Dopo
la pubblicazione del mio post sul prāṇasaṃyama - LA SCIENZA DELLO YOGA (1) -
ho avuto uno scambio di opinioni con un altro insegnante, M.T.
Dalla
nostra discussione mi è parso di capire che molti di coloro che parlano di energie
sottili - kuṇḍalinī, vāyu,
prāṇa
– in realtà non le hanno mai percepite.
Ciò
che definiamo “energia sottile” non è la vaga sensazione o l’onnipresente, e
non descrivibile, energia cosmica della new age, ma un qualcosa di reale,
oggettivo, che sta alla base della pratica dello haṭhayoga.
Senza
la percezione delle energie sottili diventa difficile, se non impossibile,
comprendere pienamente la pratica degli āsana e delle mudrā, perché la
“valenza operativa” dello yoga consiste sulla possibilità di intervenire sul
sistema linfatico, il sistema circolatorio, il sistema nervoso e il sistema
endocrino, per mezzo di una serie di tecniche che necessitano, appunto della
percezione e dell’utilizzazione delle energie sottili.
Le
tecniche respiratorie – apnea, inversione o comunque alterazione del ciclo
nasale, allungamento delle fasi di inspirazione o di espirazione o entrambe
ecc. - servono per mutare la chimica del corpo.
L’espirazione forzata chiamata kapālabhātī,
ad esempio è finalizzata alla diminuzione della percentuale di CO2 nel
sangue inducendo nel praticante lo stato detto “ipocapnia”.
I
sintomi della ipocapnia indotta da kapālabhātī
sono:
1. Riduzione della frequenza del respiro;
2. Accelerazione della frequenza cardiaca;
3. Leggera alterazione cerebrale con vaso costrizione e produzione di effetti
visivi anomali.
4. Insorgere di uno stato di eccitazione mentale o di leggera ansietà.
Un
altro esercizio respiratorio molto praticato nello yoga è bhastrika che
consiste in veloci inspirazioni ed espirazioni forzate.
In
questo secondo caso alla diminuzione della concentrazione di CO2 si
accompagna la diminuzione della concentrazione di ossigeno nel
sangue.
Visto
che nel corpo umano la necessità di assumere ossigeno viene indotta dall'aumento
della percentuale di anidride carbonica, essendoci poca CO2 nel
sangue il praticante non sentirà la necessità di inspirare più profondamente e
sperimenterà i sintomi di una leggera “ipossia”, ovvero di una diminuzione
della percentuale di ossigeno nel sangue.
I
sintomi dell’ipossia sono:
1. Progressivo abbassamento della frequenza dei battiti cardiaci (dopo un
iniziale aumento);
2. La diminuzione del metabolismo, con una sensazione di tranquillità e
sonnolenza:
3. La sensazione di leggera ebrezza (successiva alla sonnolenza) con
distorsioni percettive;
4. Restringimento del campo visivo.
L’apnea
forzata, assai utilizzata anche in molti esercizi respiratori di base
(esempio:si inspira in 4 tempi, si trattiene l’aria per 64 tempi e si espira
per 16 tempi) provoca infine ipercapnia, ovvero un aumento della percentuale di
anidride carbonica, con l’insorgere di un leggero stato di letargia, ovvero:
1. Sonnolenza;
2. Scarsa reattività agli stimoli esterni;
3. Diminuizione dell’attività mentale.
È
ovvio che questi esercizi vanno praticati con cautela e vanno appresi da
istruttori esperti che, se sono autentici haṭhayogin, saranno consci delle
possibili utilizzazioni degli effetti di ipocapnia, ipossia e ipercapnia.
L’aumento
della percezione della propria vitalità, gli effetti luminosi, o sonori, che
portano il praticante a portare l’attenzione “all'interno del proprio corpo”,
il rilassamento e la diminuzione di attività psichica che predispongono alla
meditazione possono essere indotti negli allievi al fine di migliorare il loro
rapporto con il corpo, aumentando le capacità di “ascolto interiore”, ridurre
il livello di stress e permettere loro di usufruire della pratica fisica per
migliorare innanzitutto il proprio stato di salute.
