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LO YOGA, LA DANZA E IL CANTO DELLE STELLE



Lo Yoga è un'Arte.
Come la Poesia, la Scultura, la Musica.
Lo Yoga è Danza ed è sempre rappresentazione, della Vita (la Dea) e dell'Essere.
La Danza si basa sulla comprensione di Tempo, Ritmo e Melodia.
Il Tempo stabilisce la durata della "rappresentazione": ogni Asana, ogni sequenza hanno un inizio, una fine e una storia da narrare.
Il Ritmo rappresenta il numero dei singoli eventi: i gesti sono come amanti che si rincorrono, si abbracciano, si lasciano e si ritrovano.
La Melodia, infine, sono le emozioni che nascono dai gesti e da cui i gesti insorgono.
Un asana che non suscita emozioni non è Yoga, perché è solo dalle emozione che può nascere 
तपस् Tapas, l'Ardore.
Nell'Universo tutto è vibrazione.
Anche Tempo, Ritmo, Melodia sono  vibrazioni e se noi ne percepiamo la diversità dipende dal pensiero, dai sensi e dalle emozioni. 
Il fluire del tempo si percepisce con la mente, è un calcolo matematico, l'azione volontaria di chi segna il confine tra un prima e un dopo.
Il ritmo va sentito con il tatto, con la pelle, con la pancia.
La melodia risuona nel cuore.
Quando si assume un asana si stabiliscono un inizio e una fine, ché l'asana è un rito.
Come il teatro: si apre il sipario, attore e spettatore entrano in una dimensione altra, in uno "spazio", appunto, rituale.
Quando il sipario si chiude c'è un attimo di silenzio, di vuoto, poi le emozioni si sciolgono in applausi, sorrisi e inchini.
I gesti, il respiro (che pure è un gesto!) l'alternarsi di tensione e rilassamento che riempiono il tempo di un asana, sono il ritmo, la successione di eventi (
क्रम krama) che scandisce il rito e lo racconta.
Le emozioni che nascono nel cuore sono la melodia. Emozioni che possono apparire diverse per ciascuno di noi ma alla fine, il rito dello yoga porta sempre nello stesso luogo: la Città della Luce (र Ra) e dello Stupore (ल La).
Per trasformare la pratica in Opera d'Arte lo Yogin deve amalgamare Tempo-Ritmo-Melodia o meglio Pensiero-Sensazione-Emozione, con l'abilità di un alchimista.
Senza Alchimia non c'è Arte. 
Il Tapas, l'Ardore, è il fuoco degli alchimisti, l'acqua che arde l'Ego e lo dissolve. 
Mi chiedo spesso se, chi pratica o dice di praticare yoga abbia coscienza di cosa significhi dissolvere l'Ego. 
Un conto è dirlo, leggerlo e raccontarcelo, cosa diversa è osservare l'implacabile annichilirsi dei ricordi e dell'immaginazione.
L'Ego si ciba di nostalgia, rancori e speranze: vuoi vivere nell'eterno presente? Cogliere l'attimo? 
Bene! Sappi che non avrai più passato né futuro. 
Assieme alla paura della morte svanirà il sapore del primo bacio e con le smorfie orrende di nemici immaginari spariranno sorrisi e sguardi fino a ieri eterni.
Ne vale la pena?
Se si pratica yoga "veramente" prima o poi si affronta l'abisso, il deserto silenzioso che svuota il cuore.
Il Tempo è il signore della morte: sconfiggi il Tempo e vivrai in eterno, il vuoto invece, non ha padroni.
Ma se ci si arriva, al vuoto, "accade".
"Accade" punto.
Il cuore svuotato dai ricordi e dai sogni, svela se stesso, ed emozioni più antiche dell'uomo si fanno brace e scintille.
 Il fuoco sacrificale che ha divorato il piccolo io rinasce come काम kāma, l'Antico dei Tempi.
La Città della Luce è la sua Radianza, कमा kamā, in sanscrito. 




