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YOGAS CHITTA VRITTI NIRODAH

Sono sempre più convinto del fatto che (nello yoga come per altre arti) riflettere sui significati letterali dei termini "tecnici" sia una delle chiavi della conoscenza.
Il sanscrito, si sa, è lingua complessa.
L'alfabeto è formato da una cinquantina di lettere (meglio sarebbe dire suoni) e le parole cambiano significato a secondo della posizione che assumono in una frase o dei termini cui sono collegate.
Se si parla dello specifico dello yoga, poi, la situazione si fa ancora più complicata, perché non esiste, nell'occidente moderno, nessuna arte paragonabile alla "danza di Shiva".

Ogni arte ha un proprio gergo, un linguaggio tecnico nato dall'esperienza pratica, perfettamente comprensibile solo agli addetti ai lavori.

In virtù della comune esperienza pratica, il gergo di un pittore di Varazze, ad esempio, avrà delle similitudini con quello di un pittore di Katmandu e alla fin fine si comprenderanno.
Per lo yoga, invece, ci si è invece dovuti inventare un codice di sana pianta, in pratica una nuova lingua.

 

Ovviamente quelli che giocano meglio con le parole sono gli scrittori e i poeti, così è avvenuto che certe "perifrasi ad effetto" ideate dai letterati si siano sovrapposte ai significati originali rendendo talvolta impossibile la piena comprensione degli insegnamenti tradizionali.

Uno dei più fortunati creatori di slogan e brillanti giri di parole è stato Mircea Eliade, che secondo me è stato uno dei più grandi romanzieri del '900, ma per sua stessa ammissione, non conosceva perfettamente né il sanscrito né il tibetano.
E' a lui che si deve lo slogan "LO YOGA E' UNIONE" che nonostante non appaia in nessun testo precedente al '900 è divenuto la definizione principe dello Yoga.

Un'altra delle sue brillanti invenzioni (oggi caduta in disgrazia) è la traduzione di Samadhi con il neologismo ENSTASI, ed un'altra ancora, se non sbaglio, è la traduzione del secondo sutra di Patanjali (yogasutra) yogaś citta vṛtti nirodhaḥcon: LO YOGA E' LA SOSPENSIONE DELLE MODIFICAZIONI DELLA MENTE.
Questa traduzione è divenuta così popolare da essere identificata con Patanjali stesso e con il Raja Yoga, ed è pure plausibile....ma approfondendo lo studio viene il sospetto che ci sia qualcosa d'altro.
चित्त citta ad esempio che nel sutra si traduce con mente, significa qualcosa di più e di diverso. E' lo spazio interno dell'individuo, e, assieme, la rappresentazione del mondo che egli fa in base alle sue conoscenze, emozioni, tendenze innate.

E' insieme la rappresentazione dell'individuo e la rappresentazione soggettiva del mondo.

निरोध nirodha che viene tradotto con SOPPRESSIONE ha più il senso di confinare, controllare, ma nello yoga dei siddha e dei kaula è il nome di un flusso energetico e di una particolare nadi, Nirodhika.

वृत्ति vṛtti infine che viene tradotto conmodificazioni vortici, ha più il senso di RUOLO, SPECIALIZZAZIONE.

Per un attore specializzato nell'interpretare il ruolo di Arlecchino, ad esempio, Arlecchino è una vṛtti.

 

Cogliere questa sfumatura nella pratica dello yoga, è fondamentale.

Dire che LO YOGA E' LA SOPPRESSIONE DELLE MODIFICAZIONI DELLA MENTE può condurre nel campo della speculazione intellettuale, della riflessione sulla natura della mente e del pensiero, tipici della filosofia e della psicologia occidentali che magari confinano con lo yoga, MA NON SONO YOGA!
La cosa in sé non è negativa, ma se studiando i testi di yoga, scopriamo che le vṛtti risiedono nei petali dei cakra e che questi sono considerati una realtà fisica, tangibile, dovremo ammettere la possibilità che il secondo , celebre sutra di Patanjali abbia, anche, significati e valenze operative che neppure immaginiamo.

Se leggiamo gli Yoga Sutra vedremo che Patanjali, dopo aver parlato di vṛtti al secondo sutra, ne riconosce cinque gruppi: sonno, immaginazione, memoria, retta conoscenza, errata conoscenza.