Ma,
ovviamente, collegare gli stati indotti dalle tecniche respiratorie a pratiche
e credenze religiose può al contrario, secondo me, portare degli effetti
negativi, con l’insorgere di disturbi cognitivi e fisici di vario genere.
La
sensazione di piacevolezza derivante da una seduta di meditazione o da una
riuscita pratica di prāṇāyāma, dipendono dall'alchimia del corpo umano, e non,
ad esempio, dalla
fede in un guru o in un maestro spirituale.
Un
conto è, per esempio la preghiera, intesa come atto di devozione, un altro è
quello di affrontare gli esercizi dello yoga alchemico – elaborazione
medioevale del sapere vedico – animati dalla fede cieca.
Un
ricercatore conscio del lavoro “alchemico” che sta facendo, riuscirà a rendersi
conto dei limiti cui può spingersi con se stesso o con gli allievi, durante la
pratica di esercizi non esattamente innocui come le tecniche di prāṇāyāma.
Un
devoto animato da fede cieca potrebbe da un lato invece avere il desiderio di
spingersi oltre i limiti stabiliti dalla propria anatomia e dal proprio stato
di salute, dall'altro potrebbe arrivare a collegare ad esempio, le distorsioni
percettive causate dalla diminuzione della percentuale di ossigeno, con
visioni celestiali o messaggi di esseri di altre dimensioni.
Per
ciò che riguarda gli āsana bisogna essere coscienti che i tratta in genere di
tecniche per favorire il flusso dei cinque principali fluidi del corpo umano:
-
Sangue venoso;
-
Sangue arterioso;
-
Linfa;
-
Liquido sinoviale;
-
Liquido cefalo-brachidiano o cerebro-spinale .
Di
questi il più importante dal punto di vista yogico è la linfa, detta un tempo “sangue
bianco”, che grazie all'enorme diffusione di vasi linfatici nel corpo umano
interagisce con tutti gli altri fluidi corporei.
Gli
effetti piacevoli riscontrati dopo una buona pratica di haṭhayoga sono
attribuibili in gran parte al miglioramento della circolazione dei fluidi
corporei.
L’aumento
della scioltezza articolare ad esempio, sarò dovuto in genere, alla migliore
distribuzione del liquido sinoviale.
Avete
fatto caso alla facilità con cui, durante un’intensa, e ben condotta, pratica
di yoga, “scrocchiano” le vertebre e le articolazioni?
Lo “scrocchio”
è dovuto all'esplosione di bolle d’aria contenute nel liquido sinoviale.
Quando
le due estremità di un articolazione sono mal disposte o comunque sottoposte ad
una eccessiva pressione, il liquido sinoviale – responsabile della scioltezza
articolare – è mal distribuito e ristagna, creando delle bolle d’aria.
Allungando
le due estremità dell’articolazione con gli esercizi yoga si crea una zona di “vuoto”,
le bolle scoppiano e l’articolazione, dopo il crack, ritorna al suo stata
naturale.
Per far
vuoto tra le due estremità dell’articolazione si dovrà lavorare sul processo di
contrazione e rilassamento dei muscoli, processo legato indissolubilmente alla
circolazione del liquido linfatico.
Il flusso
linfatico a sua volta dipende dal funzionamento dei diaframmi (diaframma
toracico, diaframma urogenitale, diaframma della sella turcica ecc.) delle vere
e proprie pompe che hanno la funzione di regolare la pressione delle zone in
cui si trovano in genere i gruppi di linfonodi.
