Passa ai contenuti principali

LA ZATTERA DI BUDDHA



"Gorakhanath ha sconfitto il sonno.
La dea del sonno per paura di Gorakhanath,
si è nascosta nell'Oceano di Latte"
(Babaji di Hairakhan - "Le parole segrete di Gorakh")





Qualche giorno fa ho avuto una lunga conversazione con una "collega". Conversazione interessante: oltre ad essere un'insegnante di Yoga è una scienziata (cioè ha una preparazione scientifica, a livello universitario, soprattutto per ciò che riguarda la biochimica). Si è parlato di rapporto tra asana e produzione di neuro-ormoni, di "pinealina" ecc. ecc.

Correggo: conversazione molto interessante.

Tornato a casa mi è venuta in mente la "zattera di Buddha che mi hanno raccontato i tibetani (o forse l'ho letta in un testo tibetano)".

Non so perché, e a dir la verità non me lo chiedo neppure.

E' da parecchio tempo che evito di cercare i legami tra azioni, parole dette, eventi esterni e le immagini o i suoni che insorgono nella mente.

Penso sia una occupazione assai utile per chi si occupa di psicologia o, in genere, per chi cerca un sistema onnicomprensivo di interpretazione di una serie di fenomeni o della realtà in generale.

Per ciò che mi riguarda credo sia una cosa da evitare: sono arrivato alla conclusione che è proprio la ricerca di legami e connessioni tra gli eventi esterni e l'insorgere di pensieri o emozioni a creare ciò che alcuni chiamano ego o personalità o ego+ superego ecc. ecc...

Con "ecc. ecc." per chiarezza intendo tutta una serie di definizioni e teorie suggestive che tentano di spiegare i legami tra eventi esterni e fenomeni interiori.

L'essere umano ha bisogno di sicurezze e, soprattutto, ha bisogno di alibi e giustificazioni.
Se ho uno scatto d'ira improvviso, nel giro di due minuti, o anche meno, la mia mente avrà già elaborato almeno tre, quattro teorie, più o meno plausibili, per giustificarlo:


1)"E' lui, lei che mi ha fatto arrabbiare".

2) "Marte è in cattivo aspetto con il mio sole".

3) " Ho mangiato dei filetti di baccalà fritti e il mio fegato fa le bizze".

4) "Ho una grande carica sessuale inespressa che ha dovuto trovare una via di sfogo"............................. ....




L' espressione dell'ira , soprattutto tra chi si occupa di Yoga, è vista in maniera negativa.
Va il sangue alla testa, mi si alza la pressione, i lineamenti si deformano e allora la mente, educata da una serie di teorie, alcune millenarie, altre non più vecchie di un paio di secoli, cerca un motivo, anzi un nemico cui attribuire la colpa dell'esplosione "funesta".
Chi ci suggerisce di cercare un "NEMICO" è uno dei "guardiani" della mente: "il principio di causalità".

"Se è accaduto questo o quest'altro un motivo ci sarà!". Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase!

Sembra così logico: "se pianti un seme nasce una pianta, se non pianti un seme non nasce nessuna pianta.

E' ovvio.

E allora se mi nasce un pensiero in testa ci sarà pure un legame con ciò che è accaduto prima, giusto?

Il pensiero (l'emozione) è la pianta e l'evento è il seme.
Il principio di causa effetto si applica a tutti i campi di esperienza:
se mi capita qualcosa di fortunato dipende dagli astri, dalle vite precedenti, dall'amore di un defunto, dalla mia capacità di pensare positivo e così via.


Dai! Sono giochini che facciamo tutti! 
E più si è intelligenti e più ci si perde nella ricerca delle cause: 
(A)Se mi sono rotto una caviglia, 
(B)ho messo male un piede. 
Se (C) ho messo male il piede significa che ero disattento. 
Se (D) ero disattento significa che la mia mente voleva dirmi qualcosa. 
Se (E)la mia mente voleva dirmi qualcosa deve essere importante per la mia evoluzione spirituale: 
(F)dovevo rompermi la caviglia perché devo fermarmi. 
(G) Devo fermarmi perché sto andando in una direzione sbagliata.
(H) Il mio rapporto di lavoro (o di amore o di amicizia....) non funziona. 
Devo cambiare direzione. 
Alla fine tutto soddisfatto arriverò, magari, alla conclusione che mi sono rotto la caviglia perché un mese prima, sono stato scortese con il ragioniere che lavora nell'ufficio accanto....
Ma mi sto dilungando oltre misura, come al solito.
Torniamo a bomba.