-"Se le stelle apparissero una volta ogni cento anni l'uomo conserverebbe il ricordo della città di Dio"- 
Non ricordo chi l'abbia scritto, ma è proprio una bella frase. 
Se il sole ci mostra il mondo senza pudore, è con discrezione che i ricami oro e argento delle stelle ci portano fuori dalle tempeste, e addolciscono il vuoto angosciante della notte. 
Troppo caldo il sole per fartelo amico, neppure puoi guardarlo negli occhi. 
Con le stelle è diverso: godi della loro danza, sempre nuova, le saluti prima dell'alba, come un Romeo sorpreso dal canto dell'allodola, e dopo il tramonto le ritrovi lì, appese al cielo.
La Città della Luce, l'Isola delle Gemme, la Città di Dio degli Yogin, sono proprio loro, le stelle.


Ovvio diranno alcuni, ma per me è una scoperta recente e casuale.
Nello Yoga molte posizioni hanno nomi di uccelli, Cigno, Pavone, Corvo, Gru, Aquila, Colomba...
Le affinità degli asana con la forma, le qualità o la valenza simbolica degli animali, in certi casi evidenti, in altri assai meno, sono da sempre oggetto di studi e ricerche e se ne è scritto di tutto e di più, ma nessuno, a quanto so, ha mai collegato asana e animali alla volta celeste.
Qualche mese fa  ho cercato su Google "Cigno, Pavone, Corvo, Gru, Aquila, Colomba" (avevo bisogno di mmagini per un video didattico di Hatha Yoga) ed è venuta fuori la Via Lattea.
Mi si è aperto un mondo: le sequenze e i miti sembrano rappresentare particolari asterismi e ogni asana corrisponde ad una costellazione o, a volte, come nel caso della Rana, ad una stella con particolari caratteristiche.
In alcuni casi, come per la postura della Colomba, kapotāsana, ogni giuntura corrisponde perfettamente ad una stella.
Troppo per essere una coincidenza.
-"L'intero universo è racchiuso nel cuore dell'Uomo"- dicono i Veda, e se lo dicessero non in senso figurato?




Tempo-Ritmo-Melodia... 
Iniziamo a "danzare" un asana: si ascolta il respiro, si sciolgono le articolazioni, ad una ad una, e si distendono i muscoli. 
L'ascolto interiore rallenta il pensiero ordinario, e piano piano si entra in una dimensione "altra" più rarefatta. 
Quando la posizione è perfetta si entra in risonanza con gli astri e ogni organo, ogni arto canta insieme ad una porzione di Cielo, la stessa che vedevano e cantavano i poeti dei Veda.
Nel farci stella o pianeta godiamo di un istante di Eternità, prendiamo confidenza con l'Assoluto e i nostri 30, 50, 100 anni di vita segnata da una insanabile ansia di incompiutezza, ci appaiono per ciò che sono, battito di ciglia, o fremito d'ali di farfalla. 
Bello, anzi bellissimo.
Ma c'è  qualcosa d'altro.
Un qualcosa che  si trova nelle parole, nascoste o incomprese, di Gorakhanath, di Narada o dell'anonimo rishi della Chandogya Upanishad.
Il canto delle stelle non è una poetica suggestione, né un trucco ad ingannare la mente, è una realtà fisica, una energia che penetra nella carne e, coreografa sapiente, fa danzare le nostre cellule al ritmo dell'universo.
Parlano di rigenerazione cellulare i Nath, di suono che produce una luce ed un calore interiori in grado di modificare il corpo fisico.
Lo spazio che ci circonda sarebbe pieno di energia vibrante, basterebbe "farsi femmina innanzi all'Universo", come dicono tantrici e taoisti, per sentirla discendere in noi, fino al cuore segreto delle cellule, formato da cavità in grado di risuonare (microtubuli intracellulari, li chiamano i biologi). 
Lo Hatha Yoga è l'Arte che scioglie i vincoli (i blocchi psicofisici) e ci permette di far risuonare il nostro spazio interiore con l'Universo intero.
Ma questo spazio interiore non è la Nostra Anima, la nostra coscienza, ma la coscienza di ogni singola cellula: è lì che si cela il segreto della Vita, è lì che giace la Dea addormentata. 

video: L'ASANA DELLA COLOMBA

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