La
linfa non si muove autonomamente nel corpo, ma ha bisogno di una sollecitazione
esterna. La pressione all'interno dei vasi linfatici è assai bassa, per cui di fronte ad una
resistenza causata da una contrazione muscolare o a una rigidità dei diaframmi
crea a sua volta dei ristagni.
La
maggior parte degli āsana sono finalizzati all'aumento della pressione nei
canali linfatici tramite la riduzione delle tensioni presenti nel sistema
fasciale, strettamente connesso all'asse dei diaframmi.
Il
movimento fisico, i bandha, l’uso di manipolazioni e la respirazione “consapevole”
tipici delle tecniche yoga, aumentano la pressione nei vasi linfatici favorendo
la circolazione della linfa e, di conseguenza, di tutti i fluidi corporei e del
sistema endocrino.
L’altro
sistema su cui lavora lo Yoga è il sistema nervoso, e si suppone che uno yogin sviluppi
a tal punto le capacità percettive da riuscire ad avvertire il passaggio delle
informazioni elettrochimiche dalla periferia al cervello (funzione afferente
dei nervi) e dal cervello alla periferia (funzione efferente)
Lo
haṭhayogin in altre parole deve padroneggiare la tecnica dell'ascolto interiore
(che non ha niente a che vedere con l'esame di coscienza o l'auto-analisi!),
spostando l'attenzione della mente sulla percezione interna o enterocettività fino
a sviluppare progressivamente una sensibilità "febbrile" per le
percezioni tattili in modo da percepire lo scorrere dei fluidi corporei, il
loro stagnarsi, e addirittura lo scorrere delle informazioni lungo i nervi.
Sono
queste le energie sottili di cui si parla nello Yoga: I fluidi corporei e le
correnti di informazioni nervose.
Il
vero yogin dovrebbe essere in grado di percepire la quantità di ossigeno (prāṇa),
azoto ecc. che circola nel suo corpo, il flusso del liquido linfatico o quello
del liquido cerebro spinale, e dovrebbe conoscere le tecniche per aumentare o diminuire la percentuale dei gas
e la velocità dei fluidi corporei e gli effetti che tali mutamenti hanno sul corpo.
Il
primo passo per la corretta pratica dello yoga sarà quindi, come abbiamo detto, quello di sviluppare
l’ascolto interiore inteso come percezione delle energie sottili, una specie di
tatto interno.
All'inizio
si sentiranno dei leggeri formicolii, sensazioni di caldo e freddo che si
spostano da una parte all'altra del corpo ecc. In seguito si diventerà in grado
di percepire la circolazione dei fluidi come vibrazioni, imparando a
distinguerne il ritmo e la direzione.
Si
tratta di un lavoro di base che, a quanto mi è dato di capire (ma spero di
essere in errore) non viene fatto in tutti i corsi e le scuole.
Ho
pensato pensato quindi di pubblicare la descrizione alcuni esercizi sulla
percezione delle energie sottili che di solito propongo ai nostri allievi.
ESERCIZI DI PERCEZIONE DELLE ENERGIE SOTTILI
Le tecniche per imparare a
percepire le energie sottili si basano su azioni fisiche (digito
pressione, massaggio a sfregamento, massaggio percussione) unite al controllo/ascolto
della respirazione.
A volte si fa uso di visualizzazioni,
emissione di suoni e di un particolare uso del dialogo interiore simile a
quello del Training Autogeno di Schultz.