Si tratta di ruoli, specializzazioni, della cittatermine che, come abbia visto non significa propriamente mente, ma indica lo spazio interiore dell'essere umano, chiamato talvolta citta-akasha, per distinguerlo dallo spazio esterno (sia lo spazio propriamente detto che la visione generale del mondo) detto maha-akasha e dall'assoluto inteso come infinito spazio cosciente o cit-akasha.

Questo spazio, interiore è l'ATTORE che, per Patanjali, può interpretare le cinque tipologie di ruoli (vṛtti) sonno, immaginazione, memoria ecc.
5 come cinque sono i gruppi di consonanti dell'alfabeto sanscrito che, iscritte nei petali, indicano le particolari vibrazioni dei vari cakra.
 

Le vṛtti sono dei ruoli e al tempo stesso sono delle frequenze vibratorie.
E' come dire che ascoltando LA VIBRAZIONE DELL'ERRATA CONOSCENZA interpreto il ruolo del CATTIVO CONOSCITORE o ascoltando LA VIBRAZIONE DEL SONNO interpreto il ruolo di COLUI CHE DORME.....

 

L'immagine, tradizionale, di Milarepa che ascolta i "suoni sottili" con l'orecchio destro rappresenta il processo, misterioso, dell'intonazione.

E' una cosa che sto studiando con Ivana Cecoli, cantante e Sahaja Yogini (https://www.facebook.com/events/13 89773501250708/)

In pratica se, ascoltando una nota o una melodia si svuota la mente e si lascia fluire il suono dall'orecchio destro, la lingua, la gola, il palato si organizzano per riprodurre esattamente quella nota o quella melodia.

Con le vṛtti dei cakra, che sono vibrazioni al pari delle note (non importa se interne o esterne) accade la stessa cosa.

Il corpo, inteso come corpo parola e mente, si organizza per risuonare con quella data vibrazione.
Il segreto per comprendere il processo dell'intonazione e della risonanza sta nei cinque vayu secondari (9 secondo alcuni)

Sappiamo infatti che ciò che chiamiamo Prana è in realtà una serie di soffi vitali che, pur avendo sede in diversi cakra, si uniscono e in un certo senso nascono dal centro dell'ombelico

 

i dieci petali di nabhi cakra sono le dieci nadi in cui scorrono i cinque venti principali (PRANA, APANA, UDHANA, VYANA e SAMYANA) e i cinque venti secondari come DEVADATTA che, se non sbaglio, ha il compito di aprire e chiudere gli occhi e, secondo alcuni testi, permane dopo la morte fisica creando quei fenomeni che chiamiamo fantasmi, fuochi fatui, ecc.

Il sonno, la fame, l'eccitazione della mente ( e magari la morte....considerata una modificazione del sonno) sono determinati dall'azione di determinati vayu, ovvero alla predominanza, nell'interrotto fluire dei soffi vitali, di questa o quella particolare vibrazione.

La citta, intesa come spazio interno, si organizza per riprodurre quella determinata vibrazione, mettendoci nell condizioni di interpretare il ruolo dell'affamato, ad esempio, o del dormiente, o del sognatore e così via.

So che può sembrare una bizzarria, ma pensate al misterioso potere di uno sbadiglio, una risata o un impulso violento: sono più contagiosi del virus dell'influenza!
Se in una cena uno comincia a sbadigliare nel giro di pochi istanti buona parte dei commensali lo imiterà.
Una risata sincera farà sembrare divertenti anche le battute più idiote e un tranquillo padre di famiglia coinvolto in una discussione da stadio si trasformerà facilmente in un pericoloso teppista.

Cosa significa quindi yogaś-citta-vṛtti-nirodhaḥ dal punto di vista dello yoga tantrico (ovvero di tutto ciò che si occupa di cakra, nadi, kundalini....)?

Visto che il corpo può organizzarsi per riprodurre le vibrazioni che fanno risuonare la corda coscienziale (la via mediana e i canali sottili che la circondano) se lo yogin riesce ad intonarsi con il suono fondamentale, la tonalità di base dell'universo, le altre vibrazioni (e quindi i venti che circolano nelle nadi/petali dei cakra) perdono progressivamente il loro potere di fascinazione e la Mente può riposare in se stessa, ovvero interpretare il ruolo dell'Universo e del demiurgo.
E' questa la vera via della devozione: ASCOLTARE LA PAROLA, FARLA RISUONARE DENTRO DI SE' e, infine, DIVENIRE LA PAROLA.

"YOGA E ALTRESTRANEZZE"
 paoloproietti.rnk@libero.it

Commenti

  1. Cotton clad Mila isn't listening, he is pressing special points to stabilize his meditative state.

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