L'altra sera, dopo una chiacchierata interessante assai, sui rapporti tra pratica degli asana e neurormoni mi è venuta in mente la storia della "Zattera di Buddha" . Più che una storia è un'immagine: uno yogin che arriva con una zattera (o una barchetta malmessa) sulla sponde di un fiume (o la riva di un mare) dopo un viaggio che si suppone lungo e faticoso.
Il fiume, per i tibetani è quello che separa il mondo ordinario dalla "TERRA DELL'OLTRE", la zattera sono le credenze, i sistemi di interpretazione, gli studi, la giusta e l'errata conoscenza, la memoria l'immaginazione, il sonno.

Che farà il viaggiatore, giunto sulla sponda, prima di addentrarsi nella terra dell'oltre?

Si caricherà forse la zattera sulle spalle?

La metterà al sicuro per poterla, eventualmente, usare nel viaggio a ritroso?

La trasformerà in legna da ardere?


Lo Yoga è un viaggio verso la TERRA DELL'OLTRE, non sappiamo cosa ci aspetta al di là, ma sicuramente non ci caricheremo la zattera sulle spalle.
Il mezzo che ci ha condotto alla TERRA DELL'OLTRE si trasformerebbe in un inutile fardello.
Il principio di causalità, la pretesa che ogni fenomeno abbia una causa logica che io posso investigare e comprendere, fa parte del fardello: va abbandonato.
E' difficile, e pure pericoloso se non "E' IL MOMENTO GIUSTO".
Soprattutto è doloroso.
Immagino un medico abituato a curare la sofferenza altrui.
Se ti fa male la pancia ci sarà pure un motivo, o no? Troviamo il motivo e troveremo il rimedio....
E' logico.
E' normale.
Soprattutto funziona.
QUASI sempre.

In realtà, se prendiamo ad esempio la natura, se io pianto un seme non so che pianta crescerà e non so nemmeno se crescerà una pianta.
Dipende, dalla terra, dal sole, dalla pioggia, dal vento, dagli insetti, dai passeri....Certo, con l'esperienza posso fare delle previsioni, ma avrò sempre e solo la possibilità che dal seme nasca una pianta, non lacertezza.
Se un nostro caro si ammala gravemente, cerchiamo innanzitutto, la causa della malattia. 
A seconda della mia cultura, delle mie credenze, cercherò una causa chimico-fisica, una tara ereditaria o un qualche nodo karmico. 
E se sono disperato chiederò la grazia al mio Dio, al mio Santo preferito, al mio Guru.
Chiederò, alla scienza, all'astrologia, alla religione, che sia fatta luce, che qualcuno mi sveli la causa, perché se conosco la causa troverò il rimedio...
Il principio di causalità più che una legge è uno scudo, una protezione che impedisce all'essere umano di impazzire.
Senza principio di causalità non si possono costruire dei sistemi di interpretazione.
Senza sistemi di interpretazione la mente non ha la possibilità di misurare, ovvero di conoscere con la mente , e il mondo ci appare come un oceano senza sponde, incommensurabile, inconoscibile.
Per non smarrirsi di fronte all'abisso l'uomo deve trovare una CAUSA.
Ed è una cosa buona e giusta.
Però lo Yoga, che pure, per certi versi è un SISTEMA, a un certo punto ci dice di toglierci l'armatura.
Si chiama proprio così il principio di causa effetto (e anche gli altri veli/principi da abbandonare: Tempo, Passione, Conoscenza, Spazio): armatura che in sanscrito si dice kañcuka.
La zattera di Buddha, che ci conduce nella terra dell'oltre e poi va abbandonata, rappresenta le costruzioni della mente raziocinante.
Che non sono brutte o malvagie o negative. Anzi: sono loro che ci hanno portato là, nella TERRA DELL'OLTRE. Ma adesso, per fortuna o purtroppo, vanno abbandonate, come inutile zavorra.
Nella terra dell'oltre bisogna camminare con le nostre gambe.
Portare sulle spalle, per paura o sentimentalismo, scienza e coscienza (ovvero: ERRATA CONOSCENZA, CORRETTA CONOSCENZA, IMMAGINAZIONE, MEMORIA e SONNO) renderebbe i nostri passi inutilmente pesanti.
Se si confrontano i cinque veli della Dea (kañcuka) con le cinque vṛtti di Patanjali forse il discorso ci apparirà più chiaro:

( a sinistra scrivo il nome dei Veli della Dea secondo il Tantrismo, al centro l'Elemento della materia, corrispondente e a destra la vṛtti )




CAUSA/EFFETTO - TERRA - ERRATA CONOSCENZA




TEMPO - ACQUA - MEMORIA




PASSIONE - FUOCO - IMMAGINAZIONE




CONOSCENZA - ARIA - CORRETTA CONOSCENZA




SPAZIO - ETERE - SONNO




Ciò che aiuta a vedere ci rende ciechi.

Ciò che impedisce di vedere ci mostra la via.




OM ADESH!

"YOGA&ALTRESTRANEZZE"
 paoloproietti.rnk@libero.it

Commenti

Post popolari in questo blog

IL TIZZONE ARDENTE

Mandukyakarika, alatasànti prakarana  45-50, 82 ; traduzione di  Raphael : "E' la coscienza - senza nascita, senza moto e non grossolana e allo stesso modo tranquilla e non duale - che sembra muoversi ed avere qualità Così la mente/coscienza è non nata e le anime sono altre-sì senza nascita. Coloro i quali conoscono ciò non cadono nell'errore/sofferenza. Come il movimento di un tizzone ardente sembra avere una linea dritta o curva così il movimento della coscienza appare essere il conoscitore e il conosciuto. Come il tizzone ardente quando non è in moto diviene libero dalle apparenze e dalla nascita, cosi la coscienza quando non è in movimento rimane libera dalle apparenze e dalla nascita. Quando il tizzone ardente è in moto , le apparenze non gli provengono da nessuna parte. Né esse vanno in altro luogo quando il tizzone ardente è fermo, né ad esso ritornano. Le apparenze non provengono dal tizzone ardente a causa della loro mancanza di sostanzialità. Anche nei confronti

IL FIGLIO DI YOGANANDA E L'INDIGESTIONE DI BUDDHA

YOGANANDA Quando nel 1996, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno Lorna Erskine, si abbandonò al sonno della morte, Ben, il figlio, decise di rivelare al mondo il suo segreto i: Yogananda, il casto e puro guru, era suo padre. Ne uscì fuori una terribile, e molto poco yogica, battaglia legale a colpi di foto, rivelazioni pruriginose ed esami del DNA tra la Self Realization Fellowship,la potente associazione fondata dal maestro, e gli eredi di Lorna (che chiedevano un sacco di soldi...). Ad un certo punto vennero fuori altri tre o quattro figli di discepole americane, tutti bisogna dire assai somiglianti al Guru, . E venne fuori una storia, confermata da alcuni fuoriusciti dalla Self Realization Fellowship (e quindi... interessati) riguardante un gruppo di "sorelle dell'amore" giovani discepole che avrebbero diviso con Yogananda il terzo piano del primo centro californiano della S:R:F. Certo, per tornare a Lorna, che se una donna americana bianca e b

LA FILOSOFIA DELL'ONDA

  L'eleganza dello stato naturale, il  Sahaja , è la lenta spirale, verso terra, di una foglia stanca del ramo. I danzatori parlano di “presenza”. Quando c'è “presenza”, ogni gesto diventa facile. Quando “non c'è”, quando la mente non si discioglie nel corpo, si sente un che di artefatto, di meccanico, come se mancasse l'impulso vitale. Il “vero danzare” è arrendersi alla legge naturale, lo sanno bene, in Oriente. Sorridono i pescatori di  Hokusai,  trascinati dalla grande onda, più alta del monte  Fuji . Se remassero contro corrente, l'oceano spezzerebbe insieme la barca e l'illusione dell'agire. Se, per la fretta del coraggio o l'esitazione della paura, si lasciassero andare alla forza dell'onda nel momento sbagliato, si schianterebbero, di certo, sulla scogliera. Il loro gesto è perfetto. Danzano insieme al mare: giusta intensità, giusto ritmo, giusta direzione. L'onda esce dalle acque come un drago innamorato dell'alba. Si ferma, un istan