Facciamo un esempio pratico
(le varianti sono moltissime):
-
In piedi o seduti in una posizione comoda si scuotono le mani e le braccia
per attivare la circolazione sanguigna;
-
Si rilassano le spalle ruotandole avanti ed in dietro, sollevandole e
facendole cadere ripetutamente;
-
Quando le mani e le braccia sono "calde" con le dita della mano
destra (o il contrario, di solito si considera la mano destra maschile e la
mano sinistra femminile) si preme l'unghia del pollice sinistro inspirando e si
allenta la presa espirando;
-
Si ripete un certo numero di volte (in genere nove o un multiplo di nove)
fin quando non si avverte nel pollice una sensazione "diversa" (sembra
più leggero o più pesante o più caldo o più freddo...);
-
Si ripete con ciascun dito della mano sinistra;
-
Poi si preme il centro del palmo della mano con le stesse modalità;
-
Si valuta la differenza tra la "sensazione" della mano sinistra e
la sensazione della mano destra e si passa alla visualizzazione;
-
Si immaginano le ossa della mano sinistra (quella
"sensibilizzata") con più precisione possibile, come se le si disegnasse
nella mente;
-
Inspirando si immagina che le ossa vengano compresse da una fascia elastica
ed espirando si "lascia la presa";
-
Proseguendo si immagina che le ossa divengano sempre più morbide ed
elastiche;
-
Dopo un po’ si dovrebbe avvertire un formicolio e/o un senso di pesantezza
e/o un aumento di calore e/o punture di spillo ai polpastrelli ed al centro del
palmo;
-
Si valuta la differenza con la mano non sensibilizzata e quindi si ripete
l'operazione con l'altra mano:
-
Per "aumentare" la sensazione si possono unire i palmi delle mani
davanti al petto (con i gomiti rilassati e le dita verso l'alto) e si può
immaginare di inspirare dal palmo (immaginando un foro elastico che si apre
conducendo l'aria nei polmoni attraverso le braccia) e di espirare attraverso
le dita;
-
Dopo nove o multipli di nove (fino a 108) respirazioni, si allargano
lentamente e dolcemente le mani (sembrerà, avolte, che i palmi si siano
incollati tra di loro) e si pongono ad una distanza (tra loro) di tre, quattro
centimetri, con le dita rivolte in avanti, orizzontalmente.
-
Si visualizza tra i due palmi una sostanza elastica ed appiccicosa: Inspirando
(dolcemente, senza rumore, pensando di prendere l'aria ad un cm dalla punta del
naso) immagino di volere allargare le mani verso l'esterno ma di non riuscirci
(la sostanza appiccicosa le tiene ferme);
-
Espirando (dolcemente senza rumore, pensando di mandare l'aria ad un
centimetro dalla punta del naso) immagino di voler avvicinare i palmi delle
mani ma di non riuscirci a causa della massa elastica;
-
Dopo nove (diciotto, ventisette...108) ripetizioni si dovrebbero percepire
contemporaneamente l'energia repulsiva e l'energia di attrazione.
La percezione delle due forze
contrapposte nelle mani non è frutto di suggestione, ma è un "fenomeno"
non casuale e ripetibile, a patto che non si abbiano delle tensioni eccessive
alle mani ed alle spalle o problemi legati alla funzione afferente del sistema
nervoso.
I nervi sono formati da fibre
diverse chiamate efferenti ed afferenti:
Le fibre efferenti sono quelle
che partono dal cervello ed arrivano alla periferia ovvero alle terminazioni
nervose.
Le fibre afferenti sono invece
quelle che dalla periferia arrivano al cervello.
I nervi delle zone più
sensibili (mani, piedi, labbra, genitali) sono composti sia da fibre afferenti
che da fibre efferenti.
La presa di coscienza - fosse pure suggestione - della
possibilità di percepire contemporaneamente queste due diverse
"vibrazioni"(correnti elettriche), provoca uno sviluppo della
sensibilità, intesa come creazione di nuove sinapsi (reti di neuroni) e quindi
come sviluppo di una sempre maggiore sensibilità.
L'esercizio della percezione
delle tensioni contrapposte sviluppa il "senso interno" ovvero la
capacità di "ascolto" (nella fisiologia occidentale si parlerebbe di
propriocettori ed enterocettori).
Una volta sviluppata la
capacità di ascolto nelle mani si può lavorare con il resto del corpo
applicando il medesimo procedimento descritto per le dita e per i palmi delle
mani, continuando a lavorare con le visualizzazioni e il "dialogo
interiore".
