delle esperienze”, “in virtù delle esperienze”, “coltivando le abitudini”.
Citta, sostantivo neutro, dalla radice verbale “cit”, “percepire”, “notare”, “osservare”. Significato: “men-te” “spazio percettivo”, “mente percettiva”, facoltà della percezione”.
Prasādanam, nominativo singolare del sostantivo neutro “prasādana”; dal prefisso “dal prefisso "pra", "a-vanti", "fuori"; dalla radice verbale “sad”, “spacca-tura”, “rottura”, “andare”, “sdraiato”, “essere in dif-ficoltà”. Significato: “chiarificante”, “purificante”, “lenitivo”, “ciò che elimina le impurità” .

Quindi abbiamo:
Cordialità – compassione – gioia – equanimità – piacere – dolore – meriti e demeriti - riguardo a – coltivando le abitudini – stabilità della mente.

Possibile interpretazione:
La stabilità della mente [si ottiene] coltivando la cor-dialità, la compassione, la gioia e l’equanimità riguardo al piacere e al dolore, ai meriti e ai demeriti.

Traduzione di Swami Satchidananda, 1.33:
By cultivating attitudes of friendliness toward the hap-py, compassion for the unhappy, delight in the virtuous, and disregard toward the wicked, the mind-stuff retains its undisturbed calmness.

Traduzione di Swami Vivekananda, 1.33:
Friendship, mercy, gladness, indifference, being thought of in regard to subjects, happy, unhappy, good and evil respectively, pacify the citta.

Commento di Vyāsa al Sūtra 1.33:
In che modo [il praticante] può ottenere la condi-zione di perpetua purezza della mente secondo gli insegnamenti di questa scrittura (śāstreṇa)?

La stabilità della mente [si ottiene] coltivando la cordialità, la compassione, la gioia e l’equanimità riguardo al piacere e al dolore, ai meriti e ai demeriti ||1.33||

Che egli coltivi nella sua mente l'abitudine alla cordialità, maitrī, verso coloro che sperimentano la con-dizione del piacere; la compassione, karuṇā, verso co-loro che soffrono; la compiacenza, muditā, verso coloro che sono virtuosi e l’indifferenza, upekṣā, verso i viziosi.
Abituando così la mente a queste nozioni, insorge il dharma bianco (śuklo dharma upajāyate) . Quindi la mente diventa pura. Essendo diventata pura, diventa concentrata e raggiunge la condizione di stabilità.

Commento di Vyāsa in sanscrito al Sūtra 1.33:
yasya cittasyāvasthitasyedaṃ śāstreṇa parikarma nir-diśyate tatkatham - maitrīkaruṇāmuditopekṣāṇāṃ su-khaduḥkhapuṇyāpuṇyaviṣayāṇāṃ bhāvanātaścitta-prasādanam ||1.33||
tatra sarvaprāṇiṣu sukhasaṃbhogāpanneṣu maitrīṃ bhāvayet. duḥkhiteṣu karuṇām. puṇyātmakeṣu muditām. apuṇyaśīlesūpekṣām. evamasya bhāvayataḥ śuklo dharma upajāyate. tataśca cittaṃ prasīdati. prasannamekāgraṃ sthitipadaṃ labhate.

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