Per dialogo interiore intendo
esattamente il parlare (senza emettere suoni) con se stessi, scrivendo nella
mente o articolando mentalmente lettera per lettera frasi "evocative"
come: "le mie mani sono calde e pesanti", "la mia gola è
rilassata e le parole sgorgano come acqua da una sorgente", ecc.
Facciamo adesso un esempio di
"visualizzazione" abbinata al “dialogo interiore”:
-
Immagino che alla radice del naso vi sia un foro elastico (una vagina il
più delle volte);
-
Inspirando immagino che l'aria entri sotto forma di luce bianca o dorata,
oppure di fumo bianco, oppure di liquido piacevole alla vista e al tatto (oro
liquido, miele ecc.);
-
Inspiro (dolcemente e sottilmente) e la luce d'oro (o l'elisir) penetra nel
foro alla radice del naso;
-
Trattengo il fiato per un paio di secondi ed immagino che la luce si muova
nel cranio illuminandolo dall'interno (e/o pulendolo dalle impurità come un
getto d'acqua toglie il fango dalle scarpe);
-
Espirando "osservo" la luce che esce dal foro della fronte.
-
Continuo (9, 18…108 cicli respiratori) fin quando non avverto una
sensazione "insolita" alla fronte ed alla testa: formicolii,
leggerezza, calore, pressioni leggere, piacevoli e ritmiche [N.B.. se si
avvertono sensazioni negative o dolorose si deve interrompere immediatamente la
pratica];
-
Porto l'attenzione sulla sensazione della fronte e comincio il dialogo
interiore: inspirando penso o disegno nella mente (per esempio) "LA (MIA)
MENTE E' CALMA";
-
In apnea penso o disegno nella mente (per esempio) "E";
-
Espirando penso o disegno nella mente (per esempio) " RILASSATA".
-
Il tutto continuando a seguire il percorso della luce (o dell'elisir) che
penetra nella mente per poi uscire e allontanarsi verso l'orizzonte.
-
Una volta constatato un cambio dello stato psicofisico (calma, aumento delle
sensazioni al cranio, alla nuca, alla fronte, rilassamento dei muscoli del
viso) porto l'attenzione alla gola;
-
Immagino un foro elastico (una vagina) e ripeto il ciclo di respirazioni
con la visualizzazione della luce d'oro o dell'elisir.
-
Quando avvero una sensazione insolita e non spiacevole all'altezza della
gola, comincio il dialogo interiore scegliendo una frase che sia per me
evocativa (p.e. ”la mia gola è aperta e rilassata... le parole sgorgano come
acqua da una sorgente);
In seguito passo a considerare
il centro del petto con le stesse modalità ("Il mio cuore batte lento e
potente") la zona dello stomaco (“lo stomaco è rilassato”, “fegato
e milza sono umidi e rilassati” ecc.), la zona sotto l'ombelico (“il mio
ventre è elastico e pieno di energia”) e la zona dei genitali.
Qui si può provare ad
immaginare che l'aria, inspirando, entri dal glande (del pene o del clitoride)
e riempia la zona dei genitali e del perineo, ed espirando si visualizza la sua
risalita lungo la colonna attraverso l'osso sacro.
Il dialogo interiore deve
riguardare i genitali (per esempio "i miei genitali sono caldi e pesanti"),
quando si avverte un aumento di calore, formicolii, vibrazioni nella zona del
basso ventre, del pene o della vagina (sensazione che viene accentuata se
inspirando si “tirano su” i muscoli dell'ano) si può procedere alla
visualizzazione dell’energia -corrente argentata, della stessa densità del mercurio
del termometro –che sale dal sacro sino alla nuca.
immaginare che l'aria
RispondiEliminaSei in ordine, scegli i film https://www.altadefinizione4k.tv/giallo/ per te stesso...
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